il caso sarti

Squallidissimo.

Però c’è anche da dire che se abitui la gente all’informazione che fruga nella camera da letto per mostrarne i contenuti al mondo poi lagnarsi che hanno ficcato il naso anche nella tua è leggermente ipocrita.

Quando scoppiò il caso delle foto “rubate” a villa certosa qualche demente sostenne che “un personaggio pubblico non deve avere diritto alla privacy” e tanti criceti di satana si precipitarono ad applaudirlo, oltre che farsi selfie imbavagliati per protestare contro le leggi bavaglio.

Adesso che la privacy è la loro, stranamente hanno che certe norme sono a garanzia di tutti e non solo del nemicissimo. Karma…

 

solo quando assaggi la tua zuppa ti rendi veramente conto del suo sapore

La vicenda riportata sotto, che precede e di molto l’attuale vicenda che sta riguardando una nota, diciamo attrice, italiana mostra impietosamente una cosa: che il modo migliore per capire l’utilità del garantismo è finire per un poco nel banco degli imputati, ancor di più se ci finisci da innocente.

Sorgente: Grossman, ex «femminista convinta»: «Ideologia orrenda» | Tempi.it

«Ero una femminista, poi mio figlio è stato accusato ingiustamente. Così ho capito che è un’ideologia orrenda»

La testimonianza di Judith Grossman, avvocato di New York, che ha salvato a fatica suo figlio da false accuse di molestie sessuali.

«Sono una femminista, ho fatto le barricate, abbonata al magazine Ms., ho bussato a molte porte per appoggiare candidati progressisti che si battevano per i diritti delle donne. Fino a un mese fa, avrei appoggiato senza se e senza ma l’articolo 9 e la legge contro la violenza sulle donne». Fino a un mese fa, cioè fino a quando non ha ricevuto dal figlio questo messaggio sul telefonino: «CHIAMAMI. URGENTE. ORA». A raccontare la sua storia è Judith Grossman, procuratore di New York, che ha scritto il 16 aprile un articolo sul Wall Street Journal per denunciare l’ideologia del femminismo, in cui lei ha sempre creduto, e gli «orrori» che ha generato. Tutto è cambiato quando il figlio, studente di un college nel New England, è stato accusato senza prove da una ex fidanzata di “molestie sessuali”, avvenute qualche anno prima.

Da notare come la signora si sia accorta di certe bestialità, la più grave è la presunzione di colpevolezza, ovvero non deve essere la vittima a dimostrare ma l’accusato a doversi discolpare, solo quando le ha “assaggiate” il figlio. Altrimenti sarebbe ancora sulle barricate ad urlare che se un accusato non veniva condannato era perché i giudici non avevano creduto alla verità della vittima, che stavano facendo becero “victim blaming” e non perché il fatto non si era svolto come raccontato dalla presunta vittima.

Adesso sta succedendo la stessa cosa: dallo scoppio dello scandalo Weinstein ad oggi si è urlato che la “presunta” vittima per il mero fatto di esserlo aveva sempre ragione, si son svolti un sacco di processi mediatici tramite social seguiti da repentina et inappellabile condanna, adesso che qualcuna passa da “vittima” a “carnefice” stranamente si sta riscoprendo il garantismo.

Cosa sta succedendo alla poverina? null’altro di diverso da quanto capitato nei mesi precedenti ad altri: processi e condanne per insinuazioni non dimostrate, gente che urla nei social: sangue, sangue, sangue senza andare tanto per il sottile o fermarsi un attimo a riflettere se e quanto gravi siano le accuse e tanti, vuoi per pavidità vuoi per interesse, sostengono la canea urlante.

Una lezione della storia, che molti wannabe giacobini ignorano, è che anche l’incorruttibile Maximilien de Robespierre, dopo averne fatto ghigliottinare tanti lasciò a sua volta la testa sulla ghigliottina.

ADDIO PRESUNZIONE DI INNOCENZA. Una volta accusato, il figlio è stato subito portato davanti a un tribunale. «Nessuna indagine preliminare è stata fatta nella scuola, (…) nessuno ha neanche preso in considerazione che le accuse potevano essere frutto della gelosia o del desiderio di vendetta della ex. Nessuno ha riconosciuto a mio figlio la presunzione di innocenza». Continua: «L’articolo 9, che dovrebbe garantire l’uguaglianza tra i sessi nei college, ha cancellato la presunzione di innocenza, che è la base della nostra giustizia. Nei nostri campus (…) nessuna “chiara e convincente” prova è richiesta per stabilire una persona colpevole di abuso sessuale». Ora, è sufficiente che l’accusa abbia «un margine di verosimiglianza tra il 50,1 e il 49,9 per cento».

Condannato solo perché la storia è abbastanza verosimile, come per Brizzi, come per George Takei, Spacey e come per molti altri, compresa la Argento. L’unica sola differenza è che ne Takei e neppure Brizzi son scesi in piazza a chiedere che si desse sempre e solo ragione alla presunta vittima, ad urlare davanti ad ogni, ragionevole, dubbio al victim blaming.

DIFESA RITENUTA IRRILEVANTE. Così, al figlio è arrivata una lettera scritta «in modo molto vago» dai responsabili del campus con le accuse a lui rivolte, senza che fosse indicata alcuna prova della veridicità delle parole dell’ex fidanzata. Durante un’udienza di due ore al ragazzo è stata negata la possibilità di chiamare un avvocato e la sua difesa scritta è stata ritenuta «non rilevante». A quel punto, è arrivato l’sms sul cellulare di Grossman. «Fortunatamente – continua il procuratore di New York – io sono un avvocato e avevo i soldi per assistere mio figlio. Le accuse contro di lui sono alla fine cadute, (…) ma io mi rendo conto molto bene di quanto facilmente le cose sarebbero potute finire in modo diverso e quante volte finiscono effettivamente in modo diverso».

