Nature and nature’s laws lay hid in night;
God said “Let Newton be” and all was light.
[Alexander Pope]
It could not last; the Devil shouting “Ho!
Let Einstein be!” restored the status quo.
[John Squire]
La natura e le sue leggi giacevano nascoste nella notte
Dio disse: “sia Newton” e luce fu.
Ma non finì in quel modo.
Il Diavolo urlando: “Ho! sia Einstein”, riportò tutto allo status quo
Dopo aver visto precedentemente, cosa sia un’osservazione, una ipotesi, l’esperimento e una teoria, vediamo come funzionano prendendo come esempio la teoria fisica sulla luce(1); Da sempre i filosofi naturali si chiedevano quale fosse la natura della luce. Alcuni congetturarono che fosse composta da atomi di luce (Democrito) altri che fosse invece una sorta di fluido evanescente: l’etere (Aristotele).
Saltiamo avanti di qualche anno e arriviamo al 1675 circa, gli scienziati discutevano della natura della luce se essa fosse formata da corpuscoli o da onde. Erano state fatte alcune osservazioni sperimentali grazie alla campana di Torricelli, una campana di vetro in cui era possibile fare il vuoto, ovvero se noi mettiamo una campanella sotto la campana di vetro e, all’interno della campana di vetro facciamo il vuoto, anche se agitiamo la campanella non sentiamo il suono ma continuiamo a vedere la campanella. Quindi le onde sonore si propagano attraverso l’aria e/o i mezzi materiali(2), ma le onde luminose attraverso quale mezzo materiale si propagano ? A quell’epoca i fisici non credevano possibile che delle onde si potessero propagare nel vuoto.
Il maestro Jedi (che la forza sia con te) Isaac Newton sostenne, sulla base di quegli esperimenti, che la luce era formata da particelle, la così detta teoria corpuscolare della luce. Quella teoria spiegava bene i fenomeni come la riflessione, la rifrazione o la scomposizione della luce in un prisma. La riflessione era spiegata in termini, matematici, di urto elastico, per dare un idea lo stesso che avviene quando una palla da biliardo ideale colpisce una sponda del biliardo. La scomposizione della luce invece viene spiegata dalla differente velocità delle particelle di luce attraverso il prisma.
L’astronomo Christiaan Huygens invece sosteneva l’ipotesi ondulatoria della luce, ovvero che la luce fosse un onda ma tale teoria non riusciva, all’epoca, a giustificare come mai le onde si propagassero nel vuoto, quindi tale ipotesi non veniva accettata dai fisici dell’epoca
Quindi grazie alla statura di Newton si afferma la teoria corpuscolare, teoria che spiega bene (nel senso del formalismo matematico) i fenomeni osservati.
Arriviamo circa al 1800; Thomas Young e Augustin-Jean Fresnel realizzano delle esperienze sperimentali che mostrano che la luce ha, inequivocabilmente, una natura ondulatoria. Ovvero mostrano che la luce fatta passare attraverso fessure strette presenta fenomeni di diffrazione e, soprattutto usando l’esperimento dell’interferenza a doppia fenditura. Esperimento inspiegabile dalla teoria corpuscolare e spiegabilissimo invece se si considerava la luce come un onda. Quindi, per evidenza sperimentale, la teoria corpuscolare venne abbandonata e venne adottata la teoria ondulatoria.
Rimaneva però aperto il problema: “come si propagano le onde luminose”. Per risolverlo venne congetturata l’esistenza di una sostanza, l’etere luminifero, nella quale le onde luminose si propagassero. L’etere era una sostanza incredibile, non poteva essere eliminata dalle pompe a vuoto, permeava tutti i corpi, doveva avere una rigidità incredibile.
Nonostante questo buco nella teoria, la teoria ondulatoria veniva accettata ed utilizzata perché spiegava benissimo gli esperimenti.
Arriviamo al 1865, James Clerk Maxwell rielabora i lavori precedenti sull’elettromagnetismo in modo da trattare la materia in maniera più organica, in particolare riporta quattro equazioni mediante le quali si riesce a descrivere, in termini matematici, molto bene i fenomeni elettrici e magnetici. Le soluzioni di tali equazioni infatti descrivevano il comportamento dei campi elettrico e magnetico.
