Botte piena e moglie ubriaca

Stavo leggendo questo editoriale di Feltri: La predicatrice – La Stampa;

(…)Nel 2016 la presidente della Camera, Laura Boldrini, per dimostrarsi zelante quanto gli altri, annunciò un impegno senza precedenti lungo la strada della sobrietà. «Uno sforzo che i cittadini ci riconosceranno» (poi Boldrini si è candidata con Liberi e Uguali e non gliel’hanno tanto riconosciuto, guarda un po’). Insomma, taglia qui, taglia là, Montecitorio riesce a stare sotto il miliardo di spesa annua. Fra l’altro si fanno gare al ribasso: chi chiede meno ottiene l’appalto. È successo anche alle imprese delle pulizie, e da qualche giorno (di nuovo, guarda un po’) le donne che lucidano scaloni e corridoi del Palazzo stanno protestando. Persino con un certo garbo per gente che si alza alle 4 del mattino per lavorare 14 ore alla settimana a 370 euro al mese (6,60 l’ora! A Montecitorio!).

È che nel 2016, dopo avere spuntato contratti meno vantaggiosi, le imprese delle pulizie si sono rifatte sulle lavoratrici, riducendogli paghe già ridicole di un ulteriore 10 per cento. Bel capolavoro. Dunque, tornando all’inizio, anche Boldrini si diminuì lo stipendio. Ma per una tale predicatrice di giustizia sociale, non sarebbe stato meglio tenersi l’assegno e fare un po’ di attenzione a che le capitava sotto al naso?

Mi sembra che Feltri non abbia colto il punto; è vero che dalle inefficienze della spesa pubblica molti mangiano, comprese anche le ultime ruote del carro, ma parimenti è vero che con una spesa pubblica più efficiente puoi liberare risorse per investire. Gira che rigira i soldi son sempre quelli; puoi spendere 1000 spendendo 800 per pulizie e 200 per borse di studio oppure tutti e 1000 per le pulizie.  Si può scegliere di pagare gli addetti alle pulizie come primari ospedalieri; ma poi non ci si lamenti che per un addetto alle pulizie si spende tanto quanto si spende per retribuire un primario ospedaliero.

Se la Boldrini avesse fatto stipulare contratti “svantaggiosi” imho sarebbe partito il coretto: “ma perché la camera paga un impresa delle pulizie il 20% in più rispetto al prezzo di mercato? Sprechi, accozzi, l’hanno fatto per chiamare a lavorare la prima compagna di stanza della sorella della cognata della cugina della Boldrini… (1/2 cit)”

Il problema, che feltri non coglie è: “la retribuzione dei lavoratori è in linea con le norme vigenti in italia? l’azienda vincitrice rispetta le norme?” Se la risposta è no allora il problema non è la Boldrini e le sue gare d’appalto quanto l’omessa vigilanza che il vincitore rispetti la normativa.

Se la risposta è sì invece la riflessione da aprire sarebbe quella su quanto le norme vigenti siano realmente utili per la tutela dei lavoratori e, nel caso se sia opportuno un loro adeguamento e/o aggiornamento, ma questa è una questione prettamente politica che esula completamente dal comportamento della Boldrini. Aprire tale dibattito non dovrebbe essere compito di una figura di garanzia quale quella del presidente della Camera dei Deputati.  Son domande a cui la politica deve dare risposta, e la risposta deve valere sia per Anna che va a fare le pulizie alla Camera che per Michela che va a lavare le scale del condominio di via Sardegna 18. Paghiamo Anna come un primario ospedaliero, e Michela che fa il suo stesso lavoro si fotte?

Nella vicenda riportata noto anche un altro buco: dove sono i sindacati, figure istituzionalmente preposte alla tutela dei lavoratori? perché non hanno sollevato la questione? Se la retribuzione dei lavoratori è bassa mi aspetto minimo una vertenza sindacale, a maggior ragione se la controparte è una che si riempie la bocca con parole come diritti dei lavoratori1.

Quindi cosa si vuole? Si vuole davvero tornare al periodo in cui la politica spendeva 1.000 per coltivare i propri orticelli ma allo sfigato almeno 10 arrivava? Beh si abbia il coraggio di scriverlo chiaramente. Purtroppo l’avere la botte piena e la moglie ubriaca, per quanto possa essere una situazione ideale, è praticamente inattuabile.

