avere opinioni diverse, e manifestarlo, non è proibito dalla legge…

… e siccome non è esplicitamente ed espressamente proibito allora è permesso.

riprendo un mio vecchio articolo che scrissi durante le polemiche riguardo all’approvazione della legge Cirinnà sui patti di civile convivenza,  perché ho notato che il manifesto “pro vita” sta scatenando le stesse reazioni che avevano scatenato le sentinelle in piedi.

Un sacco di reazioni scomposte di gente che desidera che le opinioni, qualsiasi esse siano, che non condivide sia resa illegale e pertanto censurabile. Molti si twitter si lamentavano dell’illegalità del manifesto ma, quando veniva posta la domanda precisa su quale legge avesse violato quel manifesto, svicolavano o non rispondevano.

Questo tread nato a seguito di un tweet di marco cappato è illuminante

Marco Cappato
Tengo a precisare che considero la rimozione del manifesto anti-abortista un atto di censura, come tale ingiustificabile.

DoctorB
‘Hate speech’ è un reato in molti paesi. Manifesti apertamente razzisti o promotori di violenza, terrorismo o discriminazione non posso ne debbono essere tollerati da uno Stato civile. Lo stesso vale dunque per il manifesto al quale si riferisce. Tweet sbagliato, caro Cappato.

Marco Cappato
Che contenesse una istigazione del tipo di quelle da Lei citate mi pare quantomeno opinabile.

DoctorB
Terrorismo psicologico, discriminazione sulla base di scelte lecite e personali, potenzialmente anche istigazione alla violenza contro coloro le quali quelle scelte le hanno legittimamente compiute. La mia ‘opinione’ è questa e plaudo quindi la scelta di rimuovere il manifesto.

Istigazione alla violenza? terrorismo psicologico? discriminazione?  Interessante notare come si cerchino pretesti per nobilitare una bieca censura. Non è stato comunque un caso isolato; molti battevano con forza sull’illegalità del manifesto perché esercitava “violenza psicologica”.

Il problema è che banalizzare così la violenza psicologica facendola apparire come un jolly per consentire a frignoni capricciosi di non sentire cose che non condividono significa, come prima cosa, far considerare bugiardo e frignone anche chi tale violenza la subisce realmente.

Prendiamo il caso del fascismo; a furia di frignare che Salvini era fascista, Di maio idem, Renzi pure, chiunque non sia d’accordo completamente con me è fascistissimo, che qualunque “vera sinistra DOCG IGP, diffidate dalle imitazioni” diversa dalla mia sia fascista, si è persa la drammaticità del periodo fascista e oramai la parola fascista ha perso qualsiasi significato legato al periodo diventando al più un sinonimo di bulletto e di stronzo.

Per il resto uno dei capisaldi della democrazia è che “ciò che non è proibito espressamente dalla legge è permesso” e l’avere opinioni diverse, se si rimane nei binari della legge, ovvero senza cadere in insulti, diffamazioni,  ingiurie, calunnie et simili, è una cosa perfettamente lecita. Per quanto le opinioni possano essere non condivisibili e riprovevoli.

L’alternativa è uno “stato etico” dove ciò che è lecito e ciò che non lo è non lo decide la legge ma lo decidono gli umori della piazza, ovvero un ritorno al periodo della caccia alle streghe di Salem. Ed io non ci tengo a tornare a quel periodo.

Un ultima riflessione; si è, realmente, per la libertà di parola se si è disposti, in suo nome, a sentire anche idee che non ci trovano d’accordo e che mai condivideremo. Altrimenti non si è per la libertà di parola ma solo per il capriccio di voler dire quello che piace e che nessuno possa dire quello che invece non ci piace.

Qui riporto parte di quello che scrissi a suo tempo:

Siccome non esiste una legge che mi vieta di chiedere l’abrogazione dell’articolo 3 della costituzione io sono libero di manifestare, pacificamente e nel rispetto della vigente normativa, per chiedere che venga abrogato.  (…) non esiste alcuna legge che vieta di manifestare contro un DDL proposto in parlamento quindi io posso manifestare contro quel DDL…

È lo stato liberale darling. Sei libero di preferire una dittatura e di manifestare per quello. Però poi, se vieni accontentato ma la dittatura non ti garba, non piangere…

Io continuo a preferire lo stato liberale.

Flash mob dei bimbi sullo Ius soli: a Iglesias infuria la polemica – Cronaca – L’Unione Sarda.it

Premessa: ho alcune perplessità riguardo alla legge, impropriamente chiamata dello ius soli1 attualmente in discussione al senato.

Comunque penso che i docenti abbiano sbagliato ed abusato del loro ruolo nell’organizzare il flash mob usando i loro studenti come testimonial. Sbagliato per due motivi: piaccia o no il rapporto studente-docente non è paritetico; la domanda che mi verrebbe da fare è: quanti hanno partecipato perché convinti (loro o le loro famiglie) e quanti per non scontentare il docente?

A scuola non si dovrebbe fare politica per il semplice motivo che il rapporto studente – docente non è paritetico e, come mi è capitato personalmente, i giudizi di merito di un docente sul discente possono venire influenzati anche dal giudizio del docente sulle idee politiche possedute dal discente. Ancora peggio se un docente abusa del suo ruolo per far propaganda, o far fare propaganda, per la sua fazione ai sui studenti, soprattutto se son bambini.

Cosa ne possono capire di ius soli e di problematiche politiche dei bambini? che idee autonome possono avere se non l’accodarsi alle idee di un adulto che hanno come riferimento? Buffo che molti che si lamentano ogni giorno che vogliono trasformare la scuola in indottrinamento, siano i primi ad indottrinare.

Sorgente: Flash mob dei bimbi sullo Ius soli: a Iglesias infuria la polemica – Cronaca – L’Unione Sarda.it

Polemiche e feroci attacchi agli insegnanti sui social e l’annuncio di interrogazioni in Parlamento e consiglio regionale.

Il flash mob sullo “ius soli” – che martedì ha visto protagonisti gli scolari della 5A dell’istituto comprensivo Pietro Allori di Iglesias – divide gli adulti. (…)

Intanto i maestri che hanno organizzato il flash mob – all’interno di un progetto più ampio con il coinvolgimento delle famiglie – difendono l’iniziativa.

