Ritorno al 1970

La finanziaria altro non è che un ritorno al 1970 ove la spesa pubblica era prevalentemente una spesa per fare e mantenere i clientelismi; clientelismi di cui godettero tutti i partiti. E che portò agli anni 80 ed all’illusione di essere tutti ricchi.

Il pagare “per la pace sociale e il consenso” iniziò negli anni ’70, e se abitui i genitori all’esistenza del pasto gratis, poi hai voglia di spiegare ai figli che il conto del ristorante si paga.

E le colpe son bipartisan; i 5s altro non hanno fatto che quello che chiedeva la CGIL nei suoi sogni bagnati memore del periodo cui si poteva mangiare a quattro ganasce. E questo spiega anche l’assenza di opposizione; da quelle parti pochi hanno il coraggio di sfanculare finalmente la CGIL e le sue istanze antistoriche.

Piaccia o no la Fornero è il conto delle baby pensioni e delle guerre a tutte le altre riforme previdenziali.

Buffo che alla fine un governo “di destra” è riuscito a fare il pasticcio sognato dalla sinistra dura e pura…

fonte wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Baby_pensioni (grassetti miei)

Con baby pensioni o pensioni baby sono indicate quelle pensioni erogate dallo Stato italiano a lavoratori del settore pubblico che hanno versato i contributi previdenziali per pochi anni, o che hanno avuto la possibilità di ritirarsi dal lavoro con età inferiore ai 40-50 anni[1].

Le baby pensioni furono introdotte in Italia nel 1973 dal governo Rumor[2] con l’art. 42[3] del DPR 1092 “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”, che consentiva le baby pensioni nell’impiego pubblico: 14 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi per le donne sposate con figli; 20 anni per gli statali; 25 per i dipendenti degli enti locali. Il provvedimento fu votato dalla maggioranza e dalla opposizione.[4]

Il rilascio delle baby pensioni continuò ancora per qualche tempo ancora, anche dopo il Decreto legislativo 503 del 30 dicembre 1992 (“Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”) che contemplava gli ultimi requisiti che avrebbero permesso di conseguirla ancora per diversi anni. Infine la riforma Dini eliminò le baby pensioni ed introdusse la pensione di anzianità.

(…)
Costi per lo Stato italiano

Secondo alcuni studi, il costo delle pensioni baby negli ultimi 40 anni assomma nel 2012 a 150 miliardi di euro[9] e derivano in larga misura da lavoratori del settore pubblico.[10] L’anticipo di corresponsione della pensione ad una giovane età, determina che il periodo di pensionamento può arrivare a superare i 40 anni. Nel 2011 i pensionati complessivi con meno di 50 anni erano oltre mezzo milione e di questi 425 000 erano pensionati INPDAP ossia del pubblico impiego. Il costo complessivo annuo era di oltre 9 miliardi di euro. Circa 17 000 persone erano andate in pensione con 35 anni di età, lavoratori che percepiranno la pensione mediamente per quasi 50 anni.[11]

Grazie a questo provvedimento, si registrarono anche casi eclatanti di pensionamenti all’età di 29 anni o di pensionamenti in seguito a 11 mesi di contributi versati[12]. Secondo uno studio di Confartigianato, i costi complessivi per lo Stato assommano a 150 miliardi di euro.[13] In effetti dall’analisi della spesa pensionistica in Italia, dalla valutazione dell’aumento del debito pubblico e del debito pubblico implicito in Italia si nota la coincidenza degli effetti della nuova normativa pensionistica sul bilancio dello Stato.

Un esempio di calcolo di baby pensione
Si ipotizza un lavoratore che abbia versato dei contributi previdenziali con una aliquota contributiva pensionistica di finanziamento pari al 33% del reddito per 20 anni. Con il metodo di calcolo retributivo la pensione di vecchiaia sarà pari al 20 anni x 2% = 40% della media dei redditi degli ultimi anni secondo le regole vigenti. Un pensionato di 40 anni ha una aspettativa di vita di 45 anni quindi a fronte di una aliquota contributiva pensionistica di finanziamento del 33% x 20 anni ossia al massimo il 660% di un reddito annuale medio, percepirà 40% x 45 anni = 1800% del reddito pari ad una aliquota contributiva pensionistica di computo del 900% (1800%/20), ossia quasi tre volte i contributi versati nell’ipotesi di reddito costante (ipotesi quasi mai realizzata, quindi con costi aggiuntivi).

