Il solito rito delle proteste studentesche…

A quanto pare lo slogan delle, tradizionali, proteste studentesche di inizio anno scolastico è “no all’alternanza scuola lavoro”. Oramai trovo che lo slogan dell’anno sia l’unica cosa che permetta di distinguere fra le proteste dei diversi anni scolastici. Per il resto stesse, vacue, richieste, stesse, inconcludenti,  manifestazioni, stessi rituali triti e ritriti che puntualmente partono ad ogni inizio di anno scolastico e che puntualmente non portano assolutamente a nulla che non sia il bigiare alcuni giorni di scuola.

Anche per queste c’è una “simpatia” da parte di alcuni professori, quelli che considerano le aziende private ed il profitto “sterco di satana”, che si lagnano, i docenti, che nonostante le loro “immensa e smisurata” cultura siano ad insegnare a scuola invece di essere CEO o Guru da qualche altra parte. Perché il mondo disprezza la cultura, perché il mondo ha paura delle persone oneste e colte, perché non son stati capaci di superare un test imbecille.

L’articolo Studenti in 70 piazze italiane contro l’alternanza scuola – lavoro – La Stampa nella sua conclusione è emblematico su quali siano i reali motivi della protesta (il solito vuoto pneumatico spinto)

«Anche gli universitari scenderanno oggi in piazza per denunciare i tirocini – sfruttamento. Siamo stanchi di vedere i nostri percorsi di studi degradati a manodopera a basso costo per enti, privati e imprese», dice Andrea Torti, Coordinatore nazionale di Link Coordinamento universitario – «Con la campagna Formazione Precaria abbiamo lanciato un’inchiesta, con lo scopo di portare alla luce lo sfruttamento che gli studenti e le studentesse vivono nei loro percorsi accademici.» «Il Governo deve stanziare maggiori risorse in Istruzione e Ricerca. Le risorse regalate alle aziende con gli sgravi fiscali vanno invece investite per un’istruzione gratuita e di qualità» – Dichiara Martina Carpani, Coordinatrice nazionale di Rete della Conoscenza – «La scuola e l’università non devono essere asservite al profitto degli sfruttatori, semmai devono cambiare il mondo del lavoro. L’istruzione deve essere garantita a tutte e tutti abolendo il numero chiuso all’università e istituendo il reddito di formazione universale».

Non “migliorate così e cosà l’esistente” ma i soliti gettonatissimi: “più soldi incondizionatamente per tutti” e  “diritto al pezzo di carta contrabbandato da diritto allo studio”. Emblematica la richiesta di “investire in istruzione gratuita di qualità ma si guardano bene dal dire cosa sia per loro la qualità dell’istruzione (argomento abbastanza scottante) e come misurare tale qualità (qui la blasfemia raggiunge livelli altissimi).

Poi se il problema è il riconoscimento del titolo di studio, avrei una modesta proposta; rendere il titolo sottostante, a patto che venga apposta una marca da bollo da 16€, legalmente valido e lasciare che consenta l’utilizzo legittimo del titolo di dottore.

 

Così tutti son dottori e contenti…

Qui una lettera, agli studenti, che scrissi per le proteste di quell’anno. Ricopio il “pezzo forte” perché penso che non ci siano state grosse variazioni di sorta rispetto a tre anni fa.

L’istruzione è anche imparare dal passato per evitare di ripetere gli stessi errori; ogni anno si parla di come è stata distrutta la scuola, si ripetono i soliti slogan che “un popolo di ignoranti si controlla facilmente” e “i politici temono la cultura”, e poi da dicembre continua tutto come prima.

E allora io ti invito a dar seguito a ciò che dici: istruisciti ed acculturati, leggi e informati, adesso che esiste internet è facile reperire notizie di uno o due anni fa, leggi e guarda come e cosa è stato chiesto l’anno scorso, cosa è stato chiesto due anni fa, come è stato chiesto e cosa si è ottenuto…

Vedrai una copia della manifestazione cui tu hai partecipato. Sai spiegarmi perché quest’anno sarà diverso, perché quest’anno le cose cambieranno davvero? Se non ci riesci, mi spiace dirtelo, ma finirà esattamente come gli altri anni, anche gli altri anni gli studenti non sapevano rispondere a tali domande, non sapevano cosa volevano o, meglio, pensavano di volere una cosa ma in realtà chiedevano altro. Chiedevano istruzione ma intendevano pezzi di carta. (…)

Perché solo chi è istruito va avanti, attento ho detto chi è istruito non chi possiede un pezzo di carta, l’istruzione e il pezzo di carta son due cose diverse, e l’avere un pezzo di carta non significa essere istruito, può anche significare che si è un pappagallo perfettamente ammaestrato a ripetere frasi e concetti che non ha capito.