“Abbiamo agito nel pieno rispetto delle direttive ministeriali – puntualizza Christian Castangia, che ha preparato gli scolari insieme alle colleghe Enrica Ena e Maria Efisia Piras – insegnare educazione civica a scuola, altro non è che portare in classe temi dei quali i bambini sentono parlare ogni giorno. Nessuno di noi è iscritto ad alcun partito, né sventola bandiere che non siano quelle a sostegno del più debole. Siamo partiti anche, e lo dice un non cattolico, dalle parole pronunciate dal Papa”. Poi conclude: “Non ci spaventano le critiche, né il confronto. A meno che non ci sia dietro il tentativo di controllare le modalità d’insegnamento”.

Personalmente le trovo scuse patetiche: un progetto scolastico, anche se coinvolge le famiglie, che ha sfondo e scopi politici non deve essere approvato. In classe non si fa politica e non si usano gli studenti come testimonial, sempre ed in ogni caso.

insegnare educazione civica a scuola, altro non è che portare in classe temi dei quali i bambini sentono parlare ogni giorno. 
Secondo: l’educazione civica è insegnare come funziona lo stato non è lo sventolare questa o quella bandiera pro o contro l’approvazione di una legge. O c’è un fraintendimento in  malafede o non si è capito quali siano gli argomenti della materia “educazione civica” che si vorrebbe insegnare. Una cosa è parlare con i bambini, una cosa è farli schierare e manifestare pro fazione scelta.

Nessuno di noi è iscritto ad alcun partito, né sventola bandiere che non siano quelle a sostegno del più debole.
Excusatio non petita accusatio manifesta.  Il manifestare a favore dell’approvazione di una legge è una azione politica, sia che si abbia in tasca una, due o centomila tessere sia che non se ne abbia in tasca nessuna.

Siamo partiti anche, e lo dice un non cattolico, dalle parole pronunciate dal Papa”.
Sareste partiti anche per le polemiche sul matrimonio omosessuale? Se “arruoli” sua santità poi non stupirti se devi pagare l’obolo a S. Pietro.

Poi conclude: “Non ci spaventano le critiche, né il confronto. A meno che non ci sia dietro il tentativo di controllare le modalità d’insegnamento”.
Son pronto a confrontarmi con chiunque sia disposto a darmi ragione. Ottima conclusione. Peccato che la libertà di insegnamento non sia la libertà di fare i propri comodi a scuola.

Imho gli estremi per un provvedimento disciplinare ci son tutti anche se, temo, finirà a tarallucci e vino e qualche posa da martire.


  1. non è uno ius soli puro nel senso di chi nasce in italia ha automaticamente la cittadinanza italiana. E quindi chiamarla legge sullo ius soli è improprio. 

Bagni separati per chi si sente un tostapane.

Sorgente: Trump cancella le regole per tutelare i diritti degli studenti transgender: via le linee guida varate da Obama – Il Fatto Quotidiano

Trump cancella le regole per tutelare i diritti degli studenti transgender: via le linee guida varate da Obama

Battaglia all’interno dell’amministrazione, la ministra all’Istruzione non è d’accordo ma deve cedere. Tra le norme eliminate dal nuovo presidente Usa anche quella di poter usare bagni e spogliatoi in base all’identità di genere. E ora si teme per le nozze gay (…)

Immediata la durissima condanna della comunità Lgbt e delle associazioni per la difesa dei diritti civili che accusano il presidente di aver tradito la promessa fatta in campagna elettorale di non intervenire in questo campo e di violare in questo modo i diritti umani.

 

Il provvedimento era stato varato dall’amministrazione Obama nella primavera del 2016. Il 13 maggio i dipartimenti della Giustizia e dell’Istruzione avevano diffuso a tutte le scuole le linee guida per garantire i diritti civili degli studenti transgender. Il governo era intervenuto nel dibattito apertosi nella società americana dopo l’adozione da parte del North Carolina di una controversa legge che obbligava i transgender ad usare, nei luoghi pubblici, i bagni corrispondenti al sesso registrato dalla nascita. In base all’articolo IX di una legge sull’istruzione del 1972, il documento spiegava che quando gli studenti o i loro genitori notificano alla scuola lo status transgender, gli istituti devono trattare gli alunni in accordo con la loro identità di genere, senza richiedere diagnosi mediche, trattamenti medici, certificati di nascita o altri documenti di identificazione.

L’andare nel bagno dell’altro sesso “biologico” è un diritto umano? mi sa che con Trump sta capitando il classico: “attenti; a furia di chiamare diritti i capricci, qualcuno inizierà a chiamare capricci i diritti”.  Qui si pensa solo al disagio di chi si sente di sesso diverso e quindi prova disagio a trovarsi in ambienti destinati al suo sesso biologico e non al sesso percepito ignorando il disagio di chi invece si trova davanti a persone di sesso biologico diverso dal proprio.

Seconda cosa: come prevenire abusi? se io mi dichiaro di sesso percepito femminile posso andare a fare la doccia con loro senza alcun controllo? Mah; mi sembra una polemica sul nulla.

Riguardo al matrimonio omosessuale cosa c’entra con tale norma, di buon senso poi? Gridare tanto “al lupo al lupo” qualsiasi cosa faccia Trump è il modo migliore per farlo rimanere nella cresta dell’onda.

Fake nius e pessime leggi.

Si può contrastare la circolazione online di notizie false e contenuti inneggianti all’odio? La risposta, praticamente unanime in tutto il mondo, è: si deve. La grande incognita rimane il come, mentre ci si muove sul sottile e delicato confine fra protezione degli utenti e tutela della libertà di espressione in Rete. L’Italia adesso ha una proposta di legge per (provare a) sanzionare con multe fino a 10 mila euro e reclusione fino a due anni chiunque pubblichi o diffonda in Internet (ma non su testate giornalistiche) «notizie false, esagerate o tendenziose» o si renda responsabile di «campagne d’odio». Il testo con prima firmataria Adele Gambaro del gruppo Ala-Scelta Civica, ed ex Movimento 5 Stelle, è stato presentato ieri in Senato con sottoscrizioni bipartisan.

fonte: corriere.