 


  1. La CGIL, come tutti i sindacati, non è tenuta ad applicare, per i propri dipendenti, l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, non si è fatta scrupolo di usare i voucher… 

Iacoboni e i grillini, stavolta hanno ragione loro

Riprendo un commento fatto nel blog di Fallischaung riguardo all’esclusione di Iacoboni dalla convention dei grillini;

Per me i grillini hanno ragione ; ad una mia convention io invito solo chi mi va a genio. Siccome non esiste alcuna legge che mi impone di far entrare qualsiasi giornalista voglia farlo, io posso, legittimamente, fare qualsiasi selezione all’ingresso. E questa selezione non è affatto un attentato alla libertà di stampa.

Iacoboni è ancora libero di scrivere quello che vuole? qualcuno ha impedito fisicamente o minacciato Iacoboni per impedirgli di esprimere le sue opinioni? Che io sappia no. Inoltre credo che il lavoro del giornalista vada un poco oltre la mera copia di veline ma comprenda anche il reperimento dell’informazione, soprattutto se tale informazione vuole essere, goffamente, tenuta nascosta.

Per questo trovo, che in questo caso, gli attacchi ai grillini colpiscano il bersaglio sbagliato; più che attaccarli per non aver accreditato Iacoboni blaterando di un inesistente attentato alla libertà di stampa, sarebbe da chiedere loro come mai “il partito della trasparenza” alle sue convention accredita solo “pennivendoli” allineati e coperti alle sue posizioni che si limitano a trascrivere le veline di partito. E le dirette? e lo streaming?

A me i grillini ricordano tanto il comunista di questa barzelletta

Due comunisti si ritrovano, come tutte le sere, alla
sezione del partito.
Il primo chiede all’altro:
«Se tu possedessi due palazzi nel centro storico,
che cosa ci faresti?».
Il secondo, prontamente:
«Ne donerei subito uno al partito!».
L’altro insiste:
«E se avessi due appartamenti?».
«Uno a me e uno al partito!».
«E se avessi due barche a vela?».
«Una a me e una al partito!».
«E se avessi due Ferrari?».
«Una a me e una al partito!».
«E se avessi due biciclette?».
«Ah, no, quelle ce le ho veramente…»

Fare solenne rinuncia di quello che non si possiede è facilissimo, il problema è rinunciare a quello che invece si possiede. I grillini hanno rinunciato a tutto quello che non possedevano, quando hanno iniziato ad avere hanno iniziato a rinunciare di meno…

Perché quindi non li si attacca sulla “trasparenza” più che su Iacoboni? Perché se si batte il tasto “trasparenza” scatterebbe automatica la risposta: “è allora gli altri?” che sarebbe, cosa grave, fondata. L’impressione sarebbe la stessa di sentire Valentina Nappi  dare della “svergognata” a Sasha Grey.

avere opinioni diverse, e manifestarlo, non è proibito dalla legge…

… e siccome non è esplicitamente ed espressamente proibito allora è permesso.

riprendo un mio vecchio articolo che scrissi durante le polemiche riguardo all’approvazione della legge Cirinnà sui patti di civile convivenza,  perché ho notato che il manifesto “pro vita” sta scatenando le stesse reazioni che avevano scatenato le sentinelle in piedi.

Un sacco di reazioni scomposte di gente che desidera che le opinioni, qualsiasi esse siano, che non condivide sia resa illegale e pertanto censurabile. Molti si twitter si lamentavano dell’illegalità del manifesto ma, quando veniva posta la domanda precisa su quale legge avesse violato quel manifesto, svicolavano o non rispondevano.

Questo tread nato a seguito di un tweet di marco cappato è illuminante

Marco Cappato
Tengo a precisare che considero la rimozione del manifesto anti-abortista un atto di censura, come tale ingiustificabile.

DoctorB
‘Hate speech’ è un reato in molti paesi. Manifesti apertamente razzisti o promotori di violenza, terrorismo o discriminazione non posso ne debbono essere tollerati da uno Stato civile. Lo stesso vale dunque per il manifesto al quale si riferisce. Tweet sbagliato, caro Cappato.