Istruirsi significa perdere tempo e fatica per apprendere, studiare, esercitarsi e devi essere tu a volerlo fare. Devi acquisire consapevolezza della tua preparazione, devi cercare di renderti conto di quanto sei preparato rispetto agli altri, i tuoi compagni di classe, gli studenti delle altre scuole della tua città, dell’italia. Perché è domani che con loro ti dovrai confrontare e dimostrare di essere più bravo, perché che che ti dicano la competizione esiste, nello sport come nella vita.

Istruirsi significa anche saper discernere il sogno dalla realtà (oltre ad imparare come si possono realizzare “realmente” i sogni invece di sperare in babbo natale).

Numbers or GTFO

Ho notato che c’è un grande assente nella sceneggiata sulle deportazioni dei docenti in seguito alle assunzioni in ruolo de “la buona scuola”, ovvero i numeri.
Ci si lamenta di doversi spostare e si chiede di rimanere al paese ma nessuno tira fuori un conteggio di quanti docenti servano, diciamo a Cagliari, e di quanti devono partire. Se a Cagliari, per ipotesi, ci son X posti e ci sono Y candidati con Y minore o uguale ad X, spostare una parte di docenti verso altre provincie è una stupidaggine.
Se, sempre per ipotesi, a Cagliari servissero X docenti e in ruolo ci sono Y candidati, con Y molto maggiore di X (Y>>X), che una parte si debba spostare è una banale deduzione matematica.

Beh, nessuno di quelli che protestano ha tirato fuori numeri incontestabili; si lamentano, dicono che esistono i posti anche al sud ma non tirano fuori un numero che uno. E in certi casi, come in questo articolo, propongono sistemi per aumentare artificialmente il numero di posti. Quindi i numeri in realtà non ci sono e le proteste altro non sono che piagnistei.

La vicenda spiega benissimo anche l’avversione verso i numeri da parte di molti, soprattutto i colti umanisti o i sindacalisti; con i numeri è difficile far passare ragionamenti sballati e contrabbandare per vere le supercazzole.

Convincere la gggente a rimanere ignorante

fonte: http://www.linkiesta.it/it/article/2016/08/11/cera-una-volta-lesame-di-maturita-oggi-i-promossi-sono-il-995-per-cent/31455/

C’era una volta l’esame di maturità. Passaggio epocale nella vita di ogni giovane, fonte d’ansia per generazioni di studenti. Oggi, almeno a giudicare dagli ultimi dati del Ministero dell’Istruzione, il conseguimento del diploma preoccupa un po’ meno. Nell’anno scolastico appena terminato, il 99,5 per cento dei maturandi ha ottenuto la promozione. In pratica tutti quelli che sono arrivati davanti alla commissione hanno superato la prova. È andata persino meglio dello scorso anno, quando i promossi erano stati il 99,4 per cento. E così l’esame di Stato cambia aspetto: era un incubo, è diventato una formalità. (…)

Intanto le rilevazioni condotte dal Miur descrivono un quadro fin troppo rassicurante. Altro che scena muta. I bocciati sono sempre meno, aumentano le votazioni più alte, persino il numero di chi si diploma con il massimo dei voti è in crescita. Insomma, gli studenti italiani sono bravi. A tratti bravissimi.

fermandosi qui nella lettura sembra che, nonostante i docenti puntualmente denuncino, sia a ragione che a torto, che la scuola è bistrattata, la scuola funzioni bene e prepari persone valide e formate.

Ma non è tutto oro quello che luccica; come mai i risultati mirabolanti della maturità non son confermati dalle prove invalsi oppure dai risultati dei test per l’ammissione alle università? Test e risultati della maturità disegnano risultati opposti: la provincia dove c’è stato il maggior numero di cento è anche una delle ultime nelle rilevazioni invalsi.

(…)Numeri alla mano, gli studenti italiani sono sempre più preparati. Ma nella realtà è davvero così? Intanto stupisce un dato: i voti migliori si registrano per la maggior parte nel Meridione. La prima regione per risultati scolastici è la Puglia. Qui si sono diplomati con lode 934 studenti, il 2,6 per cento del totale. Segue la Campania, con 713 e la Sicilia con 500. In tutta la Lombardia, per dire, sono solo 300 gli studenti che hanno ottenuto la maturità con 100 e lode. Un terzo dei pugliesi. In Veneto sono ancora meno, 276. E ancora: in tutta Italia gli studenti che hanno raggiunto il 100 rappresentano, in media, il 5,1 per cento del totale. Eppure in Calabria la stessa percentuale sale all’8,3 per cento. Mentre in Friuli Venezia Giulia scende al 3,7 per cento. Non è il caso di puntare il dito su questo o quell’istituto. Con ogni probabilità non ci sono aree del Paese dove si ottengono automaticamente voti più alti. Il tema, semmai, è legato ancora alla troppa discrezionalità, alle diverse valutazioni tra una scuola e un’altra, che rendono meno credibile il voto finale.