DIRITTI DELLE DONNE. E chi ha causato questo sistema malato? Il «politicamente corretto», che non garantisce a tutti un «giusto processo». «Io temo – conclude Grossman – che in questo clima l’obiettivo dei “diritti delle donne”, con il benestare delle misure del governo approvate a scopo politico e del tacito assenso degli amministratori dei college, rischi di trasformare le nostre più gloriose istituzioni in un groviglio di vipere pieno di ingiustizia. La sfrenata ortodossia femminista non è più una risposta quando si portano avanti politiche che vittimizzano le stesse vittime».

E se invece del figlio di un procuratore femminista di punta fosse stato un semplice ricercatore che magari ha ottenuto i titoli grazie a borse di studio ma senza “avvocati di grido” pronti a difenderlo? Penso che la signora sarebbe ancora convinta che il non prendere per oro colato quanto dichiara una presunta vittima sia becero victim blaming.

La morale della storia è la stessa di quanto adesso sta capitando ad altri: solo quando assaggi la tua zuppa ti rendi veramente conto del suo sapore.

 

Non possiamo aspettare i tempi della giustizia…

Sinceramente mi fa ridere che adesso molti pur di dar contro al governo gialloverde si mostrino scandalizzati della frase “non possiamo aspettare i tempi della giustizia…”

Fossero stati garantisti avrebbero avuto il mio plauso ed il mio sostegno ma molti che adesso si stracciano le vesti dov’erano quando Fausto Brizzi veniva processato e condannato a mezzo social? Quando per qualunque politico “inquisito” veniva spacciato per “condannato certo” anticipando tutti gli effetti della condanna; condanna che poi magari neppure arrivava perché “il fatto non sussiste”?

Se c’è una cosa che considero peggio dei forcaioli sono i forcaioli falso-garantisti, gente che, siccome si comporta come una porta logica NOT collegata a cascata con il dima o salveeny, se Bibi e Bobo fanno i forcaioli immediatamente passano alla modalità garantista. Se i due avessero invece dichiarato che bisognava aspettare le indagini prima di condannare invece sarebbero scesi in piazza a chiedere un paio di teste senza inutili lacci e lacciuoli burocratici come i processi.

E dovrei considerarli alternative credibili ai gialloverdi?

 

Media e narrazione giudiziaria; dichiarazioni interessanti della figlia di Schettino.

Ho trovato l’articolo pubblicato dall’unione sarda sulla figlia di Schettino e sulla sua difesa del padre molto interessante. Imho Schettino è stato trasformato nel capro espiatorio ideale che ha pagato le colpe di tutti, anche quelle non sue.

Perché penso questo? A quanto pare “l’inchino”, da quanto avevano riportato i giornali, nonostante fosse proibito era una prassi (1). Ed era una prassi perché sia la compagnia di navigazione, sia la capitaneria di porto non erano mai intervenute a “tirare le orecchie” a chi di dovere.  Aggiungiamo alla lista anche i sindaci che invece di far fuoco e fiamme per dei bestioni che navigano dove non dovrebbero, con gli ovvi rischi del caso, mandano lettere di ringraziamento. (2)

Il classico modus operandi italiota ove si ignorano bellamente le regole fin quando non succede il patatrac; a patatrac avvenuto scatta la caccia al capro espiatorio. In questo giro il capro espiatorio è stato il commandante Schettino. Tutta la narrazione si è concentrata su quanto fosse stato vigliacco Schettino e quanto fosse stato deciso il De Falco (3).

Sorgente: “Vada a bordo c…”, la telefonata “che ha crocifisso mio padre”: parla Rossella Schettino – Cronaca – L’Unione Sarda.it

Ha deciso di aprire un profilo Facebook per spiegare quello che pensa e, anche, accusare Gregorio De Falco. Lei è Rossella Schettino, 21 anni, figlia dell’ex comandante della Costa Concordia, naufragata davanti all’isola del Giglio il 13 gennaio 2012, provocando 32 morti, e che è detenuto a Rebibbia dopo la condanna a 16 anni di carcere.

Punto di partenza, scrive, è l’informazione “manipolata”: da uno screenshot si legge la probabile risposta di un giornalista che le dice “l’intervista è interessante, ma il direttore ha deciso di non pubblicarla”. “Vi pare normale?”, commenta Rossella.

Ti pare normale che dei giornalisti ammettano di aver narrato una storia invece di aver fatto informazione (ovvero enunciando i fatti nella maniera più oggettiva e poi inserito le loro idee in maniera che fosse chiaro quale fosse il fatto e quale l’interpretazione da parte del giornalista)?

“Sono 6 anni – aggiunge – che l’informazione intorno alla vicenda di mio padre è manipolata, a partire da quella telefonata di De Falco hanno iniziato a costruire la verità di comodo”.

La vicenda, nota, è quella relativa alla conversazione telefonica avvenuta la notte del naufragio tra Schettino e Gregorio De Falco, all’epoca alla capitaneria di Livorno, in cui quest’ultimo ordinava: “Vada a bordo c…” al comandante che, invece, era sceso dalla nave e si trovava su una scialuppa.

“In questi anni – prosegue il post della figlia del comandante – ho letto titoli di giornale che non avevano nessuna attinenza con la verità. Virgolettati attribuiti a mio padre su cose mai dette. Ancora in questi mesi ho dovuto leggere cose al limite del ridicolo. Hanno scritto che porto bottiglie di acqua di mare a mio padre e che se le versa in testa. È una cosa assurda ed anche totalmente inverosimile, non si può portare nessun liquido all’interno di un carcere. Questo solo per farvi un esempio delle totali falsità che si sono inventati per portare a termine quel progetto di demolizione personale e mediatica finalizzata allo scopo di creare il colpevole perfetto.”

“Credere essere informati – conclude – perché si leggono i giornali o si vede la televisione è un’illusione”.