La differenza tra montante contributivo individuale maturato e la riserva matematica che sarà erogata negli anni si trasforma da debito pubblico implicito in debito pubblico esplicito determinando a carico di chi ha avuto altre promesse pensionistiche, una pari penalizzazione che potrà consistere o in un aumento dell’aliquota contributiva pensionistica di finanziamento o in un aumento dell’età per il pensionamento di vecchiaia. Per un baby pensionato che usufruisce di 30 anni in più di pensione, ci saranno 30 lavoratori che dovranno ritardare di un anno l’accesso alla prestazione previdenziale loro spettante.

Debito for dummies

Un parente vi chiede in prestito una cifra “importante”, dicendo che gli serve per un importante investimento. Vedete che invece la usa per andare in vacanza e spenderla in beni voluttuari.

Tornato dalla vacanza vi chiama e vi dice: “Senti… io ho speso tutto… adesso non ho un soldo e quindi il denaro non te lo posso rendere, ma amici come prima, ok?”.

Un mese dopo vi chiama e vi dice: “Ascolta, mi servirebbe del denaro in prestito o che faccia da garante per un prestito presso la finanziaria perché rischio di perdere l’acconto con l’agenzia di viaggio per la vacanza a Sharm se non pago il saldo. Non è che potresti…”.

Voi cosa gli rispondereste?

A) Certo, capisco che tu sia stressato ed abbia tutto il diritto di andare in vacanza. Ecco, il prestito lo chiedo io tu prendi i soldi e divertiti…

B) Scarica di insulti da far arrossire il sergente maggiore Hartmann

Avete risposto A; siete persone meravigliose, estremamente generose e sicuramente intelligenti, comprensive e studiate. Persone che meritano di possedere un nuraghe seminuovo. Oggi abbiamo il 50% di sconto, fate schiattare d’invidia i vostri parenti mostrandogli il vostro nuraghe in Sardegna. Alle prime 50 telefonate anche una foto autografata di Giorgio Mastrotta.

Se invece avete risposto B siete come la merkel, dei tirchi europlutocrati con un registratore di cassa al posto del cuore… Vergognatevi…

Pacta sunt servanda… semper… /2

I patti si devono rispettare… sempre.

Riprendo un articolo che scrissi quando Tsipras vinse in grecia e tirò fuori dal cilindro la storiella della rinegoziazione del debito e il ritorno alla dracma. Come al solito gli italiani non capiscono niente perché non hanno voluto capire niente1 delle vicende greche. Se il rinegoziare il debito e la stampa di una nuova moneta fosse stata la panacea perché la Grecia non l’ha fatto nel 2015? perché il Venezuela è nei casini, nonostante possa stampare tanta moneta quanta ne vuole2?

Sarebbero domande che le persone capaci di leggere qualcosa oltre le bacheche di FB e dotate di favella dovrebbero porsi3.

Su faccialibro e su internet è iniziato il festival degli sciroccati della fine dell’austerity e della rinegoziazione del debito (ovvero dire ai creditori: i soldi che ti dovevo rendere non te li do e me li sbagasso in qualche altro modo). E tutti ad esaltare Tsipras che non paga. Per chiunque abbia un quoziente intellettivo che abbisogni, per essere rappresentato, di almeno quattro bit (di cui uno di parità) salta subito agli occhi che simili azioni nella scala delle azioni intelligenti vengono immediatamente dopo i darwin awards e immediatante prima del pulirsi il sederino con una sabbiatrice industriale dopo aver fatto i bisognini.

Tizio ha un debito con Caio e decide di non pagare, cosa succede nell’immediato? che a Tizio nessuno presterà nulla per un tempo abbastanza lungo o se presta, presta sulla base di garanzie non revocabili unilateralmente da Tizio, come il trasferimento della proprietà di beni di Tizio verso Caio o cambiali. Provate a chiedere, da protestati, un prestito personale non finalizzato e vedete le condizioni proposte. Perché se uno froda una volta probabilmente froderà in seguito e, una volta che hai fatto una figura da truffatore l’etichetta ti resta attaccata addosso.

Quindi la scelta di Tizio di non pagare Caio può risultare vantaggiosa, per Tizio, solo in due casi:

1 – Tizio è alla canna del gas e deve chiedere l’elemosina anche solo per mangiare. In tal caso Caio si mette il cuore quasi in pace e, se lo ritiene opportuno lui (e non Tizio) può concedere dilazioni (pospongo le rate) o condoni (rendimi il 20% dei debiti e la chiudiamo lì).

2 – Tizio è molto ricco e non ha bisogno di accedere al credito per un tempo abbastanza lungo da far dimenticare quale cattivo pagatore sia stato.

Altrimenti per accedere al credito dovrà cedere in usufrutto alcune parti anatomiche (se miracolosamente sopravvissute alla sabbiatrice) se vuole accedere di nuovo al credito e avere un tasso di interesse “altino…”.