Venne notato che esisteva una soluzione di tali equazioni che descriveva un campo elettrico ed un campo magnetico oscillanti nel vuoto, ovvero le onde elettromagnetiche poi scoperte da Heinrich Rudolf Hertz. Ed inoltre nelle equazioni che descrivevano il comportamento dei campi elettrico e magnetico nel vuoto compariva una costante che aveva le dimensioni fisiche di una velocità al quadrato.
Contemporaneamente continua la ricerca dell’etere; i fisici Michelson e Morley ideano e compiono un celebre esperimento per misurare la velocità dell’etere rispetto alla Terra, Terra che si muove nello spazio alla velocità di circa 30 Kilometri al secondo misurando le differenze di velocità della luce a seconda della direzione in cui viaggia il raggio luminoso. E fu un fiasco, non ci riuscirono, la luce sembrava avere la stessa velocità in qualunque direzione. Risultato, per la fisica dell’epoca, ancorata alla relatività galileiana inspiegabile.
Immaginiamo di avere due persone, una su un treno che viaggia di moto rettilineo a 360 Km/h (100 m/s e uno a terra. Se quello sul treno lancia, in direzione opposta al moto del treno, un sasso con la fionda e tale sasso si muove alla velocità di 100 metri al secondo rispetto all’osservatore sul treno, l’osservatore a terra, secondo la relatività galileiana, vedrà il sasso praticamente fermo. Per la relatività galileiana infatti le velocità si sommano.
Adesso immaginiamo che il treno viaggi a 100.000 kilometri al secondo, se invece di un sasso l’osservatore sul treno lancia un impulso luminoso, lui lo vedrebbe muoversi a 300.000 Km/s mentre per l’osservatore a terra l’impulso dovrebbe viaggiare a 200.000 kilometri al secondo. In realtà la velocità misurata da entrambi gli osservatori è di 300.000 kilometri al secondo. La relatività galileiana, teoria testata e verificata sperimentalmente molte volte, non funziona più(3).
Ricapitoliamo: le equazioni di Maxwell descrivono, matematicamente, delle onde la cui velocità deve essere costante indipendentemente dalla velocità della sorgente, la luce sembrava avere la stessa velocità in qualsiasi direzione la si misurasse, anche questo in aperto contrasto con la relatività galileiana e newtoniana.
C’era anche un altro esperimento che le teorie fisiche del momento non riuscivano a spiegare: l’effetto fotoelettrico: se lanciamo contro una lastra metallica onde elettromagnetiche abbiamo che vengono emessi, dalla lamina, alcuni elettroni. La giustificazione del fenomeno per la fisica classica era: il campo elettromagnetico fa oscillare l’elettrone e se lo fa oscillare troppo lo strappa all’atomo in maniera simile alla fiamma di un fornello che porta pian piano l’acqua all’ebollizione.
Peccato che ci fossero alcuni fatti che quella spiegazione non riusciva a giustificare: innanzitutto affinché avvenisse il fenomeno la radiazione elettromagnetica doveva avere una frequenza superiore ad un certo valore di soglia. Come dire: se il fornello brucia a 200 gradi l’acqua bolle, se brucia a 150 non succede nulla. Secondo: se aumentavamo l’intensità delle onde incidenti aumentava il numero di elettroni strappati ma non la loro velocità e terzo la velocità degli elettroni strappati dipendeva solo dalla frequenza dell’onda incidente.
Conclusione: le teorie fisiche, che poi vennero dette classiche, non riuscivano a spiegare quei fenomeni, era un fiorire di ipotesi che cercavano di spiegarli, ad esempio Lorentz congetturò, per salvare la meccanica classica, che le distanze venissero contratte e i tempi dilatati nel verso di propagazione del raggio di luce per giustificare la costanza della velocità della luce, analogamente fiorivano ipotesi per spiegare i risultati ottenuti da Plank.