La bocciatura serve ancora? Ripetere l’anno aiuta i ragazzi a colmare le proprie lacune, offre uno stimolo a impegnarsi? Oppure, come sostiene più di qualcuno, resta solo un improduttivo – e costoso – retaggio del passato?

La bocciatura serve? direi di sì invece; senza un serio controllo di qualità, corri il rischio che la qualità del prodotto si abbassi senza che tu te ne renda conto. Ma se ne rendono conto i compratori che cominceranno a snobbare il tuo prodotto o non fidarsi più del tuo marchio. Sembra troppo aziendalista? brutalmente: se promuovi anche asini allora l’essere promosso non diventa più una prova dell’essere bravo e capace. E quindi aziende e università non si fideranno del tuo titolo e useranno altri strumenti per verificare le capacità e le competenze. E questo alla fine danneggia chi, povero, si è sbattuto a lavorare più che il figlio di babbo che può ricorrere a ripetizioni varie per colmare le lacune che la scuola gli ha lasciato.

Bisogna smettere di vedere la bocciatura come una punizione, di vederla come un giudizio globale sulla persona: puoi essere una persona meravigliosa e non sapere nulla di matematica, compreso quel minimo che dovrebbe servirti per vivere così come puoi essere una merda e mangiare integrali tripli per colazione. E se io ti dico che non capisci nulla di matematica allora, se hai testa, cerchi di colmare la tua ignoranza. Se invece ti illudo che la matematica si limiti alla tabellina del tre, e tutto il resto è inutile, poi scoprire che per fare il perito informatico serve qualcosa d’altro può essere un trauma.

Il dire che tutti sono bravi, che tutti meritano di essere promossi, illudere la gente di essere dotta è il modo migliore per diffondere l’ignoranza; se io son consapevole della mia ignoranza cerco di colmarla. Se son convinto di essere il non plus ultra dei dottori avrò anche venti o trenta master rilasciati da youtube ma rimango ignorante come una capra. E chiamare “non discriminazione”, “nessuno indietro” l’illudere gli studenti che son dotti invece di far prendere loro consapevolezza della loro ignoranza non è progressismo ma ipocrisia. Oltre ad essere nocivo per loro; se ti rendi conto a 14 anni di essere una capra hai il tempo per riparare, se te ne accorgi a 26 ai primi colloqui di lavoro di non essere quel pozzo di scienza che credi è tardi per rimediare a tutto.  A 30, dopo una sudata laurea triennale in scienze della fuffa teoretica, a meno di non avere un fratello ministro, sei solo carne da call center o attivista per i partiti attiraboccaloni.

ricordi di scuola…

Era l’anno di grazia 2005 e lavoravo come docente di laboratorio di informatica. I giornali riportavano notizie come questa

(AGI) – Roma, 12 ott. – Successo delle manifestazioni degli studenti contro la riforma della scuola voluta dal ministro Moratti. Lo sottolineano i ragazzi dell’Unione degli studenti e quelli delle altre organizzazioni che hanno indetto i cortei. “Oggi – sottoline in una nota l’Uds – hanno sfilato per le strade di oltre quaranta citta’ in tutta Italia gli studenti della scuola secondaria per ribadire la loro contrarieta’ alla riforma Moratti. Oltre 250 mila ragazzi in tutto il paese hanno chiesto ferme posizioni sulla scuola da parte di chi si propone come alternativa di governo”. Fra le richieste avanzate “la cancellazione della legge di riforma e la costruzione di politiche alternative sulla scuola, che sappiano coinvolgere tutte le componenti, studenti inclusi”. Nel dettaglio: “innalzamento graduale dell’obbligo scolastico fino a 18 anni; legge quadro nazionale per il diritto allo studio e politiche complessive sull’accesso ai saperi; riforma degli organi collegiali nazionali e periferici per garantire maggiore democrazia e partecipazione degli studenti nelle scuole”.
Le manifestazioni piu’ numerose, sottolineano gli studenti, “si sono svolte a Napoli con la partecipazione di 30.000 persone, a Roma, con 20.000 ragazzi, a Palermo con 25.000, a poi Milano, Firenze, Salerno, Torino, Bologna, Cosenza, Siracusa, Messina, Barletta, Campobasso, Sorrento, Parma e Andria”.
Di “successo contro le politiche del ministro Moratti” parlano anche la Sinistra Giovanile e gli Studenti di Sinistra, che esprimono la propria “soddisfazione per la grande e inequivocabile partecipazione alla mobilitazione nazionale da loro promossa e sostenuta insieme a Uds e Rete Studenti Sempre Ribelli. “Sinistra giovanile e Studenti di sinistra – afferma Samuele Mascarin, responsabile nazionale Scuola della Sinistra giovanile – sono stati protagonisti delle principali piazze del Paese”. Per Fausto Raciti, portavoce nazionale di Studenti di Sinistra, “la straordinaria partecipazione dimostra non solo la grande vitalita’ del movimento studentesco, ma soprattutto la volonta’ degli studenti italiani di ribadire il proprio no all’impianto complessivo della ‘riforma Moratti’, rilanciando con particolare forza la necessita’ di riportare subito l’obbligo scolastico a 16 anni e poi a 18 e di cancellare la canalizzazione precoce dei percorsi formativi”. (AGI)
da qui, insieme a molte notizie del periodo riguardo alla scuola.