Parliamo anche di Caio; molti Caio, ora afficionados di Tsipras, hanno dimenticato i Tango Bond,  e chi è che s’è trovato un dildo size XXXL  superior nel secondo canale [dildo autografato dal Sig. Aggio in persona].

Cosa succede se l’italia non paga i debiti? banalissimo: nessuno presta soldi e nessuno accetterà semplicemente i soldi del monopoli che verranno stampati per sostituire l’euro. Le materie prime all’estero dovranno essere pagate in valuta pregiata. Le imprese dovranno sobbarcarsi loro il rischio del cambio. Succederà quello che è successo alla russia o alla ex jugoslavia: la valuta nazionale era carta straccia, quella reale era il marco tedesco, e i pagamenti avvenivano in natura, non nella valuta nazionale. Mercato nero a gogo. E la russia aveva materie prime e risorse, cosa che invece l’italia non ha.

Fate un piccolo esperimento: prendete un foglio di carta e scriveteci sopra: “vale cento euro”. Poi ditemi in quanto tempo riuscite a spenderlo ed avere merce per quel controvalore (case e alberghi del monopoli esclusi).


  1. E l’ignoranza “volontaria” io la considero una colpa grave. 
  2. Ovviamente è colpa del GGG (grande gombloddo globale); ex gombloddo quodlibet. 
  3. Sperando la risposta non sia: l’idea è ottima ma è sempre stata implementata male (cfr. comunismo marxista). Purtroppo molti drogati di idealismo pensano che se la teoria cozza contro la realtà allora sia la realtà ad essere fallace. 

reddito di cittadinanza, potere di acquisto e inflazione

Sul reddito di cittadinanza ci son altri aspetti cui mi sembra si stia parlando poco ovvero che possa causare una forte inflazione con tutto ciò che ad esso segue.

Premessa: cos’è il potere di acquisto di una moneta? Una moneta non ha valore di per sé ma sulla base di quanti beni e servizi può comprare. Grosso modo si può pensare il potere di acquisto come un: “quante mele posso comprare con 100 unità monetarie?” Una moneta forte con 100 unità monetarie compra 10 Kg di mele, una moneta debole invece compra mezzo torsolo e due semi. Ed è quella la cosa più importante della moneta più che il valore assoluto. Basti pensare che in Zimbabwe a seguito della iperinflazione avevano corso legale banconote da centomila miliardi di dollari dello zimbabwe (100.000.000.000.000 in cifre o 10^14 in notazione esponenziale) banconota che aveva un controvalore, al momento dell’annuncio, pari a circa 30 Dollari Americani.

In italia negli anni esisteva la “scala mobile” che causava una forte inflazione a due cifre e questo erodeva il potere di acquisto della moneta. Tanto per fare  un esempio, usando questo calcolatore on line dell’istat: http://rivaluta.istat.it/Rivaluta/  si vede che per avere il potere di acquisto di 1.000 lire al 1 gennaio 1975, il 1 gennaio del 1976 occorreva avere 1.109 lire, ovverosia la moneta ha perso potere di acquisto, ovvero valore.

Una moneta che perde rapidamente potere d’acquisto, ovvero che si svaluta troppo, viene snobbata dagli altri paesi e costringe a dover operare in valuta estera pregiata con le ovvie controindicazioni del caso, cioè dover immobilizzare capitali per acquistare valuta “forte” e doversi sobbarcare il rischio di cambio.

Troppa inflazione è nociva ed il reddito di cittadinanza, soprattutto se “incondizionato” oppure se condizionato con condizioni “assurde” che lo rendono di fatto incondizionato lancia a mille l’inflazione.

Supponiamo, usando cifre tonde, ci sia un reddito di cittadinanza di 1.000. Anna, cassiera del supermercato, preferirà restare a casa che andare a lavoro per la stessa cifra. Bruno, il proprietario del supermercato quindi, se vuole che Anna, o altri, lavorino alle casse del supermercato dovrà logicamente offrire di più e portare lo stipendio della cassiera da 1000 a 1200. Non solo, se paga la cassiera semplice 1200 non potrà pagare il caporeparto 1200 euro ma dovrà dargli qualcosa di più, diciamo che passa da 1200 a 1500. E così a scalare.
Domanda semplice chi paga tutti questi aumenti di stipendio? ovviamente Bruno dovrà alzare i prezzi del supermercato, e ciò ovviamente causa inflazione. Un chilo di mele passa da 2€ a 2,5€.
Il reddito di cittadinanza di Anna che prima le garantiva l’acquisto di 500 Kg di mele adesso permette di acquistarne solo 400 Kg.  E in breve tempo l’inflazione erode il potere di acquisto del reddito di cittadinanza.