Marco Cappato
Che contenesse una istigazione del tipo di quelle da Lei citate mi pare quantomeno opinabile.

DoctorB
Terrorismo psicologico, discriminazione sulla base di scelte lecite e personali, potenzialmente anche istigazione alla violenza contro coloro le quali quelle scelte le hanno legittimamente compiute. La mia ‘opinione’ è questa e plaudo quindi la scelta di rimuovere il manifesto.

Istigazione alla violenza? terrorismo psicologico? discriminazione?  Interessante notare come si cerchino pretesti per nobilitare una bieca censura. Non è stato comunque un caso isolato; molti battevano con forza sull’illegalità del manifesto perché esercitava “violenza psicologica”.

Il problema è che banalizzare così la violenza psicologica facendola apparire come un jolly per consentire a frignoni capricciosi di non sentire cose che non condividono significa, come prima cosa, far considerare bugiardo e frignone anche chi tale violenza la subisce realmente.

Prendiamo il caso del fascismo; a furia di frignare che Salvini era fascista, Di maio idem, Renzi pure, chiunque non sia d’accordo completamente con me è fascistissimo, che qualunque “vera sinistra DOCG IGP, diffidate dalle imitazioni” diversa dalla mia sia fascista, si è persa la drammaticità del periodo fascista e oramai la parola fascista ha perso qualsiasi significato legato al periodo diventando al più un sinonimo di bulletto e di stronzo.

Per il resto uno dei capisaldi della democrazia è che “ciò che non è proibito espressamente dalla legge è permesso” e l’avere opinioni diverse, se si rimane nei binari della legge, ovvero senza cadere in insulti, diffamazioni,  ingiurie, calunnie et simili, è una cosa perfettamente lecita. Per quanto le opinioni possano essere non condivisibili e riprovevoli.

L’alternativa è uno “stato etico” dove ciò che è lecito e ciò che non lo è non lo decide la legge ma lo decidono gli umori della piazza, ovvero un ritorno al periodo della caccia alle streghe di Salem. Ed io non ci tengo a tornare a quel periodo.

Un ultima riflessione; si è, realmente, per la libertà di parola se si è disposti, in suo nome, a sentire anche idee che non ci trovano d’accordo e che mai condivideremo. Altrimenti non si è per la libertà di parola ma solo per il capriccio di voler dire quello che piace e che nessuno possa dire quello che invece non ci piace.

Qui riporto parte di quello che scrissi a suo tempo:

Siccome non esiste una legge che mi vieta di chiedere l’abrogazione dell’articolo 3 della costituzione io sono libero di manifestare, pacificamente e nel rispetto della vigente normativa, per chiedere che venga abrogato.  (…) non esiste alcuna legge che vieta di manifestare contro un DDL proposto in parlamento quindi io posso manifestare contro quel DDL…

È lo stato liberale darling. Sei libero di preferire una dittatura e di manifestare per quello. Però poi, se vieni accontentato ma la dittatura non ti garba, non piangere…

Io continuo a preferire lo stato liberale.

Troppo di destra per poter essere considerato negro.

Stavo leggendo delle polemiche su Toni Iwobi e su Balotelli. Leggendole mi è venuto in mente questo vecchio articolo di Uriel, articolo che condivido.

Come scriveva Uriel, hai i diritti solo se ciò è utile al partito. Ecco perché un “troia devi morire” scritto su internet era accolto da piccate proteste e presentato come un attacco a tutte le donne se lA bersagliA era una specifica dONNA mentre passava sotto silenzio se il bersaglio era il ministro della sanità pro tempore, ovvero Beatrice Lorenzin, favorevole ai vaccini obbligatori.

Mi spiace ma per molti Toni (che poi, a differenza di cecil, non ha neppure le tette…) è troppo di destra per poter essere considerato negro.

Sorgente: Il suono sinistro dei diritti. | Niente stronzate ©

Siamo ancora al punto di prima: la sinistra definisce i diritti, ma li definisce in sede politica. Essi quindi sono validi solo  e se la ratio politica non e’ avversa. Nel caso sia avversa, il diritto dell’individuo perde e viene cancellato. (…)

Questo non avviene perche’ l’uomo di sinistra non creda nei diritti: ci crede eccome. Il problema e’ la definizione stessa del diritto, che non e’ individuale e non e’ attribuito alla persona.