Ha ragione: Schettino doveva essere il colpevole perfetto per salvare tutti gli altri attori nella vicenda; compagnia di navigazione, capitaneria di porto, autorità locali dell’isola del giglio. Questo giochetto è lo stesso che capitò con il processo dell’Aquila ai sismologi ed alla protezione civile. Anche in quel caso i colpevoli dovevano essere loro e prendersi le colpe delle omissioni fatte da comune e provincia(4). Se la son cavata, condanna demenziale in primo grado a parte, bene perché completamente innocenti. Purtroppo nel caso di Schettino, lui paga il fatto di avere un pezzo di colpa, di non essere completamente innocente.

E poi, ancora, punta il dito contro De Falco dopo la diffusione delle notizie su una presunta aggressione nei confronti della propria moglie e della figlia.

“Al di là di quale sia la realtà dei fatti e la misura dell’episodio mi indigna sentire che lui e la moglie si lamentino di essere vittime di strumentalizzazione mediatica. Lamentano inoltre che fatti famigliari e personali vengano riportati dai giornali, la signora De Falco dice ora che vuole siano tutelate le figlie. Ciò che mi indigna – prosegue Rossella Schettino – è che sia proprio De Falco a ritenersi vittima di una strumentalizzazione mediatica. Proprio lui che con la celebre telefonata del ‘Vada a bordo ca..o’, crocifisse mediaticamente mio padre”.

Oramai i processi vengono svolti mediaticamente e i media fanno a gara a costruire narrazioni, calpestando tutto e tutti, per vendere copie e convincere della validità delle loro idee. Non informano ma manipolano l’informazione per pilotare l’opinione pubblica ed in certi casi, emblematico il processo dell’Aquila, avere una condanna morale che giustifichi e richieda la condanna “giudiziaria”. Comportamento che io ritengo essere una pura barbarie.

Faccio però notare che, come dice giustamente Rossella Schettino, se uno abusa della tecnica “lancio della merda contro il ventilatore” ed ha successo, poi anche altri imiteranno. Umoristico che certi giornali che in tale prassi son diventati “campioni olimpionici” siano i primi a lagnarsi di tali comportamenti.

(…) “Ma la cosa più grave – aggiunge – fu la divulgazione di quella telefonata nell’esclusivo interesse di De Falco. Fu utile solo a lui che ottenne la visibilità e la notorietà cui ambiva. Quella telefonata doveva rimanere agli atti processuali come tutte le telefonate intercorse quella notte. Invece, stranamente, il file venne fatto pervenire alla stampa come se una lunga mano sapesse esattamente dove attingere. Ricordo che a seguito di quella divulgazione venne aperto un fascicolo per fuga di notizie dimenticato poi chissà dove e chissà perché. Non dimentico neppure che accusò mio padre di aver portato via la scatola nera della nave, salvo poi dover ritrattare quell’accusa il giorno successivo”.

Anche qui son d’accordo: oramai le intercettazioni escono al solo fine del supporto al lancio della merda contro il ventilatore.

(1): fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2012/01/17/news/inchini-28311018/

Da anni è in funzione l’Ais, un sistema internazionale per controllare il traffico marittimo. Che rivela: ben 52 volte la Costa Concordia aveva fatto passaggi ravvicinati all’isola. Comportamento mai sanzionato. Per evitare la tragedia, bastava garantire il rispetto delle norme sulla navigazione
di FRANCESCO VIVIANO

Lo sono stati fino a qualche ora prima della tragedia sulla Costa Concordia che ha provocato morti e feriti incagliandosi sulla scogliera davanti al porto dell’Isola del Giglio. Repubblica.it lo ha documentato nei giorni scorsi: nei registri delle capitanerie di porto che dovrebbero controllare il traffico marittimo, emerge che la “Costa Concordia” – così come tutte le altre navi in zona e in navigazione nel Mediterraneo e nei mari di tutto il mondo – era “seguita” da Ais, un sistema internazionale di controllo della navigazione marittina che è stato attivato da alcuni anni e reso obbligatorio da accordi internazionali dopo gli attentati dell’11 settembre (in funzione anti-terrorismo) e dopo tante tragedie del mare avvenute in tutto il mondo.

L’Ais viene utilizzato (e lo è stato anche nel caso della Costa Concordia) proprio per evitare collisioni tra navi in navigazione o altri tipi di incidenti. E questi sistemi, allestiti dalla società Elman Srl di Pomezia, sono attivi in tutte le capitanerie di porto italiane. Con un comando centrale a Roma – al comando generale della Guardia Costiera – e giù giù fino ai grandi porti ed i piccoli centri della Guardia Costiera sparsi in tutte le isole del Mediterraneo. Come provano i tracciati, registrati dal sistema Ais, quindi visibili a tutti, anche la “Costa Concordia” era sotto monitoraggio. Ma nessuno, alle 21.24 di quella tragica sera, quando quel bestione di acciaio ha virato improvvisamente di 45 gradi dirigendosi verso l’isola del Giglio, ha ritenuto di intervenire chiamando via radio il comandante Francesco Schettino, anche per sapere se era accaduto qualcosa di anomalo. (…)

Si è scoperto così che quel passaggio così vicino all’isola del Giglio era un omaggio all’ex comandante della Costa Concordia Mario Palombo ed al maitre della nave che è dell’isola del Giglio. Si è scoperto anche che per ben 52 volte all’anno quella nave aveva fatto gli “inchini”. Inchini che fino all’altro giorno, fino a prova contraria, erano stati tollerati: nessuno fino ad allora aveva mai chiesto conto e ragione ai comandanti di quelle navi. Nessuno aveva cercato di capire perché passassero così vicini alla costa dove per legge è anche vietato (se una piccola imbarcazione sosta a meno di 500 metri dalle coste, se beccata dalle forze dell’ordine, viene multata perché vietato). Figuriamoci se a un bestione come la Costa Concordia è consentito “passeggiare” in mezzo al mare a 150-200 metri dalla costa. Il comandante Schettino, come confermano le indagini e le conversazioni radio con la capitaneria di porto di Livorno, ha fatto errori su errori, ma nessuno prima gli ha vietato di avvicinarsi troppo all’isola del Giglio. Quando si è incagliata era troppo tardi.