Alta inflazione significa anche alti tassi di interesse come mostra questa tabella, che significa anche difficoltà ad ottenere prestiti e finanziamenti. Insomma un disastro economico.

Sul reddito di cittadinanza… – Buseca ن!

Ribloggo completamente l’articolo perché lo condivido e poi per aggiungere ulteriori in un mio post successivo

Sorgente: Sul reddito di cittadinanza… – Buseca ن!

Della serie sì, c’è vita intelligente su faccialibro, interessante questo pezzo propostoci da Fabio Goldoni:

Luca Ricolfi su reddito di cittadinanza (e perché non è soltanto un’idiozia…)

Il reddito di cittadinanza è una disgrazia sotto molti punti di vista
di Luca Ricolfi.

Tasse, sicurezza e occupazione sono gli unici temi che sono stati centrali in tutte le campagne elettorali della seconda Repubblica, compresa questa. Oggi però si è aggiunto un quarto tema, assolutamente centrale e senza precedenti: il reddito minimo.

Fra tutte le forze politiche, quella che più risolutamente e da più tempo punta sul reddito minimo, e da ben cinque anni ha depositato un disegno di legge, è il Movimento Cinque Stelle. L’idea è di garantire a chiunque, indipendentemente dal fatto di lavorare o meno, il raggiungimento di un reddito familiare pari alla soglia di povertà relativa, che attualmente in Italia è di oltre 1000 euro per una famiglia di 2 persone e di 1500 euro per una di 3 persone. La misura, fondamentalmente, riguarda tre categorie di soggetti; chi lavora e guadagna meno della soglia di povertà; chi è disoccupato e cerca un lavoro; chi si trova nella condizione di pensionato, di casalinga o di inoccupato con un reddito familiare inferiore alla soglia. In sostanza ne sono esclusi soltanto i minorenni, e chi ha un reddito dichiarato superiore alla soglia di povertà. Detta così, l’idea è affascinante. Ma come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli (e nelle conseguenze).

Vediamo. Primo dettaglio, il costo: comunque lo si computi (le stime oscillano fra 15 e 30 miliardi, ma se si sta alla lettera del disegno di legge la seconda cifra è la più verosimile), un costo annuo di una ventina di miliardi corrisponde a una manovra finanziaria permanente. E’ come dire che, una volta impegnati questi soldi, null’altro si potrà fare: né abbassare le tasse, né incentivare l’occupazione e gli investimenti, per non parlare delle altre innumerevoli promesse dei Cinque Stelle stessi.

Secondo dettaglio: il disincentivo a lavorare. Il disegno di legge sul reddito di cittadinanza ignora il fatto che, così configurato, il reddito minimo renderebbe non conveniente lavorare per ben 9 milioni di italiani. Perché mai un occupato a tempo parziale a 500 euro al mese dovrebbe continuare a lavorare se può guadagnarne quasi 700 non facendo nulla? Certo, si può obiettare che, in realtà, il diritto al reddito di cittadinanza si perde se non si rispettano determinati obblighi (come la ricerca di un lavoro, la formazione, la disponibilità a lavori socialmente utili) e, soprattutto, se si rifiutano le offerte di lavoro. C’è un piccolo dettaglio, però: il percettore di un reddito di cittadinanza può rifiutare ben 3 offerte di lavoro, e arrivato alla quarta può eccepire che l’offerta non è “congrua”, o che una delle precedenti offerte non lo era, e quindi non va inclusa nel conteggio. Ma che significa congrua? Lo specifica nei minimi dettagli il comma 2 dell’articolo 12 del Disegno di legge dei Cinque Stelle. Un’offerta di lavoro è considerata congrua se (cito solo alcune delle condizioni); “è attinente alle propensioni, agli interessi e alle competenze acquisite dal beneficiario”; “la retribuzione oraria è maggiore o eguale all’80% di quella riferita alle mansioni di provenienza”; il posto di lavoro è raggiungibile in meno di un’ora e 20 minuti con i mezzi pubblici. Tutte condizioni che devono essere soddisfatte congiuntamente, altrimenti l’offerta non è congrua. Non ci vuole moltissima fantasia ad immaginare le conseguenze. L’enorme burocrazia di funzionari pubblici pagati per gestire questi 9 milioni di beneficiari non riuscirà ad “accompagnare” al lavoro, al servizio civile, o nei corsi di formazione che una minima parte di essi. A chiunque non voglia accettare un’offerta di lavoro perché preferisce percepire il sussidio senza lavorare (o lavorando in nero) basterà rifiutarla (ha diritto a rifiutarne ben tre senza alcuna giustificazione). Se poi fosse così sfortunato da riceverne ben quattro, e anche la quarta non gli andasse bene, gli basterà considerarla “non attinente alle sue propensioni ed interessi”, che evidentemente nessuno, tantomeno un giudice del Tar, potrà pretendere di conoscere meglio del diretto interessato (l’unico freno all’abuso di questa possibilità di rifiuto è posto dal comma 2, che comunque scatta solo dopo un anno e nel caso di rifiuto di tutte le offerte precedentemente ricevute).