Cosi’, il diritto a sinistra viene definito come:

    • Sempre discutibile in sede politica.
    • Piu’ debole della ratio politica, in contrasto con la quale puo’ decadere.
    • Attributo del partito in quanto ente politico, ovvero semplice posizione politica condivisa.

Non esiste, in sostanza , una cultura dei diritti individuali a sinistra. Esiste una cultura politica dei diritti, che e’ una cosa diversa. Io ho diritto alla vita se non esiste una ratio politica che dica il contrario, e se cosi’ fosse il mio diritto alla vita dovrebbe venire meno. Come vengono meno i diritti alla vita privata  di ogni cittadino che faccia politica: la politica prevale sulla persona.

Questo che sto facendo non e’ un giudizio od una condanna: prendo atto che per l’uomo di sinistra la posizione politica possa far venire meno dei diritti individuali, e quindi per la sinistra i diritti individuali sono piu’ deboli della politica. Sapendo che la pensano cosi’, sara’ poi una mia cura chiedermi se li voglio al governo.

Si tratta di una posizione legittima: i cattolici, per esempio, sottomettono i diritti alla teologia, e quindi qualora un tuo diritto si scontri con la teologia esso perde la partita. Non si tratta di una posizione strana, dunque, ne’ inaudita. E’ semplicemente la loro idea di diritti: qualcosa che e’ piu’ debole della politica, e che quindi la politica ti puo’ togliere.

Non e’ vietato in se’ pensare questo: e’ legittimo quanto chiedersi se vogliamo una simile idea di diritti  al governo. Tutto qui.

 

Permesso retribuito per curare il cane – Il Sole 24 ORE

A furia di chiamare diritti i capricci, qualcuno comincerà a chiamare capricci i diritti.

Sorgente: Permesso retribuito per curare il cane – Il Sole 24 ORE

un permesso retribuito a norma di contratto collettivo dei dipendenti pubblici per «grave motivo famigliare e personale»: assistere il cane malato. È accaduto a Roma, dove una lavoratrice single dell’Università La Sapienza ha ottenuto di assentarsi dal lavoro per due giorni perchè l’animale domestico necessitava di un intervento medico veterinario urgente e indifferibile alla laringe e poi andava accudito. A una prima richiesta della donna il datore di lavoro ha risposto, a voce, negativamente ma dopo il supporto tecnico-giuridico dell’ufficio legale della Lega antivivisezione e ricevuto anche il certificato del veterinario, le cose sono cambiate.

(…)

Soddisfazione degli animalisti: «D’ora in avanti, con le dovute certificazioni medico-veterinarie – ha detto il presidente Lav Gianluca Felicetti -, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente. Un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia», conclude.

 

Bagni separati per chi si sente un tostapane.

Sorgente: Trump cancella le regole per tutelare i diritti degli studenti transgender: via le linee guida varate da Obama – Il Fatto Quotidiano

Trump cancella le regole per tutelare i diritti degli studenti transgender: via le linee guida varate da Obama

Battaglia all’interno dell’amministrazione, la ministra all’Istruzione non è d’accordo ma deve cedere. Tra le norme eliminate dal nuovo presidente Usa anche quella di poter usare bagni e spogliatoi in base all’identità di genere. E ora si teme per le nozze gay (…)

Immediata la durissima condanna della comunità Lgbt e delle associazioni per la difesa dei diritti civili che accusano il presidente di aver tradito la promessa fatta in campagna elettorale di non intervenire in questo campo e di violare in questo modo i diritti umani.

 

Il provvedimento era stato varato dall’amministrazione Obama nella primavera del 2016. Il 13 maggio i dipartimenti della Giustizia e dell’Istruzione avevano diffuso a tutte le scuole le linee guida per garantire i diritti civili degli studenti transgender. Il governo era intervenuto nel dibattito apertosi nella società americana dopo l’adozione da parte del North Carolina di una controversa legge che obbligava i transgender ad usare, nei luoghi pubblici, i bagni corrispondenti al sesso registrato dalla nascita. In base all’articolo IX di una legge sull’istruzione del 1972, il documento spiegava che quando gli studenti o i loro genitori notificano alla scuola lo status transgender, gli istituti devono trattare gli alunni in accordo con la loro identità di genere, senza richiedere diagnosi mediche, trattamenti medici, certificati di nascita o altri documenti di identificazione.