(2) fonte: http://firenze.repubblica.it/cronaca/2012/01/16/news/tra_poco_la_nave_passa_vicino_vicino_in_rete_l_annuncio_del_passaggio_al_giglio-28209882/

“Tra poco la nave passa vicino vicino” In rete l’annuncio dell’ ‘inchino’ al Giglio
La sorella del maitre della Concordia invita gli amici a guardare la nave avvicinarsi all’isola. E ad agosto il sindaco ringraziava il comandante di un’altra imbarcazione Costa per l’omaggio all’isola

(3) Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/25/costa-concordia-capitano-de-falco-trasferito-in-un-ufficio-e-mobbing/1132689/

Che nonostante “l’eroismo” è poi stato trasferito.  a voler malignare penserei per evitare che si scavasse a fondo sulle responsabilità della capitaneria di porto di livorno.

Ogni pretesto è buono per fare una sceneggiata…

Stavo leggendo la lettera delle donne del cinema italiano contro le molestie. Imho una gran paraculata per avere visibilità, frignare un pochettino e magari strappare qualche contentino o, per quelle oramai fuori dal giro, qualche comparsata nei salotti televisivi.
Per il resto i soliti vacui luoghi comuni e le solite bufale che vedono le donne sempre e solo come sante vittime.

Fonte: http://www.repubblica.it/spettacoli/people/2018/02/01/news/dissenso_comune_le_donne_del_cinema_italiano_contro_le_molestie_contestiamo_l_intero_sistema_-187823453/

Oltre 120 attrici, registe, produttrici, donne che lavorano nella comunicazione dello spettacolo, hanno sottoscritto una lettera che muove dal caso Weinstein. Un testo che non vuole puntare il dito contro un singolo ‘molestatore’ ma l’intero sistema di potere

Parliamo della prima paraculata: non vuole puntare il dito contro il singolo ma contro il sistema. Mentre il sistema si può accusare anche a vanvera di tutto e di più senza dover avere per forza l’onere della prova. Mentre accusare il signor Tizio Caio di essere un molestatore e non essere in grado di dimostrarlo in tribunale porta il rischio che poi il signor Tizio Caio denunci a sua volta per calunnia.
No, no, meglio prendersela con il sistema (o qualche altro nemico immaginario).

Piacere. Io sono il sistema.

Si chiama Dissenso comune ed è una lettera manifesto firmata da 124 attrici e lavoratrici dello spettacolo. Due mesi di incontri e confronti tra un gruppo sempre più largo di donne, per intervenire con la forza di un collettivo e non lasciare che le testimonianze dei mesi scorsi restassero solo voci isolate. Il primo passo verso una serie di iniziative per cambiare il sistema, non solo nel mondo dello spettacolo: “Unite per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini”.

DISSENSO COMUNE
Dalle donne dello spettacolo a tutte le donne. Unite per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini.

Da qualche mese a questa parte, a partire dal caso Weinstein, in molti paesi le attrici, le operatrici dello spettacolo hanno preso parola e hanno iniziato a rivelare una verità così ordinaria da essere agghiacciante. Questo documento non è solo un atto di solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza. Noi vi ringraziamo perché sappiamo che quello che ognuna di voi dice è vero e lo sappiamo perché è successo a tutte noi con modi e forme diverse.

Bene, le prove prego. Prove a prova di tribunale, non la fallacia ad populum. Anche se tutta la gggente credesse che la terra sia ferma al centro dell’universo lei “eppur si muove”.

Noi vi sosteniamo e sosterremo in futuro voi e quante sceglieranno di raccontare la loro esperienza. Quando si parla di molestie quello che si tenta di fare è, in primo luogo, circoscrivere il problema a un singolo molestatore che viene patologizzato e funge da capro espiatorio. Si crea una momentanea ondata di sdegno che riguarda un singolo regista, produttore, magistrato, medico, un singolo uomo di potere insomma. Non appena l’ondata di sdegno si placa, il buonsenso comune inizia a interrogarsi sulla veridicità di quanto hanno detto le “molestate” e inizia a farsi delle domande su chi siano, come si comportino, che interesse le abbia portate a parlare. Il buon senso comune inizia a interrogarsi sul libero e sano gioco della seduzione e sui chiari meriti artistici, professionali o commerciali del molestatore che alla lunga verrà reinserito nel sistema. Così facendo questa macchina della rimozione vorrebbe zittirci e farci pensare due volte prima di aprire bocca, specialmente se certe cose sono accadute in passato e quindi non valgono più.

Il buon senso, e guardacaso anche la costituzione più bellissima del mondo, dice che la responsabilità penale è personale. Poi il buon senso dice anche che per condannare una persona servono delle prove, prove che devono reggere ad un dibattimento in tribunale. Dice anche che l’onere della prova è lasciato a chi accusa e non a chi deve diffendersi. Qual’è l’alternativa? Accuse basate sul “si dice che…”, “è noto che…” che da congetture diventano prove evidentissime, che siccome una donna ha commesso infanticidio tutte le donne son potenziali infanticide, che è sempre colpa della strega perché è la strega… In pratica il ritorno al medioevo ed ai processi in piazza con la folla che ti spediva sul rogo perché eri una strega senza tanti cavilli legali. Tutto bellissimo tranne quando finivi tu sulle fascine. Questo è il caso di una femminista che si è ricreduta del fatto che l’essere pisello-forniti sia valida prova di colpevolezza, si è ricreduta quando nel tritacarne c’è finito il figlio…

Insomma, che non si perda altro tempo a domandarci della veridicità delle parole delle molestate: mettiamole subito in galera, se non in galera al confino, se non al confino in convento, se non in convento almeno teniamole chiuse in casa. Questo e solo questo le farà smettere di parlare! Ma parlare è svelare come la molestia sessuale sia riprodotta da un’istituzione. Come questa diventi cultura, buonsenso, un insieme di pratiche che noi dovremmo accettare perché questo è il modo in cui le cose sono sempre state, e sempre saranno.