In breve: l’effetto economico più macroscopico del reddito minimo in formato Cinque Stelle sarebbe di ridurre ulteriormente l’offerta di lavoro, che in Italia è già patologicamente bassa rispetto a quella delle altre economie avanzate. Ma il dettaglio più inquietante del reddito minimo sta nella sua iniquità. Essendo basato sul reddito nominale, anziché sul potere di acquisto, esso non potrà che creare nuove diseguaglianze, come se non ne avessimo già abbastanza. Una misura equa, come il “minimo vitale” proposto dall’Istituto Bruno Leoni, dovrebbe basarsi sul reddito in termini reali e non sul reddito monetario. Stanti le enormi differenze nel livello dei prezzi, analiticamente documentate dall’Istat, mille euro di un operaio che vive a Milano valgono poco più della metà di quel che valgono per un manovale che vive in un piccolo comune del Mezzogiorno. Ecco perché tutte le misure basate sul reddito nominale (anche quelle del Pd e del Centro-destra) sono intrinsecamente inique: rischiano di escludere dal beneficio molti veri poveri nelle regioni del centro-nord, e di sussidiare molti finti poveri in quelle del Mezzogiorno. Per non parlare di altri squilibri: l’iniezione nell’economia di 20 miliardi di sussidi all’anno sulla base del reddito nominale dichiarato è strutturalmente una misura pro-evasori, perché beneficerebbe chi guadagna abbastanza ma dichiara poco o nulla, e taglierebbe fuori chi guadagna poco ma dichiara tutto.

Si potrebbe obiettare, naturalmente, che il fascino del reddito minimo deriva anche dal fatto che la formazione di posti di lavoro è molto lenta, molti mestieri e molte occupazioni stanno sparendo, i robot e l’intelligenza artificiale stanno sostituendo gli uomini. In un mondo in cui, come aveva previsto Keynes fin dagli anni ’20 del Novecento, il monte ore totale di una società tende a contrarsi, è logico che la maggioranza non lavori, e che sia la mamma-Stato a provvedere agli sfortunati (o ai fortunati?) che dal lavoro saranno esentati, che lo vogliano o non lo vogliano. Dopotutto, almeno in Italia, in parte è già così: la patologia di uno Stato che da sociale si fa assistenziale risale a circa mezzo secolo fa, quando per la prima volta venne denunciata vigorosamente da un manipolo di studiosi e di politici coraggiosi: Franco Reviglio, Giorgio Galli, Alessandra Nannei, Ugo La Malfa, autori di libri e analisi tanto memorabili quanto inascoltate.

A questa obiezione si possono, a mio parere, fornire due sole risposte. La prima è una domanda: è questo il tipo di mondo in cui vorremmo vivere? Davvero ci piacerebbe che il lavoro fosse il destino di una minoranza di super-efficienti, competitivi, stakanovisti cui spetta, attraverso la mano pubblica, mantenere tutti gli altri? La seconda risposta, invece, è una constatazione, che emerge dal confronto con gli altri paesi. Se guardiamo all’evoluzione del numero di posti di lavoro nelle società avanzate, scopriamo una cosa molto interessante, anche se leggermente frustrante per noi: dopo la crisi, e a dispetto della crisi, sono molti i paesi che hanno oggi un tasso di occupazione più alto di quello di dieci anni fa. Questo basta a mostrare che automazione, intelligenza artificiale, globalizzazione, delocalizzazioni non bastano a spegnere le energie di un paese vitale, che vuole continuare a crescere e prosperare. Certo, è possibile che fra dieci o venti anni l’Italia si ritrovi irrimediabilmente al di fuori dei sentieri della crescita e della modernizzazione, e che a un manipolo di produttori sia affidato il compito di mantenere una maggioranza di cittadini impoveriti e impotenti, in un paese che decresce e diventa sempre più marginale. Ma non raccontiamoci che è colpa del progresso, o che era destino, o che la responsabilità è dell’Europa, della signora Merkel o dell’austerità. Perché se a noi andrà così, e altri invece ne verranno fuori come già stanno facendo, è solo a noi stessi che dovremo chiedere: come mai, anziché reagire alla crisi, creando posti di lavoro veri, abbiamo preferito continuare, come facciamo da mezzo secolo, a puntare tutte le nostre carte sullo Stato assistenziale?

la bufala della moneta scritturale

Ovvero alcuni pazzi pretendono di battere loro la moneta e di usarla per pagare le obbligazioni.