Sinceramente, fuffari e cazzari vari mi stanno cordialmente sulle balle, ma penso che quella proposta sia per una legge inutile, censoria e controproducente. Inutile per tre motivi: il primo è che già esistono leggi che puniscono la diffusione di notizie false e tendenziose (art 656 c.p.), la diffamazione, la calunnia, l’esercizio abusivo della professione medica. Volendo intervenire gli strumenti legali per perseguire antivax e fuffari vari ci sono.

Il secondo motivo è che rimane facilmente aggirabile: il cherry picking di notizie vere ricade in quella fattispecie di reato? Io nel mio sito parlo solo di femminicidi, solo casi scelti, facendo intendere in maniera implicita che siano solo la punta dell’iceberg, commetto reato? Parlo di incidenti nucleari non parlando magari di mille altri incidenti legati ad attività industriali o di produzione di energia. Parlo del caso, reale, di Pippo che ha ricevuto danni da vaccino. Danni riconosciuti e risarciti da una commissione medica del ministero della sanità. Son tutti casi in cui uso il sito come “lente distorcente”, però come dimostrare la malafede? Per far giungere la gente a conclusioni false spesso son più utili le mezze verità opportunamente scelte che le balle clamorose.

Faccio un esempio con i vaccini; io qui pubblico una lista di casi in cui il vaccino ha realmente causato danni, danni riconosciuti da una commissione medica del ministero della sanità e pertanto da esso risarciti. E’ una notizia falsa? No, carte alla mano posso dimostrarne la verità. Può maliziosamente indurre le persone a ritenere che il vaccino possa essere più pericoloso del reale? Certo, senza ombra di dubbio. Si può dimostrare tale uso malizioso? Difficile, potrebbe sembrare un processo alle intenzioni; poi se passa l’idea che Tizio sia perseguibile perché Caio trae conclusioni “sballate” si arriva all’assurdo di non poter dire nulla per terrore che qualche fesso fraintenda.

E il terzo è legato alla struttura di internet; siccome la rete è trans nazionale, se io pubblico le mie notizie su un sito Russo o Turco o di qualche altro paese? come scoprire chi scrive nel sito veritavaccini.inv? rogatorie internazionali? E se le notizie vengono pubblicate da prestanome? I testi, delle fake news, vengono scritti da Mario Rossi e mandati a Ivan Drago che li pubblica lui a suo nome sul suo, di Ivan, sul suo sito russo? Chi commette il reato? Mario che manda una comunicazione privata a Ivan o Ivan che pubblica al mondo?

Per non parlare dei link; commette reato anche chi pubblica link alle pagine incriminate? fino a che livello di link si può arrivare? Tizio pubblica: “reato”, Caio pubblica un riferimento al sito di Tizio, anche questo è reato? Sempronio pubblica un collegamento al sito di Caio, sito che indicizza anche i contenuti di Tizio; commette reato anche Sempronio? Finirà che la legge verrà applicata “mentula canis” causa numero eccessivo, e praticamente impossibile da gestire, di persone e siti da controllare. Sinceramente una legge “praticamente inapplicabile” che quindi si presti ad applicazioni “ad arbitrio” la ritengo molto più pericolosa dell’assenza di una qualsivoglia legge.

Da notare anche che la legge “esclude” la stampa; domanda: e se io rilancio un articolo “fuffa” pubblicato da un quotidiano?

Censoria perché pretende il solito codazzo di regole e regolette di identificazione con pec ed altro, burocrazia inutile. Servirà ad ingessare la rete italiana e basta, nulli benefici e molte più inutili rogne. Poi non ci si stupisca se i contenuti migrano all’estero ed in italia come contenuti si avranno solo gattini e bimbominkiate.

La cura è molto, ma molto, peggio della malattia. La cura ideale dovrebbe essere la cultura che ti permette di capire i contenuti e riconoscere a colpo sicuro la fuffa, l’ideale sarebbe rendere più colta, realmente più colta no titoli regalati e no divise da “placcato cultura”, la popolazione. Ma ciò è, ovviamente, molto più difficile e molto più rompiscatole che tirar fuori una ennesima sequenza di divieti.

 

viva la libertà (con i soldi altrui).

Fatto: google ha rescisso il contratto “AdSense” per la raccolta pubblicitaria con il blog byoblu di Claudio Messora.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/29/google-messora-disattivata-raccolta-pubblicitaria-su-mio-blog-caccia-alle-fake-news-per-spegnere-la-rete/3348762/

“Ieri, dopo essere tornato da Roma per dibattere insieme a centinaia di giornalisti (ironia della sorte) proprio di “fake news”, trovo una email di Google che mi informa di avere disattivato la monetizzazione del mio blog decennale (i banner pubblicitari), con la motivazione che inganno i miei lettori fingendomi una testata giornalistica (una “news organization”)”. Lo racconta Claudio Messora, ex responsabile della comunicazione del M5s al Parlamento Europeo, sul suo blog Byoblu e in un post sul blog di Beppe Grillo. (…)

“Questo provvedimento, che mina seriamente la capacità di produrre informazione libera fuori dal tempio del giornalismo “autorizzato” aggredendone il modello di sostentamento economico – è la denuncia del blogger -, mostra quali siano gli obiettivi reali della campagna scatenata contro le fake-news: spegnere qualunque voce indipendente che possa restituire al termine “democrazia” un significato autenticamente spendibile, nel tentativo disperato di invertire il corso della storia e mantenere saldamente il controllo nelle mani di chi, politicamente, ha una fottuta paura di perderlo”.

Questa ingenuità mi ha fatto ridere; come disse il presidente Mao: la rivoluzione non è un pranzo di gala, e sinceramente chi vuole giocare, con i soldi del sistema all’eroico partigiano in lotta contro il sistema, lo trovo decisamente patetico. Perché non prova altri canali di finanziamento? crowdufunding, contenuti a pagamento? Se i suoi lettori hanno il braccino corto corto o giudicano il suo sito e i suoi contenuti non abbastanza interessanti da metter mano al portafoglio per pagarli che colpa ne ha Google? La libertà è bella ma non è gratis se vuoi essere libero allora metti mano al tuo portafoglio.