Vogliamo l’inversione dell’onere della prova? quindi se venisse accusato un marito, un figlio, un fratello o anche una “sorella di lotta” questa dovrebbe andare al gabbio senza passare dal via perché la presunta vittima ha sempre ragione e deve essere l’accusato a discolparsi?

Leggendo le firme a corredo mi è venuta in mente questa vecchia battuta: “tutte le donne sono troie tranne la mamma, la moglie, la sorella e la figlia.”; fra i nomi delle firmatarie ci son sorelle, figlie, mogli di registi e attori famosi. Anche babbo, il fratellino, il marito sono o eranio parte del sistema? o il fatto di essere “il padre, il fratello, il marito” è per loro cagione di salvezza qualora venissero accusati di far parte del sistema?

La scelta davanti alla quale ogni donna è posta sul luogo di lavoro è: “Abituati o esci dal sistema”.

Non è la gogna mediatica che ci interessa. Il nostro non è e non sarà mai un discorso moralista. La molestia sessuale non ha niente a che fare con il “gioco della seduzione”. Noi conosciamo il nostro piacere, il confine tra desiderio e abuso, libertà e violenza.

Bene quali sono i limiti? come distinguere il gioco della seduzione dalla molestia e il gioco della seduzione dall’esposizione e dalla vendita della mercanzia? Decidere dopo cinque e passa anni che non era seduzione ma era molestia come si pone?

Perché il cinema? Perché le attrici? Per due ragioni. La prima è che il corpo dell’attrice è un corpo che incarna il desiderio collettivo, e poiché in questo sistema il desiderio collettivo è il desiderio maschile, il buonsenso comune vede in loro creature narcisiste, volubili e vanesie, disposte a usare il loro corpo come merce di scambio pur di apparire. Le attrici in quanto corpi pubblicamente esposti smascherano un sistema che va oltre il nostro specifico mondo ma riguarda tutte le donne negli spazi di lavoro e non.

Femminismo uber alles…

La seconda ragione per cui questo atto di accusa parte dalle attrici è perché loro hanno la forza di poter parlare, la loro visibilità è la nostra cassa di risonanza. Le attrici hanno il merito e il dovere di farsi portavoce di questa battaglia per tutte quelle donne che vivono la medesima condizione sui posti di lavoro la cui parola non ha la stessa voce o forza.

Magari qualche aiuto concreto per la poveraccia veramente sotto ricatto sarebbe gradito più che grandi pipponi pseudomoralistici a scopo pubblicitario.

La molestia sessuale è fenomeno trasversale. È sistema appunto. È parte di un assetto sotto gli occhi di tutti, quello che contempla l’assoluta maggioranza maschile nei luoghi di potere, la differenza di compenso a parità di incarico, la sessualizzazione costante e permanente degli spazi lavorativi. La disuguaglianza di genere negli spazi di lavoro rende le donne, tutte le donne, a rischio di molestia poiché sottoposte sempre a un implicito ricatto. Succede alla segretaria, all’operaia, all’immigrata, alla studentessa, alla specializzanda, alla collaboratrice domestica. Succede a tutte.

Alè piagnisteo e bufale per pietire. Le donne guadagnano meno, lo dice la statistica. Ma la statistica dice anche che le donne fanno più assenze, fanno meno straordinario, fanno lavori meno rischiosi (il 90% delle morti bianche ha il pisello) e son più lente nel ragionare. Mi sembra che tali argomenti giustifichino ampiamente il gender gap. Comunque sarei curioso di vedere un contratto collettivo di lavoro italiano dove viene prevista, per i maschietti e solo per loro, l’indennità di pisello…

Nominare la molestia sessuale come un sistema, e non come la patologia di un singolo, significa minacciare la reputazione di questa cultura.

Noi non siamo le vittime di questo sistema ma siamo quelle che adesso hanno la forza per smascherarlo e ribaltarlo.

Noi non puntiamo il dito solo contro un singolo “molestatore”. Noi contestiamo l’intero sistema.

Questo è il tempo in cui noi abbiamo smesso di avere paura. (Seguono firme)

 

Sinceramente: mi sembra solo una campagna pubblicitaria che sfrutta il moda del momento per farsi tanta pubblicità a basso costo.  Perché se ne parla solo adesso “che è diventato una moda”?  Perché tanta gente che ieri era bene ammanigliata adesso denuncia il sistema? A pensar male direi che passare per povera vittima è meglio di passare per complice.

È la tua minestra darling, gustatela tutta fino in fondo.

Non sono un forcaiolo e ritengo che chiunque: la Di Vita, e gli altri stellini indagati, come Napolitano e tanti altri abbiano diritto ad un equo processo ed al rispetto delle regole processuali, regole fra le quali ci sono il segreto istruttorio e la presunzione di innocenza. Però non posso fare a meno di rilevare che, se ci si iscrive al partito degli amanti della ghigliottina, sia un poco ipocrita lagnarsi che si è finiti  scapitozzati.

La situazione è la solita, squallida, festa dell’ipocrisia: verso i nemici si urla alla trasparenza, al diritto del popolo di sapere, si stupra l’articolo 15 della Costituzione1, quando è il proprio turno di finire nel tritacarne mediatico ci si scopre di botto garantisti. Mi spiace per loro ma non posso fare a meno di notare che spesso chi adesso gli sta attaccando, dall’interno, lo sta facendo urlando gli stessi slogan che loro stessi, fino a cinque minuti prima, urlavano; applaudendo gli stessi comportamenti, la divulgazione di intercettazioni coperte da segreto istruttorio, che loro stessi applaudivano.