Due note a margine:

-> Nessuno è obbligato ad accettare, in pagamento, valuta che non sia la valuta avente corso legale nello stato. Io posso rifiutare i pagamenti in dollari, in bitcoin od in patate. Sono obbligato ad accettare invece i pagamenti in euro.

La Banca d’Italia qui spiega bene cosa sia la moneta scritturale “vera” e cosa si rischi a giocare alla piccola “zecca di stato”. Terra terra: la moneta scritturale creata al di fuori del sistema bancario europeo è solo carta straccia e non vale la carta cui è stampata.  Tentarsi la carta della “moneta scritturale” significa peggiorare, e di molto, la propria situazione finanziaria.

Perché quando parliamo di “tornare alla lira” dimentichiamo la storia – Altreconomia

Molto, molto interessante. Molti che paventano il ritorno alla lira hanno una memoria selettiva; dimenticano l’inflazione alta e il dover pagare la benzina, in proporzione allo stipendio medio, un botto.

Vero anche che prendere un master in economia alla youtube university è oramai alla portata di tutti…

Perché quando parliamo di “tornare alla lira” dimentichiamo la storia

Sorgente: Perché quando parliamo di “tornare alla lira” dimentichiamo la storia – Altreconomia

Se questo è un cittadino portavoce…

fonte: http://www.ilpost.it/2016/09/19/carlo-sibilia-moneta/

 

Carlo Sibilia, deputato e membro del direttorio del Movimento 5 Stelle, ha pubblicato un post su Facebook a proposito di quella che secondo lui è una fregatura che è stata raccontata agli italiani.

Esiste una crisi idrica, quando c’è scarsità d’acqua.
Esiste una crisi geologica, quando c’è scarsità di suolo.
Esiste una crisi d’aria, quando è troppo inquinata.
Non può esistere una crisi monetaria perché manca la moneta.
Infatti acqua, terra e aria sono risorse naturali e pertanto sono finite. La moneta è un’unità di misura e può essere creata in qualsiasi momento.
Dire che esiste una crisi monetaria è come dire che non c’è la lunghezza perché mancano i metri.
NON FACCIAMOCI FREGARE!

“Crisi monetaria”, in genere, è un’espressione usata per indicare il rapido crollo del valore di una moneta. Sibilia costruisce un parallelo in cui sostiene che le “crisi” sono in genere determinate da una mancanza di qualcosa e così, quindi, deve essere anche per le crisi monetarie. Il problema, continua, è che la moneta è soltanto un’unità di misura del valore, quindi non può mai mancare. In caso di “mancanza di moneta”, quindi, è sufficiente stampare nuova moneta per risolvere la situazione. Le crisi monetarie, secondo il deputato, sono una “fregatura”.

A prescindere dal fatto che Sibilia forse allude più alla crisi economica che a una crisi monetaria, gli esempi che utilizza per dimostrare la sua tesi sono un po’ sballati. Il fatto che il metro sia un’unità di misura non implica che esista una quantità infinita di metri: e come un appartamento ha una precisa dimensione in metri, così è finita la dimensione di un’economia. L’Italia, per esempio, ha un PIL di circa 1.500 miliardi, se misurato in euro. Se la produzione di beni e servizi nel nostro paese rimane costante, raddoppiare la quantità di euro in circolazione non produce effetti positivi (anzi), così come non si può variare la dimensione un appartamento semplicemente raddoppiando o dimezzando l’unità di misura con cui se ne misura la superficie.

Il problema che Sibilia non sembra considerare, in sostanza, è l’inflazione. Se la moneta in circolazione aumenta in maniera sostanziale senza che ci sia un aumento nella produzione di beni e servizi, il risultato sarà una perdita di valore della moneta stessa: quello che ieri compravo con dieci, oggi ne costa quindici. È un concetto facile da comprendere se immaginiamo che domattina tutti gli italiani si trovino depositati sul conto corrente tre milioni di euro. Arrivati alla sera, quanto pensate che vi costerà convincere qualcuno che è appena diventato milionario a consegnarvi una pizza sotto la pioggia?

Riporto l’ottimo articolo del post che spiega la cavolata galattica del cittadino portavoce. Adesso io non pretendo che i parlamentari siano tuttologi assoluti ma avere o le basi per non dire troppe cavolate o tenere il becco chiuso quando si parla di argomenti che non si capiscono sarebbe un comportamento accorto.

Perché l’ignorante più pericoloso è quello convinto di sapere tutto e di avere tutta la scienza in testa.