E puntualmente a scuola c’erano le solite manifestazioni di protesta organizzate dai vari capipopolo e rappresentati degli studenti al consiglio d’istituto contro la riforma moratti e per la qualità dell’istruzione…

Questa è la trascrizione del dialogo fra un collega, il docente di informatica (D) e di sistemi e un rappresentante di istituto (S)

D, ok oggi non siete entrati e il compito è saltato. Ma mi spiegate almeno perché state protestando?

S protestiamo contro la riforma moratti, riforma che distrugge la scuola e svilisce la cultura.

D Ok, ma nello specifico quale parte della riforma contestate

S quella in cui distrugge la scuola e svilisce la cultura

D ma quella parte cosa dice, come distrugge la cultura e la scuola la moratti ?

S la distrugge perché la distrugge, perché vuole una scuola dei ricchi e una dei poveri.

D Sì ma come pensa di realizzarla?

S distruggendo la cultura e svilendo la scuola…

D ma cosa dice la proposta di legge, l’hai letta?

S scusi professore, ma devo andare…

Insomma sembrava il discorso con un disco rotto che ripeteva i quattro o cinque slogan che si dicevano all’unione degli studenti. Peccato che il paladino della cultura non riuscisse a completare un pensiero compiuto, non mi aspettavo grosse analisi sociologiche ma un: “la riforma moratti prevede la separazione fra il liceo e la formazione professionale e questo potrebbe portare ad avere una scuola di serie A e una di serie B” (che poi era quello che ripetevano a iosa i vari capibastone degli studenti). Niente, solo slogan ripetuti a pappagallo (e scioperi per evitare il compito di informatica).

Ecco perché son cinico quando sento di proteste degli studenti, la protesta reale sarebbe una scuola dove i docenti ti preparano realmente al mondo di fuori, non nel senso che il docente di informatica ti deve imparare il linguaggio superfico del giorno ma ti insegna a programmare e ti insegna come imparare rapidamente la sintassi di un nuovo linguaggio di programmazione. Dove il docente di matematica non ti fa mandare a mente 1024(1) formule matematiche diverse ma ti insegna a ragionare per capire quale è la formula risolutiva o la tecnica risolutiva che devi usare per affrontare il problema (per le formule c’è sempre il prontuario(2), il matematico è quello che conosce che formula usare non quello che ricorda mille formule ma poi non riesce a calcolare l’ipotenusa di un triangolo rettangolo noti i cateti(3)”. Il docente di italiano non è quello che insegna quant’è bello il suo poeta preferito ma ti insegna come è strutturata un opera letteraria, riconoscerne i topos e le tecniche narrative, come distinguere i diversi registri di comunicazione e come usare il linguaggio nella maniera più appropriata…

Dove la tua preparazione viene verificata e se ci son lacune vieni avvisato quanto prima per cercare di riparare, non una scuola dalla quale esci convinto di essere preparatissi-missi-missimo  e poi finisci nell’ultimo decile (il 10% dei più scarsi) del test per accedere all’università.

Ma questo è abbastanza irreale perché significherebbe chiedere una scuola ove i professori lavorino realmente così come gli studenti e dove il lavoro svolto viene valutato puntualmente sia lato docenti che lato studenti. Dubito che una protesta simile veda i docenti guardare con amore gli studenti che vanno in piazza a manifestare affinché il professor Tizio possa continuare ad arrotondare facendo millemila progetti (pagati extra) durante le ore di lezione o la professoressa Caia possa continuare a discutere di moda con le studentesse invece di affrontare lo studio dell’elettrodinamica.

(1) Ovvero un kiloformule (i docenti di informatica la capiscono)

(2) quelle f*ttutissime formule di prostaferesi… non me le ricordo mai.

(3) Siano a l’ipotenusa e b,c i cateti. La misura dell’ipotenusa si può ricavare immediatamente con l’intuitiva formula a =b/(sin(arctg(b/c))  😀

promuovere per non discriminare?

sul fatto c’è il solito articolo del maestro, precario, che parla di promuovere gli studenti per non farli sentire discriminati e cita, come al solito don milani. La migliore confutazione della sua tesi l’ha inviata l’utente emastro citando un messaggio di Leonardo Serni.