Questo è un caso da manuale dove gli alti ideali vengono utilizzati per verniciare basse questioni di bottega: gli è stato impedito di comunicare? il suo sito è stato chiuso d’imperio? No, semplicemente viene costretto a trovare altre fonti di finanziamento diverse da AdSense.  Se non ci si riesce, allora si chiude e si fa altro. Se invece si vuol fare il partigiano rivoluzionario allora si ricordi sempre la richiamata regola di Mao: la rivoluzione non è un pranzo di gala, e si eviti di frignare che, nella rivoluzione di ieri notte, non ci son state le tartine al caviale fra gli antipasti, altrimenti la figura che si fa è quella, patetica, del rivoluzionario da salotto.

Devo anche ammettere, sinceramente, che son contento che si lotti contro il clikbaiting e lo sparare cazzate al solo fine di attrarre click da monetizzare. Preferivo la vecchia rete non commerciale. C’erano pochi contenuti amatoriali ma questi venivano scritti solo da chi aveva il piacere di farlo. Infatti la netiquette nei newsgroup considerava molto scorretto il sollecitare risposte o il pretendere che il proprio messaggio fosse considerato “interessante”. A molti che pretendevano risposte si rispondeva: chiedere è lecito, rispondere è cortesia, leggere prima le faq ed i messaggi precedenti molto gradito. Se non vuoi che commentino i tuoi messaggi, allora non scriverli. Se i messaggi non ti interessano allora non leggerli ma non rompere le OO che le discussioni qui non ti piacciono. Pazzi furiosi, mitomani, antivax etc. etc. c’erano già allora, ma almeno non ci piazzavano businnes con le bufale. Non era più pulita, ma forse un poco più genuina.

Messora inquadra l’episodio nell’ambito del recente annuncio di Scott Spencer, il dirigente Google a capo della piattaforma Adsense, quella che gestisce appunto il servizio di pubblicazione di banner pubblicitari sui siti web, di avere “già rivisto oltre 550 siti web e di avere preso provvedimenti contro 340 di loro, colpevoli di ‘dare una falsa rappresentazione di se stessi e di ingannare i propri lettori fingendosi testate giornalistiche’”. In pratica, sintetizza, “è la morte della rete per come Gianroberto Casaleggio ce l’aveva fatta amare”. Secondo il blogger, infatti “questa è la linea del Piave dell’informazione libera: va tenuta ad ogni costo. Google deve rispondere. Non bisogna arretrare di un centimentro. In gioco non c’è la mia modesta persona (come avrebbe detto Biagi), ma la rete come l’abbiamo conosciuta e amata e che, se lasciamo passare cose come queste, da oggi potrebbe diventare un cimelio da museo”.

La rete di gianroby era la rete ove qualunque caprone ignorante era convinto di poter discutere, da pari a pari, con l’insigne luminare di argomenti pertinenti la materia del luminare1. Geometri che disquisiscono di fisica dell’atmosfera e di normative sul trasporto aereo, laureati in lettere che spacciano mirabolanti cure con le staminali, inventori di motore a gatto imburrato, signoraggisti etc. etc. La rete di gianroby era la rete che legittimava simile feccia e faceva creder loro, per numero e democrazia, di poter mettere la bocca su qualunque argomento e che delle loro argomentazioni si dovesse tener conto allo stesso modo delle argomentazioni dell’insigne medico o del fisico delle particelle. Mi spiace, l’avere il, giusto, diritto di dire una stronzata non significa che la stronzata diventi una verità. Rimane una stronzata. Il sacro blog era una raccolta di bufale e stronzate, monetizzato poi nel partito politico della gggente contro i professoroni.  La rete delle biowashball e dei motori a gatto imburrato, la rete dove aveva più visibilità chi la sparava più grossa, la rete dove gli antisistema più bravi a spararsi pose da alternativi guadagnavano un sacco dalla pubblicità.

Vuoi lottare per la rete alla gianroby? fatti mantenere dai suoi eredi morali, con i quali condividi gli obiettivi. Ma, cinicamente, penso che molti siano pronti a condividere gli obiettivi, pochi a condividere invece gli euro…


  1. precisiamo meglio: se discuto con il luminare di Fisica della partita di calcio o se sia meglio la pizza ai funghi rispetto alla caprese la mia opinione vale la sua. Se mi metto a discutere della sua materia, la mia opinione, soprattutto se non supportata da fatti scientifici, vale un cazzo. 

My two cents about fake news

Lo sforzo dell’anti-intellettualismo è stato una traccia costante che si è spinta nella nostra vita politica e culturale, alimentata dalla falsa nozione che la democrazia significhi che “la mia ignoranza è tanto giusta quanto la tua conoscenza”.
(Isaac Asimov)

Da liberale penso che il diritto alla libertà di espressione sia un diritto importante e che debba essere limitato solo dai, “giusti”, diritti delle altre persone; per questo ammetto che venga sanzionata la calunnia, la diffamazione  o il diffondere notizie false o tendenziose al solo scopo di allarmare la popolazione. Quelli non sono esercizio del diritto alla libera espressione quanto abusi. Per questo quando eco polemizzò con internet sostenendo che “Con i social parola a legioni di imbecilli” io non fui d’accordo con lui; per me anche l’esperto da bar ha lo stesso diritto di dire la sua come il prof. Eco. Ovviamente il valore dell’opinione dell’esperto da bar varrà molto, ma molto, meno di quella di Eco, soprattutto se l’opinione riguarda l’ambito cui Eco è specialista.

Per questo il voler punire le “fake news” temo possa diventare un modo subdolo per far passare l’idea di censura. Come avevo già scritto, il poter sentire stupidaggini, è una controindicazione ineliminabile della libertà di parola. E preferisco correre tale rischio rispetto al dover rispondere “preliminarmente” delle mie opinioni davanti ad un comitato degli ulema dello scientifically correct. Perché magari oggi sono, giustamente, le stronzate sui vaccini che causano autismo domani magari saranno le critiche, nota bene le critiche non gli insulti gratuiti, ben argomentate rivolte al politico Tizio. Basta vedere come la Boldrini cerchi di trasformare qualsiasi critica in un attacco contro di lei o meglio contro tutte le donne.  Per questo più che un controllo “ex ante” preferirei eventualmente un intervento “ex post”; le leggi ci sono già, esiste la norma che punisce chi fornisce “notizie false o tendenziose 1. E bisogna andarci anche con i piedi di piombo; il processo agli scienziati dell’Aquila è infatti nato su un colossale fraintendimento. Escluso il De Bernardinis, nessuno di loro aveva comunicato direttamente con il pubblico; perché allora chiamarli a rispondere di quello che aveva capito, fraintendendo, sora Cesira?  E se qualcuno volesse vedere, maliziosamente, in questo articolo di lercio: “Porta il figlio a fare il vaccino: diventa un rettiliano” un attacco contro i vaccini e chiedesse sanzioni per la testata? Come disse qualcuno: “io son responsabile di ciò che scrivo, non di quello che tu capisci”.

