Stavo leggendo la notizia dell’indagine di Report sui ristoranti stellati. L’ho trovata molto interessante perché mostra diverse dinamiche della rete e delle persone.
Sorgente: I prezzi dei locali di Cracco a Report infiammano il web – Corriere Nazionale
Report fa i conti in tasca agli chef più famosi d’Italia e sul web esplode la polemica. Otto euro per una bottiglia e 72 per un uovo e un tagliolino al ragù. Sono i prezzi del bistrot di Carlo Cracco finiti sotto la lente di ingrandimento del programma di Rai3, che stanno infiammando il dibattito social nelle ultime ore. Nell’inchiesta dal titolo “Il conto dello chef” della puntata di ieri, 30 gennaio, si è parlato di un business, quello degli stellati, che muove milioni di euro fra ristoranti, indotto e soprattutto comunicazione. Ma a fare indignare gli utenti su Twitter non sono tanto i prezzi del ristorante di Cracco, dove si sceglie liberamente se andare o meno, quanto l’inutilità del servizio televisivo, quello sì obbligatoriamente pagato dai contribuenti attraverso il canone Rai.
A ragione visto che il servizio serviva solo a dar da mangiare agli odiatori seriali del web, quelli convinti di saper cucinare meglio di Cracco, giocare a palla meglio di Ronaldo, conoscere la fisica meglio di Einstein e che scaricano nei social la loro frustrazione di non essere docenti universitari chiamati continuamente nelle trasmissioni di cucina che giocano in champions.
Il fatto è che questi “odiatori” fanno molto, molto casino e aiutano un sacco a far diventare virale qualsiasi contenuto sia che lo apprezzino sia che lo detestino continuamente. Una regola della pubblicità è: “che se ne parli, bene o male ma che se ne parli sempre…” Basta fargli intendere che hanno ricevuto un torto, per quanto immaginario e forzato possa essere, e partono in quarta…
C’è però anche chi difende il programma di Rai3, facendo notare come al centro del servizio ci fosse il fatto che nonostante i prezzi alle stelle, i ristoranti degli chef come Cracco continuano ad essere in perdita. Un’indagine quindi sulla non sostenibilità dei ristoranti di lusso e sulla ricerca delle cause.
Quello non lo fai prendendo un menù e leggendo i prezzi, lo fai confrontando entrate ed uscite e analizzando l’impresa dal punto di vista economico. Ovvio che con quei prezzi entra poca clientela selezionata, gente che può permettersi di spendere quelle cifre per piatti gourmet. Senza considerare che il ristorante potrebbe anche essere in perdita se considerato da solo, potrebbe essere un ottimo investimento se invece si valuta la “risonanza mediatica” e il suo essere un ottimo strumento di pubblicità. Direttamente è in perdita ma indirettamente come pubblicità e visibilità mi porta tanti soldini.
Altra questione non detta dalla trasmissione è che nei locali non paghi solo le materie prime ma anche l’intorno, il servizio, la location, anche il “nome del locale”; come mai la gente si vanta di essere andata al bilionaire e non al fast food?
“Uno dei volti più noti dello show cooking televisivo è stato senza dubbio Carlo Cracco. I prezzi che troviamo nel bistrot di Cracco in Galleria sono molto alti: una bottiglia d’acqua costa otto euro e alla fine ne spendiamo 72 per un uovo e un tagliolino al ragù #Report”.
Come hanno osservato molti, se andavano al mcdonald a prendersi acqua e un hamburgher avrebbero speso un decimo, ma di certo non avrebbero avuto il cameriere che serviva al tavolo, la tovaglia di lavanderia, posate non di legno e piatti con ingredienti ricercati di prima scelta. Son tutte cose che si pagano.
Hai voglia di lamentarti dell’ignoranza e degli “odiatori” quando poi li si va a stuzzicare per fare clickbait