“Oggi abbiamo bisogno non di bocciature ma di risorse, di “promuovere” chi non ce la fa.”

L’autore si puo’ permettere di dire queste cose per via della sua posizione – seduto davanti a un computer.

Perche’ se la sua posizione fosse diversa, che ne so, disteso, con una forte luce bianca negli occhi e una voce vicino a lui che dice qualcosa come “Oh ragazzi, io ad anatomia proprio non ce la facevo, pero’ mi hanno sempre promosso perche’ i miei professori credevano in me e mi volevano incoraggiare, perche’ era giusto che tutti andassero avanti, anche quelli che non sanno leggere… e poi anche l’Ordine dei Medici ha deciso che il mio amor proprio, la mia autostima, il mio diritto a progredire erano piu’ importanti di quattro stupide tavole anatomiche, insomma io non mi ricordo quali sono i reni e quali i polmoni, magari datemi una mano voi se taglio il pezzo sbagliato, OK? Vabbe’, adesso incido, e che Dio ce la mandi buona…”, ecco, secondo me la penserebbe diversamente
[emastro]

Usare la scuola per diffondere ignoranza

Un popolo ignorante è più facile da governare

Questo slogan trito e ritrito salta fuori ad ogni puntuale protesta del mondo della scuola, studenti, docenti, talvolta genitori, tutte le volte che si parla di riorganizzare, tagliare oppure valutare (l’invalsi figlio del demonio). È una frase vera; l’ignorante lo illudi con due trasmissioni televisive e qualche discorso vacuo infarcito di termini scientifici a supporto di una presunta cura miracolosa, si veda il caso stamina. Il mondo della scuola paradossalmente si è piegato alla richiesta della politica creando un popolo di ignoranti, e peggio di ignoranti irrecuperabili, ignoranti convinti di essere dei grandi dottori, dei nobel, e scandalizzati se qualcosa o qualcuno, fosse anche un freddo computer(1), mette in discussione tale lapalissiana verità. Come ha soddisfatto la richiesta di creare un popolo di ignoranti la scuola? Semplicemente ha preso degli slogan principalmente del ’68, alcuni tutto sommato giusti, e gli ha stravolti affinché gli studenti non solo rimanessero ignoranti ma anzi perdessero consapevolezza della propria ignoranza illudendo loro di essere dei grandi dottori.

Nessuno deve rimanere indietro. invece di interpretarlo come “bisogna fornire agli studenti meno fortunati il supporto affinché abbiano la possibilità di mettersi alla pari” è stato declinato come: “bisogna andare alla velocità del più lento” e pazienza se si saltano parti di programma. Peccato poi che gli esami, reali che poi pone la vita, si basino su tutto il programma e non solo sulla misera parte fatta a lezione. Il brutto è che te ne accorgi dopo che in realtà nessuno è rimasto indietro perché siete tutti indietro. E il resto del mondo è andato avanti.

Diritto al successo formativo. Altro slogan bellissimo ma che invece di venire interpretato come “diamo la possibilità a tutti di formarsi, diversifichiamo l’offerta formativa proponendo il liceo, l’ITS e i corsi professionali” è stato tradotto con un più semplice “diamo otto a tutti”. Questo comportamento accontenta la maggior parte dei ragazzi, tranne forse qualche secchione irrecuperabile che vorrebbe imparare, la maggior parte dei genitori, fa felice il dirigente scolastico perché la scuola non perde alunni e riduce alquanto, ai docenti, le polemiche con i genitori. Generalmente un genitore insoddisfatto perché il pargolo a scuola fa poco non è polemico e violento come qualche altro convinto di avere Einstein come figlio e scandalizzato dal fatto che uno zotico di docente di matematica abbia osato dare un 4 al pupo.  C’è anche da dire che dando otto a tutti i danni, di tale comportamento, verranno rivelati solo quando il pargolo non è più a scuola ma va ad affrontare esami veri ove verrà misurato e valutato, come le preselezioni universitarie o i colloqui di lavoro. 

Sembra che Euclide, alla richiesta di Tolomeo I riguardo ad un modo facile d’apprendere la matematica, avesse risposto “Non c’è una via reale alla geometria”

La cultura deve essere facile. No, deve essere facile l’accesso alla cultura, biblioteche, scuole, libri… l’apprendere è un lavoro che può essere faticoso ma se si vogliono raggiungere risultati bisogna lavorare. Non esistono scorciatoie o vie reali per apprendere le cose, cari studenti, dovete metterci del vostro. Il facilitare l’apprendimento abbassando il livello di difficoltà e contrabbandando per alto livello un livello medio basso significa solo dare alle persone una illusione di competenza. Illusione che quando viene spezzata, ad esempio da una preselezione per l’accesso al corso di laurea in medicina oppure da un ipocrita “le faremo sapere” ai colloqui di lavoro, causa un bel po’ di bruciore nelle parti basse…

Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza [A. Gramsci]

La cultura non si misura. Quella invece è una grossa stupidaggine: la cultura non si misura, vero, ma si valutano e si misurano le competenze e le capacità che la cultura ti deve fornire. Si può valutare quanto sei in grado di compiere ragionamenti logici e discernere fra sillogismi corretti ed errati, quanto sia capace di distinguere in un gruppo di quattro parole il sostantivo dagli altri tre verbi(2). La cultura non si può misurare direttamente ma si possono misurare facilmente gli effetti. In termini informatici si potrebbe dire che non si misura il processo ma si misura l’output. Peccato che le persone di cultura si scaglino veementemente contro qualsiasi tentativo di misurare l’output fosse anche quello approssimativo e grossolano dell’invalsi(3).  Da notare che i sindacati della scuola, proprio quando si parla di valutazione, si concentrano sul processo, su quante ore si usano per fare questo o quello ma non si curano della valutazione del risultato del processo, risultato che a vedere i test ocse giustificherebbe una decimazione del corpo docente.  Cioè se il docente sta X ore alla settimana in classe, Y ore alla settimana a casa a correggere i compiti e Z alla settimana ore a lavorare per la scuola(4)   è stato bravissimissimo, anche se i suoi studenti ritengono, senza ombra di dubbio, che: siccome tutti i gatti sono mortali e socrate è morto allora socrate miagola…

Fossi un aristocratico, ma di quelli tosti, quelli che hanno tutto l’interesse che i figli del popolo rimangano ignoranti come capre farei in questo modo:

  1. Chiunque deve avere diritto al successo quindi la scuola deve diventare facile, ad esempio per avere 10 in matematica basterà conoscere le equazioni di primo grado e se quelle sono troppo difficoltose il programma si abbasserà alle tabelline. Per avere la sufficienza basterà saper contare fino a 10.
  2. Niente esami e nessuna valutazione di studenti per evitare loro stress da prestazione e dei docenti perché impossibile, aboliti i voti e fra i diversi ordini di scuola esami facilitati nei quali chiunque possa venire promosso. A 19 anni tutti avranno il titolo garantito, e poi pazienza se firmeranno con una X.
  3. Chissenefrega di materie obsolete e astruse come scienze, latino, matematica. A scuola dovranno essere svolte materie moderne, alla moda o utili nel caso si sia selezionati per il grande fratello come blogghing, ecologia consapevole solidale, ikebana oppure comunicazione attiva. Per avere 10 in informatica sarà sufficiente riuscire a comporre un numero con un cellulare moderno. Per la lode invece è richiesto di riuscire a salvarlo in rubrica.

Tempo 10 anni e si otterrà una generazione di gente che farà sembrare ottusangolo e pierino la peste dei nobel.

(1) Polemiche sul concorsone, polemiche sull’Invalsi, polemiche sulle preselezioni universitarie. In pratica qualsiasi sistema di misurazione, per quanto grossolano possa essere, delle competenze e delle capacità acquisite, abbastanza oggettivo e difficilmente “taroccabile” ha generato infinite polemiche.

(2) Una domanda del concorsone era: dire quale fra le quattro è la parola che non c’entra nulla con le altre tre. E le parole erano leggere, rosticcere, sapere, cuocere.

(3) Per come è strutturato non consente di poter randellare sui denti ne il singolo docente e neppure la scuola…

(4) Ovviamente X+Y+Z >= 168

il beppe no global

Stavolta beppe grillo ha perso un occasione d’oro per stare zitto. Di seguito il post comparso nel suo blog riguardo agli scontri fra la polizia e i pacifici manifestanti con caschi e bastoni.

fonte:  http://www.beppegrillo.it/2012/11/soldato_blu.html#commenti

Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo, uno studente, un operaio?

Veramente in piazza c’erano teppisti e cosa facciano nel tempo libero poco importa.
Generalmente i “pacifici” manifestanti non lanciano sassi o vanno alle manifestazioni a volto coperto  con mazze  e bastoni. Trovo che sia grave stuzzicare gli animi cercando di spacciare dei teppisti per innocenti vittime dei novelli bava beccaris.

E’ quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza. Ti ho visto invece scortare al supermercato una senatrice o sfrecciare in moto affiancato ad auto blu nel traffico, a protezione di condannati in giacca e cravatta, di cosiddetti onorevoli, dei responsabili dello sfascio sociale che invece di occuparsi dello Stato si trastullano con la nuova legge elettorale per salvarsi il culo e passano le serate nei talk show.

Da notare il richiamo alla nuova legge elettorale ? adesso che il porcellum conviene diventa una legge da difendere con le unghie e con i denti ? Perché parli dei poliziotti che scortano e non quelli che vanno a fare sorveglianza negli stadi o a fare i posti di blocco durante la notte ?