C’è da dire che comunque l’ala dura dei sostenitori del moVimento conta molte persone che seguivano Grillo da quando il suo blog era il sancta sanctorum della fuffa nell’internet italiana e che prendevano per oro colato qualunque cosa venisse scritta nel blog.

Se il peso elettorale del movimento si ridimensiona chi riuscirà a rimanere sulla cresta dell’onda sarà chi riuscirà a carpire il voto dello zoccolo duro gombloddista, uno che ovviamente sostiene le loro tesi. Quindi mi rimane un dubbio; siamo davanti ad un clamoroso caso di ignoranza, roba da far sembrare Mary Star del Tunnel una novella Gianotti o ad un cinico calcolo politico per carpire il voto e il sostegno dell’ala sbroctronica del moVimento?

E’ giusto pagare due euro per farsi installare una app? Sì.

Stavo leggendo la vicenda di Selvaggia Lucarelli e di Mediaworld.

Questo il messaggio della lucarelli su FB

A MediaWorld hanno deciso di fare cassa coi vecchietti. Io ora se mia mamma mi chiede di installarle whatsapp le chiedo 10 euro.

foto di Selvaggia Lucarelli.

Che dire? trovo l’accusa della lucarelli gratuita e infamante. Piaccia o no il tempo è denaro e, un addetto che sta dietro al vostro cellulare per configurarvelo, non sta servendo un cliente che vorrebbe magari supporto per comprare qualcosa, e che magari, infastidito dall’attesa, alla fine esce senza comprare niente.

Che mediaworld sia grande o piccola, se vuole rimanere a galla deve fare utili non beneficenza. D’altronde anche la lucarelli va a gratis a fare l’opinionista nelle varie trasmissioni di gossip? Credo di no.

Lavorando da informatico mi è capitato, come a moltissimi altri colleghi, di ricevere chiamate per risistemare computer, stampanti e qualsiasi altro dispositivo elettronico. E spesso, i pseudoamici, quelli che si ricordano solo quando servi, pretendevano che gli risistemassi i pasticci che loro avevano fatto, magari perdendoci tutta una sera, salvo poi pretendere il servizio gratis perché: è facile, lo sai fare.
Ci siamo passati quasi tutti e, alla fine si diventa cinici e bastardi, anche perché io dell’informatica ci vivevo. I discorsi erano di questo tipo; i pensieri tra parentesi.

Shevathas: Sì, pronto?

PseudoAmico: Ciao, come stai, il mio computer è incasinato non riesco più a navigare in internet cos’ha?

S: (e chi sono, mago Ciro?) Non ne ho idea.

PA: Ma puoi fare qualcosa?

S: (vuoi vedere che ha dimenticato di attaccare qualcosa.) hai controllato i cavi, il modem funziona, le luci sono accese?.

PA: eh ma io non ci capisco nulla, non è che puoi passare a dare un’occhiata

S: (due coglioni, ho altro da fare che rimettere a posto, a gratis, PC incriccati) sto lavorando, non posso.

PA: ma è un lavoro da cinque minuti

S: (sì, non capisci nulla però sai che son 5 minuti…) son 50 sacchi di chiamata e poi vediamo quanto ci impiego. Se mi porti il PC a casa ti faccio pagare solo l’intervento

PA: per un lavoro di cinque minuti facile e veloce?

S: ma se è un lavoro di cinque minuti facile e veloce perché non te lo fai da solo?

PA: Tanalla(1). Click!

Vivere a scrocco è bello, e fare i generosi con i soldi degli altri fa tanto, ma tanto, fico. Peccato che la realtà sia diversa. Lavorando come libero professionista ti rendi conto che i “clienti” con il braccino cortissimo che pretendono e non pagano è meglio perderli da subito che tenerli.
I più rompiballe era la gente pretende da te lo stesso servizio che riceveva da meganipote, supercuggino o ipercognato.

Queste figure mitologiche, conosciutissime da chi lavora nell’informatica, sono ultraesperti con 37 master in informatica al MIT e al CALTEC, che ti chiedi come mai Google, Oracle o Microsoft non abbiano fatto la lotta nel fango per assumerli, capaci di risolvere qualsiasi problema in cinque minuti, fare portali web immensi, contenuti e grafica compresa, in mezza giornata, e lo facevano gratis, anzi a momenti pagavano per l’onore di risistemare un PC incasinato.

Al secondo caso, la risposta era solo una: ma perché allora non ti rivolgi a loro?