L’andare nel bagno dell’altro sesso “biologico” è un diritto umano? mi sa che con Trump sta capitando il classico: “attenti; a furia di chiamare diritti i capricci, qualcuno inizierà a chiamare capricci i diritti”.  Qui si pensa solo al disagio di chi si sente di sesso diverso e quindi prova disagio a trovarsi in ambienti destinati al suo sesso biologico e non al sesso percepito ignorando il disagio di chi invece si trova davanti a persone di sesso biologico diverso dal proprio.

Seconda cosa: come prevenire abusi? se io mi dichiaro di sesso percepito femminile posso andare a fare la doccia con loro senza alcun controllo? Mah; mi sembra una polemica sul nulla.

Riguardo al matrimonio omosessuale cosa c’entra con tale norma, di buon senso poi? Gridare tanto “al lupo al lupo” qualsiasi cosa faccia Trump è il modo migliore per farlo rimanere nella cresta dell’onda.

Io, studentessa di Bologna, non mi sento rappresentata da voi finti rivoluzionari – TPI

Molto, molto interessante. Soprattutto il grido finale:

Per ultima cosa vi chiedo un favore: fatemi studiare, perché sono tre anni che spesso trovo le sedi universitarie occupate, sto parlando del caro 36 e del celeberrimo 38, e sono anni che private me e altri ragazzi di far lezione. Viva il diritto allo studio”.

Che condivido. Spesso i pseudorivoluzionari non son altro che teppisti in attesa di un pretesto per fare casino, pretesto che permette di coprire con una leggera mano di idealismo e buone intenzioni azioni che invece buone non sono. Poi parlano di cultura e di diritto allo studio ma spesso sono i primi a negare agli altri il diritto di studiare in ambienti “sicuri” e “tranquilli”.

Piena solidarietà alla studentessa.

Sorgente: Io, studentessa di Bologna, non mi sento rappresentata da voi finti rivoluzionari – TPI (grassetti miei)

Rispetto agli scontri avvenuti nella giornata di giovedì 9 febbraio tra la polizia e gli studenti dell’università di lettere di Bologna, S*** C***, una studentessa del Dams, ha voluto scrivere a TPI per fornire una diversa versione dei fatti e per rispondere alla versione del collettivo degli studenti universitario autonomo Bologna:

“Caro TPI, vorrei anche io raccontare la mia versione.

Sono una studentessa Dams, presso l’Università di Bologna. Zamboni 36 è la biblioteca universitaria del dipartimento di Lettere e Beni Culturali, penso l’unica a Bologna a far entrare senza alcun controllo. Si entra senza nemmeno lasciare un documento.

Il rettorato, con la decisione di voler aprire la biblioteca fino a mezzanotte – questo fa parte di un progetto per risollevare la zona universitaria e aiutare chi ha necessità a studiare fino a tardi – ha deciso di mettere i tornelli, per permettere di accedere alla biblioteca solo tramite badge. Badge che ogni studente universitario possiede.

Primo punto: chiunque inneggi alla privatizzazione, alla privazione dell’accesso di uno spazio pubblico, si dovrebbe ricordare la differenza tra biblioteca universitaria e biblioteca comunale. Quella biblioteca è universitaria e appartiene agli studenti. Chiunque altro può andare in qualsiasi biblioteca comunale, tra cui il bellissimo Archiginnasio o la Sala Borsa.

Secondo punto: il degrado e l’uso della biblioteca per uso non didattico. Cito il fatto dello scorso anno, quando un uomo si masturbò davanti a una studentessa. Tutti noi studenti sappiamo che tipi di persone popolano Piazza Verdi e son capaci di entrare liberamente in quella biblioteca.

Detto questo torniamo a cosa è successo: Il Collettivo universitario autonomo (Cua) grida allo scandalo, parla di deliberata chiusura di uno spazio di socialità e aggregazione da parte dell’Università e decide di boicottare i tornelli, spalancando prima le uscite di emergenza e due settimane dopo decide di smontare fisicamente i tornelli e di portare i resti in rettorato.