Di improbabili leader a cui non affideresti neppure la gestione di un condominio che partecipano a grotteschi confronti televisivi per le primarie. Loro “non tengono” vergogna, tu forse sì. Lo spero. Soldato blu, tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia.

Solo una domanda: padri di famiglia e ragazzi pigliano sassi e bastoni per manifestare ?

Non con fumogeni ad altezza d’uomo. Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo. Paga per tutti, animale da macello che nessuno considera e la cui protesta, ultimo atto di disobbedienza civile, scatena una repressione esagerata. Soldato blu, ci hanno messi uno contro l’altro, non lo capisci? I nostri ragazzi non hanno più alcuna speranza, dovranno emigrare o fare i polli di allevamento in un call center.

Oh poverini.  Per trovare buoni lavori, se non hai babbo che ti può lanciare, devi studiare e diventare competente. E qui si vedono i mali di una scuola che per malinteso senso di non discriminazione ha rinunciato a selezionare e regala carta a piene mani, inflazionando i titoli di studio e illudendo gli studenti di avere molte più competenze di quante ne hanno realmente. Se sei funzionalmente analfabeta ed incapace di far lavori manuali non è che puoi ambire a qualcosa di più di un call center.

Tu che hai spesso la loro età e difendi la tua posizione sotto pagata dovresti saperlo. E’ una guerra, non ancora dichiarata, tra le giovani generazioni, una in divisa e una in maglietta, mentre i responsabili stanno a guardare sorseggiando il tè, carichi di mega pensioni, prebende, gettoni di presenza, benefit.

Anche l’andare in pensione a 40 anni è un benefit, anche i distacchi sindacali sono un benefit… ma capisco che sia scomodo parlare dei padri che si son mangiati il futuro dei figli grazie ad una politica previdenziale demenziale e a continue richieste di assistenzialismo che, all’atto pratico, hanno impedito che si costruisse un futuro per i figli.

Perché se paghi 1.000 euro per mantenere in vita una azienda “morta” hai 1.000 euro in meno da investire per lo sviluppo del territorio.  E’ semplice matematica. Ma pochi, sia fra i politici che fra i sindacalisti lo dicono apertamente.

Soldato blu non ti senti preso per i fondelli a difendere l’indifendibile, a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. E’ un italiano, un’italiana come te, è tuo fratello. è tua sorella, qualche volta, come ieri per gli operai del Sulcis, un padre che ha sputato sangue per farti studiare. Sarà un atto rivoluzionario.

Non vedo nulla di rivoluzionario, se non il voler stuzzicare la teppaglia e cercare di arruffianarsela per mero calcolo politico. Alé abbiamo un altro che mira a prendersi gli incazzati in servizio permanente effettivo di estrema sinistra o di estrema destra.

Quanta gente è stata menata al gay pride ? quanti feriti e quanti contusi ? Nessuno. Quanti sono stati menati ai vaffaday ? Nessuno neanche in questo caso, forse prima di indignarsi ci sarebbe da chiedersi il perché.

Non è che se si va a manifestare senza mazze e senza bastoni, senza cercare lo scontro e senza tentare di forzare blocchi non succede niente ? Perché c’è una cosa da dire: se scendi in guerra contro qualcuno allora non stupirti se quel qualcuno scenderà in guerra contro di te. E in guerra vince sempre chi è più forte.

ottima riflessione di D. Giacalone sulla scuola

fonte: http://www.davidegiacalone.it/politica/protestino-per-il-contrario/

Protestino per il contrario

Non ha senso che gli studenti protestino contro i tagli alla spesa pubblica, dovrebbero protestare contro la strutturazione di tutta intera quella spesa. A sentire certi slogan e a leggere certi resoconti ci si rende conto che il vecchio e il nuovo non hanno confini necessariamente anagrafici. Alcuni di questi giovani sembrano non aspirare ad altro che ad avere la vita dei loro genitori e dei loro nonni. A loro andrebbe detta una parola sincera: non è possibile. E neanche bello. Supporre che la difesa dei loro interessi coincida con quella dei loro docenti, all’interno di una scuola i cui risultati sfigurano rispetto ai sistemi istruttivi nostri diretti concorrenti, non è una semplice bischerata: è una truffa.

L’interesse degli studenti dovrebbe essere quello di far prevalere la meritocrazia, prima di tutto fra le cattedre. E’ vero che quando si è ragazzi non si disdegna punto la supplente impreparata, nel corso delle cui ore si può far caciara, ma è anche vero che se non si è ragazzi stupidi ci si rende conto che con quel sistema si diventa polli allevati in batteria, senza eccellenze che non siano dono di natura.Senza altro privilegio che non sia la condizione economica della propria famiglia. Sicché, se ci tengono alla democrazia e all’apertura del nostro sistema formativo, affinché sia trampolino di lancio verso i successi della professione e del mercato, devono chiedere il contrario di quel che reclamano: scuola selettiva e di altro profilo. Altrimenti si fermano gli ascensori sociali che, difatti, sono già inceppati.