Uno studente del dottorato di ricerca in fisica al politecnico di Zurigo, temporaneamente impiegato all’ufficio brevetti di Berna(4), pubblica alcuni articoli sulle riviste scientifiche in cui, sviluppando la teoria sui quanti messa a punto da Max Plank, fornisce una spiegazione matematica dell’effetto fotoelettrico. Ipotizza che la luce sia formata da particelle (i quanti di luce) e che l’energia fra il quanto di luce e l’elettrone venga trasmessa di botto come avviene nel caso di un urto secco fra due palle da biliardo e non gradualmente come avviene con l’ebollizione.
Se il quanto ha poca energia si limita a rimbalzare come capita ad esempio ad un pallone lanciato contro un muro. Se invece ha abbastanza energia fa saltare un elettrone causando l’effetto fotoelettrico.
Dopo 100 anni ritorna in auge la teoria corpuscolare della luce. Oggi è noto che la luce si comporta sia come onda che come particella così come, ad esempio, gli elettroni. E per trovare una interpretazione di quei fenomeni ci son stati dibattiti all’interno della comunità dei Fisici, caspita se ce n’è son stati.
Riguardo poi alla costanza della velocità della luce, l’impiegato dell’ufficio brevetti elaborò le idee di Lorentz e le descrisse in maniera matematicamente organica in un suo celebre articolo che portò alla relatività ristretta.
Le idee di Einstein, come le ipotesi dei fisici precedentemente citati vennero accettate dal resto della comunità scientifica grazie agli esperimenti. Grazie al fatto che tali teorie spiegavano meglio ed in maniera più efficace osservazioni sperimentali e che, come capita nelle migliori teorie, consentivano di prevedere nuovi fenomeni che vennero realmente osservati.
Da notare anche che, a differenza della vulgata fuffista che vuole Einstein un incompetente a scuola che tira fuori, non si capisce da dove, idee innovative e, prima viene coperto di ridicolo e poi si copre di gloria, la realtà è che Einstein è stato un ottimo fisico, che ha elaborato e dato organicità a molti lavori e idee di grandi fisici precedenti(5) e che ha lavorato secondo i crismi della comunità scientifica portando a supporto delle sue ipotesi un sacco di esperimenti che venivano spiegati benissimo da quelle. Ed inoltre erano descritte in termini matematici rigorosi(6) a differenza di molti fuffari che si paragonano ad Einstein ma le cui ipotesi fanno acqua da tutte le parti e non son mai state verificate sperimentalmente.
E che la comunità scientifica non ha difficoltà ad accettare le novità purché fornite di robuste ed inequivocabili prove sperimentali, non è quel blocco monolitico di conservatori che si oppongono, per partito preso, a qualsiasi novità o spiegazione, come la teoria dei quanti di Plank, in aperta contraddizione con le teorie precedenti. L’importante è che:
- La teoria sia descritta matematicamente e che tale descrizione sia consistente.
- Le evidenze sperimentali portate a supporto della teoria siano state confermate da terze parti
- Gli eventi previsti dalla teoria effettivamente vengano misurati.
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(1) È un articolo divulgativo quindi non crocifiggetemi per qualche semplificazione azzardata.
(2) Più è denso il mezzo e più viaggiano veloci, giova ricordare i western dove puntualmente l’indiano appoggiando l’orecchio al binario sentiva l’arrivo del treno molto prima di vederlo.
(3) In realtà per velocità “basse” ovvero molto inferiori rispetto alla velocità della luce, masse e distanze “piccole”, i risultati ottenuti usando la relatività galileiana differiscono da quelli ottenuti usando la relatività di Einstein di un valore di molti ordini di grandezza inferiori rispetto alla precisione degli strumenti di misura usuali. Come dire che nel disegnare la piantina di casa vostra il geometra può ignorare la curvatura terrestre e far finta che la terra sia piatta.
(4) Sì, Eintein quando elaborò le sue teorie era studente di dottorato di ricerca in Fisica.
(5) Ad esempio Michelson, Lorentz e Plank erano vincitori del premio Nobel per la Fisica.
(6) Per strutturare matematicamente la teoria della relatività Einstein chiese aiuto perché si trovò nella necessità di dover utilizzare l’ “absolute differential calculus (quella che costituirà la base dell’analisi matematica tensoriale)”, una branca della matematica messa a punto in quegli anni da G. Ricci Cubastro e T. Levi Civita