L’Ateneo, com’era prevedibile, chiude la biblioteca, in attesa di ristabilire le condizioni minime di sicurezza necessarie a tenerla aperta. Il Cua, previa assemblea, decide di forzarne la riapertura e di autogestire lo spazio. Cosa succede poi? L’Università chiede alla polizia di intervenire. Il risultato? Barricate coi cassonetti in Piazza Verdi, interno della biblioteca gravemente danneggiato, arresti e scontri durati una sera intera.

Ora: sì, la polizia ha usato la forza e non è mai bello vedere usare la forza contro gli studenti. Rispondere alla violenza con la violenza è la carte peggiore da giocare. Se tutti coloro che fanno parte del Cua avessero riflettuto solo un po’ di più su ciò che l’Università stava facendo, se avessero capito che quello era un servizio che l’Ateneo stava offrendo agli studenti, per permetterci di studiare in sicurezza fino a tardi, forse tutto questo non sarebbe successo.

Ma non l’hanno capito e ora ci ritroviamo con danni ingenti a una struttura universitaria, dovendo sentire tali persone che dicono di rappresentarmi e gridano alla rivoluzione.

No, non state rivoluzionando nulla. No, non mi rappresentate.

Per ultima cosa vi chiedo un favore: fatemi studiare, perché sono tre anni che spesso trovo le sedi universitarie occupate, sto parlando del caro 36 e del celeberrimo 38, e sono anni che private me e altri ragazzi di far lezione. Viva il diritto allo studio”.

L’Italia degli imboscati. Inabilità al lavoro e permessi, ecco tutte le carte false – Repubblica.it

Brutta cosa, abusare e straabusare di un diritto è il modo migliore affinché venga limitato o tolto anche a chi ne avrebbe veramente bisogno. Questo è un caso da manuale dove molti a furia di fare troppo i furbi finiscono a far fare a tutti la figura degli imbecilli.

Basta ricordare i casi di tanti disabili gravi e definitivi chiamati a visita di controllo. A prima vista può sembrare uno scandalo; perché rimandare uno senza un braccio o un ragazzo affetto da sindrome di down di nuovo davanti alla commissione medica pena la perdita dei benefici? La risposta è tanto semplice quanto sconfortante: perché vuoi per faciloneria, vuoi per plateale malafede, le commissioni mediche hanno certificato di tutto e di più. Non son stati rari i casi di ciechi poi scoperti patentati.

Quindi quando capitano queste situazioni non scandalizzatevi contro l’ottusa burocrazia dell’inps quanto contro i tanti furbetti della disabilità.

Sorgente: L’Italia degli imboscati. Inabilità al lavoro e permessi, ecco tutte le carte false – Repubblica.it


L’Italia degli imboscati. Inabilità al lavoro e permessi, ecco tutte le carte false Nella sanità pubblica il 12% dei dipendenti esentato da alcune mansioni per le quali è stato assunto. A Palermo 270 netturbini con il certificato per non spazzare

(…)

Tutto molto giusto, se non fosse che anche in questo caso c’è chi se ne approfitta. Sono i “furbetti della 104”, che accertamenti medici quanto meno superficiali hanno inserito e continuano a inserire tra i disabili gravi meritevoli di assistenza. (…)

Quando un anno fa si scoprì che nella scuola Santi Bivona di Menfi, un paese dell’agrigentino, addirittura il 41% dei docenti (settanta su centosettanta) usufruiva della legge 104, il ministero dell’istruzione fece partire un’inchiesta in tutta Italia. Risultati anche qui inquietanti, e questa volta a toccare i record negativi troviamo insieme al Mezzogiorno anche il Centro Italia. Così, mentre la Sardegna è in testa per docenti di ruolo disabili gravi o parenti di disabili (il 18,3 per cento), all’Umbria va il primato del personale non docente che beneficia della legge: il 26,3 per cento. Si posiziona bene anche il Lazio, con il 16 e con il 24,8 per cento. In Veneto, Piemonte e Toscana, al contrario, troviamo il minor numero di beneficiari.

Le maglie della 104. Centro-Sud e Isole riescono dunque ad allargare a dismisura le maglie della 104, riuscendo per esempio a inserire tra i disabili gravi i figli celiaci, oppure le nonne residenti a centinaia di chilometri di distanza. C’è chi riesce addirittura a ottenere più di una 104. Se questo è il quadro generale, non è difficile capire perché soprattutto al Sud interi servizi pubblici essenziali restano solo sulla carta mentre quelli meno necessari traboccano di personale per lo più inutile. E perché gli stessi ispettori che dovrebbero verificare sul campo tutti questi abusi non di rado finiscono essi stessi tra le file degli imboscati.