In un mondo ideale “la cultura”, quella vera, sarebbe un valido argine alle bufale, perché ti permette di riconoscerle facilmente e di riderci sopra. E contro la tecnica dei mille perculamenti pochi riescono a resistere. Purtroppo siamo nel mondo reale dove invece c’è tanta grassa ignoranza e tanti, drogati da un malinteso senso di uguaglianza, pensano che la loro opinione abbia lo stesso valore e la stessa qualità di quella dell’illustre scienziato.Le polemiche verso le fake news che sto leggendo mi sembra che non riguardino tanto la libertà di parola e la tutela di tale diritto ma il pretendere che la stronzata galattica detta dell’insigne laureato PhD MBA, PHP, KKK, di youtube debba avere, ope legis, lo stesso peso e lo stesso valore dell’opinione basata sui fatti, detta dall’esperto o dallo scienziato.  E quella pretesa è, invece, una pretesa completamente infondata basata su una forzata e maliziosa interpretazione dell’articolo 3 e dell’articolo 21 della costituzione, la libertà di esprimere il proprio pensiero non è il diritto che qualsiasi cazzata venga detta debba assurgersi a verità scientifica o sacro dogma di fede per tutti. Si deve essere liberi2 di dire stronzate e parimenti si deve essere liberi di dire che quelle son stronzate colossali.

Concludo con una immagine che riassume il mio pensiero:

You get to say the world is flat because we live in a country that guarantees free speech, but it’s not a country that guarantees that anything you say is correct

Potete dire che il mondo è piatto perché viviamo in un paese che garantisce la libertà di parola, ma non è un paese che garantisce che qualsiasi cosa diciate sia corretta.
[Neil deGrasse Tyson]

Bisogna salvaguardare la libertà di parola, sia da arbitrarie censure in nome di un malinteso bene superiore3 sia dalla pretesa di tanti imbecilli di voler rendere, ope legis, la loro opinione basata sul nulla equivalente all’opinione, basata sui fatti, di un esperto della materia. E no; in quel senso non avete alcun diritto alla vostra opinione, e non avete alcun diritto di non sentire che state dicendo solo stronzate.

PS
Da notare comunque come molti che adesso urlano come “vergini dai candidi manti, rotte dietro e sane davanti4” spesso siano stati i primi ad invocare censure e linciaggi contro tutto quello che non li trovava d’accordo. La solita coerenza di chi strumentalizza la costituzione per dare una giustificazione “morale” ai suoi porci comodi.

 

 


  1. Art. 656 codice penale; chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a trecentonove euro. 
  2. Sempre nei limiti del non abuso della libertà di parola. 
  3. ovviamente nessuno ha mai ammesso apertamente di voler censurare perché quanto detto gli stava sul culo. Si censurava invece per il bene superiore, per i bambini, nessuno pensa ai bambini
  4. Ifigonia in Culide, atto primo, coro delle vergini: “Noi siam le vergini dai candidi manti, siam rotte di dietro, ma sane davanti;” 

“Chi scrive ‘un altro presidente del Consiglio non eletto’ vada a Scienze delle Piadine”: il post del prof universitario – Il Fatto Quotidiano

Guido Saraceni, professore associato in Filosofia del diritto all’Università di Teramo, si rivolge agli studenti di diritto costituzionale che su Facebook contestano l’arrivo di Gentiloni – dopo Renzi e Letta – a Palazzo Chigi: “La Costituzione stabilisce in maniera chiara e inequivocabile che spetta al presidente della Repubblica nominare il presidente del Consiglio. Punto”

“Avviso agli studenti di Diritto Costituzionale. Chi tra di voi avesse pubblicato sulla propria bacheca la frase ‘un altro presidente del Consiglio non eletto dal popolo’ – o altre aberrazioni equivalenti – è pregato di chiudere per sempre l’account Facebook, onde evitare di cagionare danni a cose o persone, di abbandonare per sempre la Facoltà di Giurisprudenza e iscriversi a Scienze delle Piadine al Prosciutto presso l’Università della Vita. Andiamo male, ragazzi. Molto, molto male”. Così ha scritto sulla sua pagina Facebook – dove lo seguono in più di 40mila  – Guido Saraceni, professore associato in Filosofia del diritto all’Università di Teramo, noto per le riflessioni anti-retoriche e gli aforismi affilati e demistificanti che dispensa sui social e sul suo blog personale.

Sorgente: “Chi scrive ‘un altro presidente del Consiglio non eletto’ vada a Scienze delle Piadine”: il post del prof universitario – Il Fatto Quotidiano

Che aggiungere? Che molti la costituzione non hanno mai provato a leggerla e parlano per sentito dire, cosa abbastanza grave, oppure l’hanno letta e non hanno capito nulla e ripetono a pappagallo quattro slogan detti dai “referenti politici”, cosa, imho, ancora più grave.
Penso che la stima di un 43% di analfabeti funzionali in italia fatta dall’OCSE sia stata una stima mostruosamente ottimista. Forse più che dei corsi di gender informatico equosolidale kmZero sarebbe opportuno che la scuola desse priorità a “lettura e comprensione del testo”, “saper far di conto”, “le basi dell’educazione civica”.

PS

il caso di maggioranza moralmente illegittima non è previsto dalla costituzione, la costituzione pone come sovrano il parlamento e non prevede, per i parlamentari, alcun vincolo di mandato. Questo dice la norma, punto. Il resto son solo sofismi per cercare di rigirare la frittata.