È la tua minestra darling, gustatela tutta fino in fondo.

(grassetti miei)

Di Vita spiega così la decisione di non  rispondere ai magistrati: “Nonostante il contenuto dell’interrogatorio sia coperto da segreto istruttorio pare che invece sia tutto di pubblico dominio, e quindi sì, anche io come i colleghi Nuti e Mannino mi sono avvalsa della facoltà di non rispondere, diritto sancito dal codice di procedura penale, e non ho rilasciato il saggio grafico.
(…)
“Chi si è autosospeso, a quanto pare, è chi si è autoaccusato o ha confermato le accuse. Mi sembra un passaggio sacrosanto a cui fare seguire quanto prima le dovute dimissioni, proprio per questo l’autosospensione di chi è stato accusato ingiustamente non sta né in cielo né in terra, questo ovviamente è il mio personale pensiero e il motivo per cui non ho proceduto ad autosospendermi nonostante i tanti distinguo del fuoco amico”.

Sorgente: Di Vita: “Siamo innocenti Gli autosospesi si dimettano” – Live Sicilia


(Pietro Senaldi che intervista Luigi di Maio) Allora è vero che è un giustizialista…
(Di Maio) «Non sono a favore della presunzione d’ innocenza per i politici. Se uno è indagato, deve lasciare, lo chiedono gli elettori».

Sorgente: Luigi Di Maio: “Avevano una banca, Renzi e Boschi dite la verità” – Libero Quotidiano


Roma – «Gli italiani hanno il diritto di sapere cosa si sono detti un indagato e il presidente della Repubblica (anche se discorrevano di bocce). Napolitano ha il dovere di far pubblicare le intercettazioni. (…)
Questo via vai di telefonate ha alimentato nell’opinione pubblica italiana un certo sospetto che è diventato gigantesco da quando Napolitano ha iniziato a battersi come il Berlusconi dei tempi d’oro per distruggere i nastri delle conversazioni quirinalesche. I giudici hanno già dichiarato che non c’è nulla di penalmente rilevante e, allora, perché non renderle pubbliche? » (la norma prevede che le intercettazioni non penalmente rilevanti debbano essere distrutte, sia che riguardino il presidente della repubblica, sia che riguardino invece un anonimo Tizio. NdA).«Pronto chi parla? Sono Grillo, signor presidente – ironizza Grillo – avrei una multa per sosta vietata, può aiutarmi?».

Sorgente: Grillo: «Napolitano ha il dovere di far pubblicare le intercettazioni» | italia | Il Secolo XIX

 


  1.  La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
    La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. 

My two cents sulla vicenda di Ilaria Capua.

Ilaria Capua (Roma, 21 aprile 1966) è una virologa e politica italiana, nota per i suoi studi sui virus influenzali e in particolare sull’influenza aviaria e, dal 2013, deputata per Scelta Civica.

Nel mese di aprile 2014, secondo quanto scritto dal settimanale l’Espresso il 4 aprile 2014, viene iscritta nel registro degli indagati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, abuso di ufficio e traffico illecito di virus.  Indagine che coinvolgeva in tutto 38 persone compreso il marito della Capua.  Il settimanale l’Espresso riporta di una presunta cessione illecita di stipiti virali ad aziende farmaceutiche per la produzione di vaccini veterinari e sfruttamento illecito dei diritti del brevetto DIVA con la costituzione di un cartello di industrie farmaceutiche veterinarie per il controllo di epidemie H7 nel pollame negli anni 1999-2006. Accuse dalle quali è stata completamente prosciolta adesso, ai primi di luglio del 2016.

Che dire? in primo luogo nella pagina di wikipedia sulla dott.ssa Capua c’è scritto

Nel 2013 si è candidata alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, come capolista di Scelta Civica nella circoscrizione Veneto 1, venendo eletta deputata per la XVII Legislatura.

Dal 7 maggio 2013 è Vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera ma non viene riconfermata il 21 luglio 2015 in quanto indagata.

Che mostra come un indagine, anche farlocca, possa diventare uno strumento di ostacolo all’azione politica dei parlamentari. Se i padri costituenti misero nella costituzione l’immunità parlamentare è perché ritennero la libertà del parlamentare, pur con tutti i rischi di abuso possibili, migliore rispetto al permettere a qualcuno di tenere sotto scacco i parlamentari ostacolandoli. Sinceramente fra la costituzione, e i connessi rischi di abuso di quest’ultima, e il santo tribunale del bobolo, preferisco senza alcuna ombra di dubbio la prima.

Seconda cosa: anche in questo caso c’è stato il solito giochetto dei media di celebrare il processo mediatico e giungere a sentenza mediatica prima ancora che venga svolta l’udienza preliminare.

Fonte: http://www.huffingtonpost.it/riccardo-luna/ilaria-capua-prosciolta_b_10818874.html

Via tutto il fango, resta la verità: Ilaria Capua è una scienziata, una grande scienziata italiana apprezzata in tutto il mondo, ingiustamente accusata di reati gravissimi (per uno di questi era previsto l’ergastolo); ma non c’è stato nemmeno bisogno di processarla per scoprire come stavano le cose.

Nell’udienza preliminare, quella che avrebbe dovuto rinviarla a giudizio chiudendo una inchiesta di undici anni, è stata prosciolta. (…)

Ho ripensato a un messaggio che mi era arrivato un paio di anni fa. Era allarmata, quel giorno, Ilaria. Aveva ricevuto una telefonata da un giornalista dell’Espresso che le chiedeva una dichiarazione a proposito di una inchiesta giudiziaria. Non era chiaro di cosa si trattasse, ma sembrava roba grave. Lo era. Due giorni dopo il settimanale aveva la storia in copertina: Trafficante di virus, era il titolo che dava in conto di una inchiesta partita in America tanto tempo prima e poi approdata in Italia, a Roma. C’erano state intercettazioni telefoniche che sembravano inchiodarla.