 

Costituzione, razzismo e piagnisteo.

No, la titola(1) non riguarda la presidenta della camera pro tempore, mi riferivo invece a questo articolo pubblicato dal fatto quotidiano. Devo dire che non mi trova affatto d’accordo, troppi piagnistei, le invocazioni alla costituzione, santa santissima quando parla di diritti e da ignorare invece quando parla di doveri. Alla fine il numero di citazioni della costituzione sta diventando un buon ndice per individuare la fuffosità dell’articolo. (grassetti miei)

Rom: cara ministra, oggi a scuola mio fratello scoprirà di essere diverso dagli altri

Cara Ministra,

lei di me non sa neanche il nome, non sa dove abito, non ha idea di come trascorro le giornate. Io invece, oggi, accompagnando mio fratello al suo primo giorno di scuola ho subito pensato a lei, alle maestre, a questo imponente edificio che voi chiamate “scuola”, che oggi rivedo dopo tanti anni e che continua a intimidirmi. (…)

Che i bambini delle baraccopoli non siano fatti per la scuola, infatti, lo pensano in molti. Lei lo certifica nelle “Linee guida” agli insegnanti quando scrive di noi che sembriamo “poco inclini a prestare attenzione al discorso rivolto dall’insegnante all’intera classe e ciò richiede di impostare percorsi di apprendimento specifici e personalizzati”. Non abbiamo nulla da replicarvi perché il coltello dalla parte del manico ce l’avete voi.

Ce l’avete quando, numeri alla mano, ci accusate di evadere la scuola dell’obbligo. Ma la scuola incoraggia i bravi e abbandona chi non ce la fa. Quando ho smesso di frequentare la prima media nessuno è venuto a bussare alla porta della mia baracca. Pensate di comprendere i problemi della scuola ma non avete la pazienza di mettere gli occhi sulle statistiche. Allora le cifre si mettono a gridare contro di voi.

Ci sarebbe anche un altra domanda da porsi: perché i genitori non hanno continuato a mandarlo a scuola? Lo Stato è stato omissivo nel controllo ma questo non giustifica che ci siano state omissioni anche da chi, per legge, ha la responsabilità di mandare il bambino a scuola ovvero i genitori e/o i tutori. Questo è emblematico di un modo di pensare molto italiano: se io faccio una cazzata la colpa, della mia cazzata, non è anche mia; la colpa è solo di chi, omettendo di controllarmi, non mi ha impedito di farla la cazzata. Maturità significa anche dover ammettere le conseguenze delle proprie scelte senza cercare di scaricare le colpe ad altri. Che nessuno sia venuto a chiedere è grave, ma parimenti grave è che i genitori invece di mandarti non se ne siano curati. Minimo c’è un concorso di colpa.

Seconda cosa: non puoi usare la “specialità” solo a seconda della convenienza; se i bambini rom son bambini come tutti gli altri allora è giusto che vengano trattati sempre come tutti gli altri, se son bambini che necessitano di un percorso “personalizzato” di inserimento nel mondo scolastico allora è giusto che lo abbiano il percorso “personalizzato”. Lamentarsi di essere considerati diversi per il “percorso” e contemporaneamente lamentarsi se si viene considerati uguali è una contraddizione bella e buona.

(…) Ma se tutti i bambini nascono uguali e se in seguito non lo sono più, è colpa anche della scuola. La Costituzione, quando parla di mio fratello, che oggi inizia la scuola, dice che è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Ma la scuola di oggi, quella che voi chiamate “buona”, ha più a cuore i programmi scolastici che la Costituzione.