La grande abbuffata degli anni ’70: l’italia e le pensioni

Facciamo un esempio: entrate in un ristorante e ordinate da mangiare. I prezzi sono alti, ma non solo non li leggete, ma quando qualcuno, tra un pasto e l’altro, si chiede “ma poi come paghiamo”, gli rispondete “non fare il comunista, qui c’e’ abbondanza per tutti”. Poi arriva il conto, e tutto quello che fate e’ protestare: “il padrone del ristorante e’ un bastardo, non paghiamo”.
Domanda: siete credibili?
[Uriel Fanelli] Sorgente: Babababauli. Indignamoci con Bauli. | Niente stronzate ©

Nei commenti di un articolo precedente si è parlato di pensioni e di lavoro; colgo dunque l’occasione di parlare della situazione della previdenza sociale in Italia. Siccome l’argomento è abbastanza vasto e merita una corretta trattazione penso di spaccarlo in una serie di articoli cui cercherò di spiegare quali sono, secondo me, le cause della situazione attuale. In questo articolo tratteggerò una storia delle storture del sistema previdenziale italiano; storture che hanno portato alla dolorosa “cura Fornero”.

Le pensioni come reddito di cittadinanza incondizionato (e incontrollabile)

Negli anni a cavallo del 1970 l’italia era un paese percorso da grosse tensioni sociali avute a seguito delle varie proteste; molti avevano intravisto il benessere e chiedevano, non avendo tutti i torti, di poter bagnare anche loro il becco. Per “sgonfiare” la protesta la politica quindi decise di agire gonfiando le pance; uno con la pancia piena magari frignerà forte ma non farà azioni troppo “eclatanti”.

Per far ciò vennero usati, come un colossale ammortizzatore sociale, le pensioni, il pubblico impiego e il  parastato (poste, ferrovie1 etc. etc.).
In particolare per accelerare il turnover nella pubblica amministrazione si usò il nel decreto del Presidente della Repubblica 1092/73 noto come legge Rumor che istituiva le baby pensioni. La norma permetteva ai dipendenti pubblici di poter andare in pensione con 14 anni, sei mesi e un giorno di attività lavorativa se donne con prole; 19 anni, sei mesi e un giorno per gli uomini; 24 anni, sei mesi e un giorno per i dipendenti degli enti locali. Una legge insostenibile economicamente nel lungo periodo.

Ma non è stata solo la legge Rumor a dissestare le casse della previdenza sociale; c’è un altra legge, la legge Mosca  (n. 252/1974), una leggina che permetteva a partiti e sindacati2 di far emergere dal nero e regolarizzare a bassissimo costo i loro dipendenti.

Il problema della legge Rumor non era tanto il permettere a Maria o a Giuseppe di andare in pensione quanto il sistema di calcolo della pensione; prima della riforma Amato del 1992 la pensione veniva calcolata con il sistema retributivo, cioè era calcolata non sulla base di quanto versato ma sulla base della retribuzione  media degli ultimi anni di lavoro.  Inizialmente dell’ultimo anno di lavoro, poi degli ultimi cinque e infine degli ultimi dieci. Questo permetteva molte storture: persone che venivano inquadrate in bassi livelli, e pagate in parte in nero, per pagare meno contributi obbligatori, di botto quando entravano nel periodo di “calcolo della pensione” dichiaravano tutto e lo stipendio cresceva di botto. Capitava soprattutto nel privato “piccolo” quando il periodo di osservazione era di un anno. E capita ancora oggi nella Corte Costituzionale; oramai è prassi che venga eletto presidente il consigliere più prossimo alla pensione; in maniera tale da farlo andare in pensione con i benefit di presidente emerito, benefit fra i quali c’è una pensione più alta.
Se ci fosse stato il metodo di calcolo “contributivo”, Maria aveva versato 100 e prendeva una pensione basata sui 100 versati. e non una pensione per avere la quale se calcolata con il metodo contributivo avrebbe dovuto aver versato almeno 10.000.

Aggiungiamo al calderone anche l’equivalente della legge Rumor per il privato ovvero l’abuso dei prepensionamenti in caso di aziende in crisi. Aziende che spesso venivano fatte nascere in un territorio solo allo scopo di distribuire buste paga e che duravano solo fin quando duravano gli incentivi statali3. E appena gli incentivi finivano molti lavoratori finivano in lunghe casse integrazione e venivano portati alla pensione.

Un altro effetto deleterio di quel sistema è stato che molti “pensionati” capaci di lavorare iniziavano un secondo lavoro spesso “in nero” per “integrare” la pensione. Risultato: tante, tante uscite e poche entrate.

In un sistema previdenziale sano i soldi versati da chi lavora dovrebbero essere investiti affinché, quando qualcuno smette di lavorare, gli si possa pagare una pensione. E per sostenersi ci dovrebbe essere, mediamente, almeno un rapporto 1:1 fra quanto versato e quanto incassato. Ovviamente se si versa poco e si incassa tanto, si sta creando un colossale schema di Ponzi, che puntualmente esplode e quando esplode fa male, molto molto male.

Di questo il popolo non se ne è reso conto subito perché all’epoca si faceva debito per coprire le perdite, inoltre il numero di pensionati (baby) era basso rispetto al numero di lavoratori. Oggi invece è arrivato l’acconto del conto del ristorante: “la riforma Fornero”, che ha completato la riforma Amato del 1992.

Quello che a me ha fatto riflettere è stato che le colpe della riforma fornero sono state date alle “pensioni d’oro” ed alle pensioni dei parlamentari e non alle tante pensioni date a Maria, Giuseppe ai quaranta anni, in media, di età. Ai tanti trucchetti fatti per “gabbare” l’inps. Ma si sa; è più facile lamentarsi e incolpare il politico lontano e mangione che la vicina di pianerottolo.

PS
Se riesco a trovare un poco di tempo, nel prossimo articolo parlerò dell’assalto alla diligenza ovvero come la gggente cercava in tutti i modi di gabbare e depredare l’INPS.


  1.  Infatti il manuale Cencelli dava molto peso ai ministeri delle poste e telecomunicazioni, ed al ministero dei trasporti. Erano due dei ministeri che rendevano facili le assunzioni clientelari. Venivano creati mille modi diversi per entrare, senza concorso, nella pubblica amministrazione come cooperative che lavoravano per il comune i cui dipendenti, delle cooperative, poi venivano passati in ruolo, assunzioni “opache” da liste nell’ufficio di collocamento, contratti a termine prorogati più di due volte e quindi gli assunti “a termine” diventavano “di ruolo”. 
  2. Un’altra cosa che a me fa ridere è che per i dipendenti dei partiti e sindacati l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori non vale. Se proprio quell’articolo è il simbolo per antonomasia della libertà del lavoratore perché non adottarlo “in casa”? 
  3. Certe fabbriche, fiat e non solo, non erano state create per produrre quanto per distribuire buste paga. Infatti molti dei contributi “incassati” servivano per essere rigirati. Da notare che le assunzioni spesso erano anche lottizzate e spartite fra partiti e sindacati. Questo è un articolo del 1984: PREPENSIONAMENTO A 50 ANNI PER I CASSINTEGRATI FIAT

il diritto al posto pubblico.