Una cosa che alcuni scrocconi viziati non capiscono è che l’amicizia è una cosa ma i rapporti professionali sono altro, se vuoi una consulenza professionale la paghi, altrimenti la ricevi come e quando, e soprattutto, se piace a me.
Se vai al ristorante e paghi per l’aragosta hai tutti i diritti del mondo di incazzarti se non ti portano l’aragosta, se vieni a pranzo da me è maleducato offenderti se non ti servo l’aragosta che desideri. Ciò che si paga si può e si deve pretendere(2), i regali invece sono insindacabili.

Concludendo, se la lucarelli ha tanto a cuore i vecchietti che non sanno installarsi what’s app perché non apre lei una onlus dove volontari, o dipendenti da lei pagati, forniranno gratuitamente l’assistenza richiesta?

Temo che la stella di selvaggia si stia appannando e quindi stia cercando di trollare a più non posso per rimanere sulla cresta dell’onda. Vedo un isola degli ex famosi all’orizzonte.

PS segnalo anche questo commento che condivido a pieno

fonte: https://www.linkedin.com/pulse/non-capisco-lo-scandalo-generato-da-questa-foto-chi-rudy-bandiera

Selvaggia Lucarelli è entrata a un Mediaworld, ha fatto la foto al cartellone che vedete in copertina e più in basso, e poi ha commentato come segue:

A MediaWorld hanno deciso di fare cassa coi vecchietti. Io ora se mia mamma mi chiede di installarle whatsapp le chiedo 10 euro.

Lei è furba, provocatrice. La sua frase è controversa e può essere interpretata in mille modi diversi: come una battuta, come una critica, con sarcasmo.
In effetti a mia nonna non chiedo i soldi per sistemare il telefono perchè è mia nonna ma a tutti quelli che si sono incazzati dicendo a MW cose tipo “sciacalli” oppure “rubate i soldi ai più deboli” io chiedo: voi lavorate gratis?

5 euro per la prima accensione vi sembrano davvero così tanti? Se si allora non l’avete fatta a molte persone: l’ultima volta che ne ho fatta una io a qualcuno, questo qualcuno non sapeva la password, ha dovuto fare 16 telefonate, provare con 5 password diverse, non sapeva cosa voleva e via dicendo.

Il tempo è un valore, non è sciacallaggio, è lavoro. Se qualcuno ti trasferisce la rubrica ti sta facendo un servizio. Se non ti va bene pagarlo chiama tuo nipote, fallo da solo o chiama la nonna della Lucarelli che ormai credo sappia fare.

(1) Tirchio in vernacolo Cagliaritano.

(2) Che poi è il motivo per il quale le aziende preferiscono stringere contratti con altre aziende che appoggiarsi a volontari come i LUG. Se io pago un contratto di assistenza 7/24, e chiamo il 14 di agosto alle 23:00, pretendo che qualcuno mi risponda e mi fornisca il servizio che pago. Se invece mi appoggio a volontari non posso pretendere che vengano immediatamente a levarmi le castagne dal fuoco.

Patrimoniale

Uno dei cavalli di battaglia di una certa sinistra pauperistica è, puntualmente, la patrimoniale. Giochiamo ai piccoli robin hood e leviamo ai ricchi per dare ai poveri.
Peccato che questi sogni non reggano alla forza dei numeri, come dimostra questa perla pubblicata fra i commenti del fatto quotidiano.

fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/10/debito-pubblico-i-problemi-di-un-paese-che-non-ha-una-sinistra-che-fa-la-sinistra/2533132/#comment-2562699168

Andrej Vyšinskij
L’unica vera soluzione è quella che nessuno vuol prendere! Si chiama aumento di capitale del Paese, cioè una grande PATRIMONIALE, cioè (per essere ancora più chiaro) forte travaso del patrimonio dei RICCHI verso le casse dello stato!!! Solo questo ci potrà salvare!!!!!!!

Hobbes -> Andrej Vyšinskij
Bene, facciamo qualche conto. Secondo la rivista Forbes i dieci uomini più ricchi d’Italia possiedono un patrimonio di 100 miliardi di dollari. Facciamo una super patrimoniale, cioè portiamogli via tutto e diamolo ai 12 milioni di italiani che secondo l’Istat vivono in povertà. Fanno 8300 euro a testa: un modesto stipendio di 700 euro mensili per un anno. Uno solo, e poi basta.
Adesso invece pensiamo a quante persone lavorano, direttamente o indirettamente, per questi dieci super ricchi. Persone che ricevono uno stipendio mensile quasi sempre superiore a 700 euro a testa. Anno dopo anno.
E rendiamoci conto che la povertà si vince col lavoro, e il lavoro lo crea l’imprenditore, non lo stato. E pensiamo come spingere questi miliardari a investire di più su aziende che creano lavoro.

Che dire? una pietra tombale sui sogni di tanti robin hood con il master in economia conseguito alla prestigiosa Youtube University.