La costituzione prevede diritti e prevede doveri. Nell’articolo molti commenti hanno chiesto come sarebbe dovuto intervenire lo stato? Se fosse stato il caso di un bambino italiano sarebbero intervenuti i servizi sociali e se i genitori, è compito dei genitori mandare a scuola i figli piccoli, si intestardivano a non mandarlo a scuola si sarebbe potuti arrivare alla perdita della patria potestà temporanea o definitiva.  Cosa sarebbe successo se si fosse intervenuti in questo modo? Tanta gente si sarebbe precipitata in strada a battersi il petto ed urlare al razzismo ed allo stato fascista che ruba i figli dei poveri, siamo seri. Per rimuovere certi ostacoli, purtroppo, non si può prescindere dall’usare una ruspa; qualcuno che va a prendere il pupo per portarlo a scuola anche contro il volere del bambino e dei genitori. Quando si esauriscono tutte le altre strade lo stato deve usare le maniere forti? Questa è la domanda che l’articolo implicitamente pone e alla quale evita di dar risposta per lanciarsi, in quello che ritengo essere, uno sterile piagnisteo.

(1) Siccome la titola riguarda la presidenta, per la neolingua, deve andare alla genera femminile. Cfr Boldrini – Orwell,  Neolingua Italiana, Crusca Edizioni.

Negazionismo e reati d’opinione

Approvata alla camera la “legge sul negazionismo”. A mio avviso solo una pessima legge inutile e pasticciata

fonte: ANSA
Manette per chi inciterà al negazionismo o al genocidio: lo prevede la legge definitivamente approvata dall’Aula della Camera dopo una lunga ‘navetta’ con il Senato. Il testo approvato oggi a Montecitorio prevede, in particolare, la reclusione fino ad un anno e sei mesi o la multa fino a 6.000 euro per chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Mi sembra solo un inutile doppione della legge mancino e delle norme sull’apologia di reato.  Senza considerare che  “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” significa mettersi a fare i sommelier di merda. Prendiamo ad esempio il caso della “hostess” non assunta perché si era rifiutata di lavorare a capo scoperto; è discriminazione o no?

La legge, a mio avviso, dovrebbe punire le azioni e poi indagare sulle cause e sulle motivazioni e non fare il contrario con inutili processi alle intenzioni.  Tizio ha aggredito Caio? Bene, si punisca Tizio per aggressione e poi, nel caso, si valuti se il comportamento di Tizio merita particolari aggravanti invece di menarla se è stata violenza semplice, omofobia o femminicidio.

La reclusione andrà da sei mesi a quattro anni per chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Viene, quindi, vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo che abbia tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi: chi vi parteciperà rischierà sei mesi a quattro anni di prigione, che passeranno da uno a sei anni per chi quelle associazioni promuove o dirige. Viene quindi prevista nell’ordinamento penale la reclusione da 2 a 6 anni, nei casi in cui la propaganda, l’istigazione e l’incitamento si fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” come vengono definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale.

Siamo al reato d’opinione. L’essere imbecilli non è un reato, non può e non deve mai diventarlo a differenza del comportarsi da imbecilli o fare azioni da imbecilli.  Usare il codice penale per difendere una tesi è sempre un rischio. Sia perché rischia di indebolire la tesi: “ma se è vera perché allora punire chi non ci crede? Non è lo stesso che hanno fatto con(1)…

Galileo, Galileo,
Galileo, Galileo,
Galileo, Figarò…

Magnificòòòooo ooh ooh
(cit.)

Già con l’omofobia si è visto come sia stata usata allo stesso modo di un maglio per stroncare qualsiasi obiezione e/o critica per quanto validamente motivata ed espressa in maniera non volgare e non offensiva. Le obiezioni sul bambino, concepito grazie all’utero in affitto, dal compagno del compagno Vendola erano tutte causate dall’omofobia, qualsiasi critica alla Kyenge era razzismo, alla Boldrini sessismo etc. etc. Scommetto che la legge verrà usata come un maglio alla prima protesta contro gli immigrati clandestini o i campi Rom abusivi.

Comunque penso che un tale comportamento avrà l’unico effetto di spingere gli imbecilli nell’ombra, di farli parlare per metafore.  Siamo seri, le censure raramente son state efficaci contro simili idiozie, anzi paradossalmente le rafforzano. I problemi si risolvono risolvendoli, vietare di parlarne, anche se il divieto è coperto da tonnellate di glassa alle buone intenzioni, è inutile se non controproducente.

(1) Puntualmente viene tirato fuori il caso di Galileo Galilei, soprattutto da gente che ricorda molto il card. Bellarmino.