L’articolo che avevo scritto sui concorsi pubblici e su quanto fosse facile o difficile barare e fare il gioco delle tre carte è stato l’articolo più visto del blog. Credo perché  il posto pubblico è ancora molto desiderato.  Il fatto quotidiano pubblica un articolo che dimostra come molti intendano il posto pubblico: non un posto di “civil servant”, come direbbero gli anglo sassoni, un posto per essere al servizio del pubblico ma un posto dove si ha il diritto divino e insindacabile al posto fisso.  L’articolo mi è sembrato un piagnisteo ininterrotto.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/03/concorsi-pubblici-la-storia-del-43enne-idoneo-a-19-bandi-e-ancora-disoccupato-da-anni-la-mia-vita-e-congelata/3128126/

Concorsi pubblici, la storia del 43enne idoneo a 19 bandi e ancora disoccupato: “Da anni la mia vita è congelata”

E’ laureato in giurisprudenza, sbarca il lunario collaborando con alcuni enti pubblici per due o tre mesi all’anno. Eppure ha partecipato a una sessantina di selezioni, superandone un terzo e spendendo migliaia di euro in trasferte e preparazione agli esami. Ha provato a vivere da solo, è dovuto tornare a casa dei genitori in assenza di stipendio fisso: “Con questa situazione è impossibile pensare di sposarsi, mettere su casa, formare una propria famiglia”. E a gennaio scadono 16 delle 19 graduatorie che lo vedono tra i papabili assunti

Ha partecipato a una sessantina di concorsi, a 19 è risultato idoneo, ha speso migliaia di euro in trasferte e preparazione. Ai primi bandi ha preso parte già ai tempi dell’università, nei primissimi anni del nuovo millennio. Il prossimo 31 dicembre, però, il suo nome comparirà solo in tre graduatorie, perché le altre saranno tutte scadute. La storia è quella di Fabio Apicella, nome di fantasia, un 43enne originario della provincia di Salerno. È uno degli idonei ai concorsi che a fine anno vedranno sfumare il loro lavoro e i loro sacrifici. In realtà il suo è un caso limite: lo Stato ha speso soldi per selezionarlo 19 volte. “Eppure la mia vita è ancora congelata” racconta a ilfattoquotidiano.it. Oggi è disoccupato, sbarca il lunario lavorando due o tre mesi all’anno, o se va bene per periodi più lunghi.

da notare da una parte o la palese malafede o la plateale incompetenza del giornalista; “idoneo” non significa “vincitore di concorso” ma significa solamente che  è stata presa la sufficienza a scritto ed orale nelle prove concorsuali. In qualsiasi concorso viene fatta una graduatoria. Se il concorso era per 10 posti vengono assunti i primi 10, le persone inserite in graduatoria dalla undicesima posizione in poi possono, nota bene possono, essere assunte se, nota bene se, nei trentasei mesi di validità della graduatoria si liberano posti, altrimenti non hanno diritto all’assunzione. Lo Stato non l’ha esaminato. Se Fabio fosse stato uno che ha “vinto” 19 concorsi ed è sempre rimasto al palo allora avrebbe tutti i diritti di incavolarsi e denunciare sprechi, ma è un idoneo non un vincitore. Le graduatorie perenni si son viste nella scuola; nel caso dei concorsi per la docenza la graduatoria di merito non decadeva mai e questo, in attesa che venisse assunto qualche somaro arrivato millesimo o giù di lì ma idoneo ha bloccato l’assunzione di persone più preparate. Ha partecipato a 60 concorsi, è arrivato idoneo a 19, non ne ha vinto nessuno e, come idoneo, non si è mai piazzato talmente in alto da poter ricevere i “posti bonus”, e allora? Partecipare non significa ipso facto vincere; e questo dovrebbe essere noto dalle prime partitelle di calcio all’oratorio o dal torneo di biliardino fatto in prima media.

QUINDICI ANNI DI CONCORSI – Fabio si è laureato nel 2004 in Giurisprudenza. “Nel frattempo, per qualche anno ho anche lavorato, rallentando un po’ gli studi – spiega – e, ancora prima di iniziare l’università, ho iniziato a partecipare ai concorsi”. In quel periodo, infatti, ha partecipato alle prime dieci selezioni portando a casa due idoneità. “Subito dopo la laurea ho cercato di intraprendere la professione di avvocato, ma il mio desiderio più grande era quello di potermi stabilizzare proprio vincendo un concorso. Quindi mi sono messo d’impegno”. Fabio ha collezionato 19 graduatorie che, in realtà, sarebbero potute essere anche di più: “Per problemi personali non mi sono potuto presentare in un paio di prove orali”. Nel complesso, dal 2004 in poi, Fabio ha partecipato a circa una sessantina di selezioni. “Solo tra spese di trasporto e pernottamento laddove necessario – spiega – ho speso circa 5mila euro, ma voglio sottolineare che ci sono colleghi che hanno sborsato anche di più perché per prepararsi si sono iscritti a diversi corsi, per ognuno dei quali si può arrivare a pagare tra i 2mila e i 3mila euro”. (…)

Il fatto che uno decida di investire su se stesso, magari frequentando corsi di preparazione ad un concorso, corsi dove magari viene svolto quello che si sarebbe dovuto fare e non è stato svolto a scuola o all’università,  Per il resto il fatto di spendere due, tre, centomila euro non implica che lo stato sia obbligato ad assumerti. Potrei fare un parallelo con il calcio; quanti ragazzi sognano di diventare calciatori di serie A, quanti ci riescono? Dobbiamo far giocare Jimmy Gambone come centravanti del Barcellona solo perché ha speso diecimila euro in scarpette? Ecco. Il partecipare ad una, due, mille gare non da il diritto ad avere una medaglia d’oro.