Ilaria Capua era un mostro ed era stata sbattuta in prima pagina. (…)

giochetto che spiega benissimo l’imbarbarimento della giustizia; il bobolo vuole la giustizia del telefilm dove il buono è il buono e dove il cattivo è il cattivo e il cattivo viene sempre punito nei 30′ canonici della puntata, non quella reale dove il giudice è un tizio che deve stabilire quanta ragione e quanto torto abbia Caio e quanto Sempronio. E i media stuzzicano e sobillano. Chiedono capri espiatori da dare al bobolo, come nel caso del processo per il terremoto dell’aquila, e urlano.  Come quegli inquisitori che sobillavano i popolani contro gli eretici e contro le streghe per poi, davanti alle accuse di barbarie, sostenere di non essere stati loro quelli che materialmente hanno spedito la poveraccia al rogo.

Come detto altre volte la giustizia del bobolo è sì rapida e veloce ma raramente precisa ed equa, e spesso finisce per ritorcersi contro chi di essa si fa paladino, la storia è piena di esempi: da masaniello a robespierre. E sinceramente vivere durante una riedizione del “terrore” non so quanto possa essere piacevole.

Un ultima cosa, sempre dall’articolo citato sopra:

Dagli Stati Uniti, però, dove l’inchiesta madre era partita e si era chiusa nel giro di poco più di un anno

Come mai negli Stati Uniti quando l’accusa si accorge di non avere nulla in mano, o che si è infilata in un vicolo cieco, smette e non si intestardisce a far svolgere un processo che è sicura di perdere? Perché? Perché invece in italia si è indagato per 10 anni per poi arrivare al GIP che assolve in quanto “il fatto non sussiste”?

 

sulle intercettazioni e sulla loro divulgazione

attenzione, post ad altissimo livello polemico.

Stavo leggendo su FB i commenti a questa notizia:

http://urbanpost.it/malasanita-medici-in-arresto-dopo-intercettazioni-le-abbiamo-sfondato-la-vagina

Con le accuse sono arrivate anche quelle intercettazioni pubblicate dal quotidiano Il Dispaccio; un vero e proprio circo verbale degli orrori che ha svelato i crimini dei medici: primo fra tutti il primario (…) che durante una telefonata racconta di essere scappato dall’ospedale con una scusa e di aver spento il cellulare quando al primario è morto un neonato, questo per paura di essere richiamato in reparto. Oppure, durante una telefonata (…)  parla dei problemi di una paziente e di come le abbia sfondato la vagina. E ancora, in un’altra intercettazione (…) racconta di come, durante un intervento molto delicato per un carcinoma dell’endometrio, sia rimasto con l’utero della paziente in mano. Tutte queste frasi ed espressioni erano accompagnate da risate e prese in giro sui pazienti.

Ed era tutto un fiorire di richieste di roghi e di linciaggi sulla pubblica piazza. Che dire? Sinceramente una volta che hai i riscontri oggettivi alla scarsa professionalità dei medici le intercettazioni non servono a nulla, hai le prove che inchiodano e che son sufficienti per condannare, a cosa servono le parole al vento? Perché quindi far uscire tali intercettazioni? A cosa servono?

Servono a dimostrare che gli indagati son “persone di merda”, come avevano commentato alcuni miei contatti su FB? Beh, sarò controcorrente ma l’essere “persone di merda” non è un reato ed è assurdo e aberrante pertanto l’essere condannati per quel motivo, mentre è giusto invece l’essere condannato per lesioni colpose, corruzione, falsificazione di cartelle cliniche. Che al telefono si sia disperato o che l’abbia presa a ridere non sposta, o meglio non dovrebbe spostare, di un millimetro la situazione in cui si trova l’indagato.

Sarò un gombloddista ma ho l’impressione che quelle intercettazioni siano uscite per “dimostrare” l’utilità delle intercettazioni, per far sapere al bobolo con che “persone di merda (cit.) ha a che fare” e che quindi le intercettazioni siano utilissime per condannare tali persone di merda. Un modo, non tanto mascherato, per dire: vedete cosa vogliono fare togliendoci le intercettazioni? Vogliono lasciare impunite simili “persone di merda”.

Mi dispiace ma non son d’accordo; Preciso meglio il mio pensiero

E’ giusto che le intercettazioni siano utilizzate come indizio, come strumento di ricerca delle prove ma, se non vengono trovati riscontri oggettivi, e in questo caso almeno a leggere i giornali di riscontri oggettivi, prove, ne esistono a bizzeffe, devono essere considerate solo parole al vento e quindi neppure citate.

Non è giusto che le intercettazioni vengano utilizzate per avere svolgere processi mediatici ed avere una “condanna morale” prima della condanna giudiziaria. Chi deve pronunciare la sentenza è il giudice e la deve pronunciare basandosi sugli atti, tutti, del processo. Non il bobolo basandosi su quelli accuratamente selezionati e montati ad arte dai media. Una cosa che molti dimenticano è che due torti non fanno una ragione. E che il piegare la legge per fare da “vigilantes” è, pur con tutte le buone intenzioni del mondo, un comportamento aberrante.

Un ultima cosa: è in situazioni come questa che si distinguono i garantisti dai paraculi; essere garantista significa chiedere che le leggi a garanzia dell’imputato o del condannato siano applicate sempre e comunque, anche se il condannato è una persona deliziosa come Breivik*. Fare i garantisti con gli SMS della Falchi è facile, un poco meno in situazioni come queste. Pertanto, tanto di cappello ai giudici norvegesi.