In quanto alla spesa, posto che la sua pressoché totalità è destinata ai costi correnti, vale a dire al pagamento degli stipendi e della gestione, si vorrebbe sapere cosa gliene importa agli studenti dei suoi eventuali tagli. Credono di avere meno opportunità, nella vita, se il loro docente è tenuto a insegnare più ore? Semmai dovrebbero mobilitarsi proprio per chiedere la compressione della spesa corrente e il ritorno degli oramai scomparsi investimenti. (…)

La sgradevole impressione, invece, è che il rito della protesta si ripeta uguale a sé stesso, di anno in anno, senza neanche aggiornare ragionamenti e parole d’ordine. Una specie di dannazione, una coazione a ripetere gli errori di sempre, una voglia di conservare quel che, invece, andrebbe cambiato. (…)

Devo dire che Giacalone ha perfettamente ragione su tutta la linea, per quanto questo possa far incazzare studenti e docenti.

Se il filtro scolastico di passare i bravi e fermare i non bravi non funziona, nessuno crederà a tale filtro e verranno utilizzati altri filtri per scremare i bravi dai non bravi. Come ad esempio il numero chiuso all’università o la richiesta di referenze e certificazioni da parte delle aziende.

Nella scuola italiana si è scelto di portare avanti un vuoto egualitarismo di facciata, apparentemente comodo per i docenti, se promuovi tutti hai pochi problemi con preside e colleghi.Per un un genitore che si chiede come mai il figlio che non sa niente è uscito promosso ne hai 99 che se ne fregano di quanto realmente conosca il figlio e son contenti che sia uscito promosso. Salvo rendersi conto che il figlio è funzionalmente analfabeta quando verrà valutato, con serietà, dalle aziende o dovrà dare un concorso pubblico od una prova di accesso ai corsi a numero chiuso. Ma in quel momento non possono più protestare contro chi, a parte loro, ha rovinato il figlio che invece di fargli prendere consapevolezza della propria ignoranza gli ha fatto credere di essere un gran dottore.

le proteste gay…

Mi chiedo come mai oscillino sempre fra la trollata malriuscita e la carnevalata fuori stagione. Mah.

fonte: http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/288419

Uomini velati e donne in gambali
La libertà veste il costume sardo

Il costume sardo come simbolo di libertà sessuale e diritti per etero, gay e bisex. La provocatoria manifestazione (gli uomini vestiranno i panni femminili e le donne quelli maschili) si svolgerà tra Macomer e Bosa il prossimo 30 settembre.

Pane e figa per tutti…

Puntualmente, come ad ogni avvio di anno scolastico ci sono le proteste degli studenti e dei docenti contro il ministro pro tempore della pubblica istruzione per il rilancio della scuola,  e visti i casini con l’economia, anche contro la crisi economica.

Già il fatto che le proteste si ripetano sempre uguali seguendo un rituale oramai trito e ritrito dovrebbe porre qualche dubbio sulla reale efficacia di tali  proteste, cioè si protesta da dieci anni chiedendo il rilancio dell’istruzione, una università meritocratica che formi l’eccellenza e che promuova tutti e cosa si è ottenuto ? A sentire le proteste, uguali da dieci anni, assolutamente nulla.

E già questo dovrebbe far capire quanto siano state efficaci le proteste degli anni precedenti e quanto siano accorti i beoti che nonostante tutto continuano testardamente a mantenere le stesse forme di protesta e le stesse vaghe e fumose richieste. Richieste di un vago rilancio visto che con richieste più precise il fronte si spaccherebbe all’istante. Dire che l’università deve creare eccellenza significa implicitamente dire che deve segare la non eccellenza, che i fancazzisti, sia docenti che studenti, dovrebbero andare a fare altro, magari in miniera. Dire che  la scuola tecnica e professionale deve formare tecnici preparati significa dire che se non hai le conoscenze e le capacità per diventare un buon tecnico l’esame di stato non lo devi passare. Ma dubito di vedere i vari capobastone della protesta studentesca lottare per una scuola che tagli fuori principalmente gli svogliati e gli incompetenti, generalmente i loro migliori supporter quando c’è da fare casino.

Per decenza non parlo dei docenti; se dopo dieci anni di lotte sterili, almeno per gli studenti si può chiamare a discolpa la non esperienza e la novità del partecipare per la prima volta alle proteste, non hai capito  che quel modo di lotta è inutile e non cambi forma o metodo della lotta ma continui testardamente a tirare inutili capocciate nel muro…  beh,  almeno non cercare di spacciarti come ottimo stratega.

PS
il titolo riguarda l’unica richiesta dimenticata da uno studente al quale sono stati chiesti i motivi della protesta.