“LA MIA VITA E’ CONGELATA” – Il costo maggiore, però, è quello pagato sul piano personale. Attualmente Fabio non lavora e non ha un’occupazione da tre mesi. L’ultima è stata presso un Comune. “Sbarco il lunario, mi chiamano in vari Enti per collaborare e ci sono stati anni in cui ho lavorato solo un paio di mesi” racconta a ilfattoquotidiano.it. Il rammarico più grande? “Non è quello di non essere tra i vincitori, ma quello di non vedere rispettato un mio diritto, magari perché certe amministrazioni preferiscono esternalizzare alcuni servizi con costi anche maggiori. (…)

“ma quello di non vedere rispettato un mio diritto” Un idoneo non è un vincitore, l’idoneo non ha il diritto “incondizionato” all’assunzione nell’ente, ha diritto se ci son posti liberi. E un laureato in giurisprudenza dovrebbe conoscere un minimo di diritto amministrativo e di procedure concorsuali.  La domanda che mi porrei quindi è: incompetenza o malafede per avere una assunzione? Piaccia o no son finiti i tempi nei quali la PA era usata come ammortizzatore sociale e i concorsi, quando venivano svolti, erano farloccate fate per assumere più gente possibile. Oggi non siamo in tempi di vacche grasse purtroppo e la PA non è solo una tetta da succhiare.

“Restano in piedi un paio delle graduatorie in cui sono idoneo, ma conosco molti colleghi per cui sarà l’inferno. Come se non avessero mai fatto nulla”.

Hanno l’idoneità ad un concorso, titolo valutabile nei concorsi pubblici successivi. Qui si vede “la cultura del sei”; un idoneo è uno che ha preso la sufficienza, uno che si è qualificato non uno che ha vinto. E il mondo gira nel senso che “vincere” significa arrivare fra i primi non raggiungere, arrancando, la sufficienza. Purtroppo la scuola invece insegna la religione del sei a fare il minimo indispensabile per arrivare al sei e poi frignare di avere il diritto alla promozione perché jabba jabba. Non insegna la competizione. E come  spesso capita, quello che la scuola non vuole insegnarti per non “indisporti” poi, come in questo caso, te lo insegna la vita in maniera molto, ma molto, più dolorosa. Fabio, tanti auguri, ma pensa a quello che non ti ha insegnato la scuola e che adesso ti sta insegnando invece, molto più dolorosamente la vita. Nel concorso, soprattutto oggi che il pubblico non può permettersi di fare da mamma e da ammortizzatore sociale, significa dover lottare per vincere, per arrivare fra i primi, non per prendere una idoneità e sperare che arrivi il miracolo.

 

la libertà non è gratis…

Stavo leggendo le polemiche riguardo a Zerocalcare ed al suo account facebook cancellato, e sulla rete è tutto un fiorire di lamentele e piangnistei riguardo alla libertà di espressione ed alla censura fascista di FB.

In quello, mi spiace dirlo, ma vedo tante prove di infantilismo acuto oltre che di analfabetismo funzionale. La costituzione, art. 21, dice questo:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

che è una dichiarazione di principio, e, da notare, non impone alcun obbligo a chi che sia di mettere a disposizione le sue risorse per permettere a Tizio o a Caio di esercitare il proprio diritto.

Brevemente: Tizio ha diritto di dire che sostiene $politico_che_mi_sta_sulle_palle e ne condivide le idee? Sì, liberissimo.

Io ho l’obbligo di ascoltare le idee di Tizio, di condividerle o di ospitare Tizio a casa mia o di mettere a disposizione il mio blog affinché possa divulgarle meglio? Per niente; se non voglio sentire cosa ha da dire tizio o se giudico che i commenti di tizio a questo articolo non siano di mio interesse o semplicemente non voglio che abbia visibilità da questo blog io ho tutti i diritti di censurarli e cancellarli.

Non ho il diritto invece di impedire a tizio di aprirsi un suo blog, di fare i comizi nelle sale che lui ha pagato, di pubblicare i suoi articoli nei giornali disposti a farlo.

In casa mia ho il diritto di decidere io, in casa d’altri chi decide è il padrone di casa e io o rispetto le sue decisioni o devo rassegnarmi a cercare un’altra casa più ospitale.

E faccialibro non è un servizio pubblico, è una società privata che mira al profitto, non sono le orsoline della libertà di pensiero; e l’uso di FB, soprattutto se attraverso account gratuiti, permette a FB di segarti l’account ad minchiam se li gira. Può non piacere ma il contratto che, iscrivendosi a FB si stipula, è chiaro, loro possono segarti l’account a loro piacimento.

Prima di frignare sulle clausole vessatorie che permetto la cancellazione repentina dell’account, ci son da fare alcune considerazioni:

Primo, in internet non esiste solo faccialibro, ci son mille possibilità di pubblicare su internet, blog, siti etc. etc. con altre condizioni. Se quelle di FB non piacciono nulla vieta di andare da qualche altra parte. Essere segato da FB non significa affatto finire chiusi in cella di isolamento senza poter comunicare con il mondo.

Secondo: si tratta di un servizio “gratuito”. Si può pretendere solo ciò che si paga, ciò che invece non si paga non si può pretendere. Se voglio che FB tenga in piedi la mia pagina e non me la chiuda “ad minchiam” devo mettere la mano in tasca e stipulare un contratto oneroso con lui, contratto che prevede obblighi precisi e reciproci. Se si vuole il pasto gratis allora bisogna rassegnarsi a ciò che passa il convento. Come aveva scritto Heinlein nell’opera “la luna è una severa maestra”:

TANSTAAFL “There ain’t no such thing as a free lunch” “Non esistono cose come i pasti gratis”

Nessuno offre pasti gratis, se vuoi il pasto gratis di Zuckemberg devi sottostare alle regole di Mark, se paghi invece tu il pasto allora sei tu che detti le regole. Lottare per la libertà significa anche impegnarsi e “pagare di tasca propria” il palco per il comizio, il sito o l’annuncio sul giornale, non significa frignare contro i cattivoni che non ti prestano un microfono, che pretendono di essere pagati per il sito o per pubblicare. Quello non è lottare per la libertà, è solo far capricci infantili, oltre ad apparire “tirchi”.