*amaramente ironico per chi non l’avesse capito.

 

Sollecito commentatore, ecchissene…

Raffaele Sollecito verrà chiamato a commentare casi di cronaca nera per una trasmissione mediaset. E come al solito si scatenano le polemiche.

Due questioni: la prima è che il signor Sollecito essendo stato assolto, è un libero cittadino e, pertanto, può fare tutto quello che gli pare come qualunque altro libero cittadino, dal commentatore di cronaca nera alla velina, senza che nessuno possa o debba metterci il becco. Non ha alcuna limitazione alla sua libertà se non quelle comuni a tutti i cittadini. Ragionamenti del tipo: è stato inquisito per avere ucciso quindi non può, non stanno ne in cielo e neppure in terra. Per me son da classificare come deliri di giustizialisti da strapazzo o da sfigati che sfruttano la notizia per avere un poco di visibilità magari piazzando qualche polemica gratuita. Come capitato in certi giornali che trattano di fatti quotidiani nei loro “magazine” associati. Se  è squallido chiamare solo per stuzzicare la morbosità, il polemizzare solo per sfruttare di riflesso tale morbosità lo trovo doppiamente squallido.

La seconda invece riguarda proprio il motivo per cui è stato scelto: il persistere di una attenzione morbosa verso certi fatti di cronaca, come quello che lo ha coinvolto. Questa attenzione morbosa genera “odiens” e porta la gente a guardare la sua trasmissione; trasmissione che verrà guardata perché c’è lui che commenta. Il fatto che tratti di cronaca nera è marginale, serve solo a spingere di più la morbosità; le polemiche e i commenti che si sentono ci sarebbero stati anche se la trasmissione fosse stata una televendita di pentole.

Purtroppo i processi non terminano, come già visto nel caso Scattone, con la sentenza, l’eventuale condanna e la sua espiazione, ma devono continuare all’infinito, ancor di più se il verdetto ultimo del tribunale è diverso dal verdetto del tribunale del bobolo. Popolo che, pur avendo informazioni parziali e una visione facilmente manipolabile, pretende di sostituirsi ai giudici e, cosa peggiore, anela a solenni porcate in nome di una farlocca moralità superiore.

Un ultima cosa: se Tizio è colpevole, oltre ogni ragionevole dubbio, e però viene assolto allora o da parte degli inquirenti o da parte dei giudici ci deve essere sicuramente stata scarsa professionalità o malafede. Ma in tal caso sarebbe coerente chiedere, oltre alla condanna di Tizio da parte del tribunale del popolo, quarto grado di giudizio posteriore alla corte di cassazione, anche che vengano presi provvedimenti verso chi, con la sua scarsa professionalità o malafede, ha cagionato tale assoluzione. Eppure di quest’ultima richiesta, anche nei più sfegatati gazzettini dei forcaioli, non c’è traccia.

PS

il modo migliore per boicottare la trasmissione sarebbe non guardarla e non parlarne. Polemizzare è solo tanta pubblicità gratuita.

Scattone a scuola, ecchissene…

Stavo leggendo le polemiche perché Scattone, condannato a 5 anni per l’omicidio colposo di marta russo è stato, in quanto vincitore di regolare concorso, assunto a scuola in ruolo.

Ho provato disgusto, non per la vicenda, ma per la mentalità forcaiola e vendicativa di molti commentatori. Il tipo è stato condannato ed ha espiato la pena, non è stato riconosciuto più pericoloso per la società e quindi può legittimamente reinserirsi. Non è stato interdetto dai pubblici uffici quindi per la legislazione vigente nulla osta che prenda servizio. Anzi il chiedere che, nonostante la fine della pena questa continui ad avere effetti sine die, mi sembra alquanto ipocrita. Allora si abbia il coraggio di chiedere che, in caso di omicidio anche colposo, che all’assassino venga tagliata direttamente la testa. Sarebbe più onesto intellettualmente e più pietoso rispetto a una condanna ad un ergastolo di fatto.

Invece in internet è il solito fiorire di buuuu… da parte dei paladini da tastiera senza macchia e senza paura del ridicolo, qualche decerebrato attribuisce la colpa della sua assunzione alla legge “la buona scuola” e a Renzi, imho coprendosi solo di ridicolo visto che mostrano platealmente di cadere con entrambi i piedi nella fallacia “per hoc ergo propter hoc”(1).

Purtroppo il paladino da tastiera medio vive in un suo mondo dove non esiste la legge o meglio la legge deve essere il riflesso della sua morale. Quello che lui considera immorale deve essere illegale mentre quello che lui considera morale non deve essere sanzionato dalla legge. Purissima ipocrisia. Preferisco un paese in cui una persona riconosciuta colpevole di omicidio colposo possa, espiata la pena,  reinserirsi nella società ad una società dove la giustizia è amministrata a cazzo sulla base degli umori della plebe e delle urla di piazza. La “giustizia di pancia” non è giustizia, è barbarie medievale(2). Barbarie che speravo fosse terminata dopo Beccaria e l’illuminismo.

E la colpa di questo ritorno al medioevo è anche di giornalisti che, per qualche click in più, vanno a solleticare tale pancia e sparano titoli ad effetto come quello del fatto quotidiano: “Giovanni Scattone assunto con la Buona Scuola. Nel ’97 uccise Marta Russo”.

(1) L’assunzione in ruolo è a causa della vittoria nel concorso scolastico del 2012. La buona scuola non c’entra nulla.

(2) Parliamo del caso della “fortezza da basso”, se si fosse data retta alla pancia del paese, i sei assolti a seguito di 29 gravi menzogne dell’accusatrice ed all’assenza di riscontri alle accuse loro rivolte, sarebbero dovuti essere linciati sulla pubblica piazza. La giustizia di pancia non vuole torti e ragioni, vuole la strega o l’eretico da spedire al rogo.