Una amica mi ha segnalato questo articolo dell’espresso; devo dire che mi ha lasciato alquanto perplesso. Non tanto per i contenuti quanto per il tentativo di spettacolarizzare e scatenare un poco di indignazione per acchiappare qualche click. Sinceramente mi è sembrato un articolo sulla scoperta dell’acqua calda.
Sorgente: Stupro su Facebook, ecco cosa si dicono gli uomini che umiliano le donne – l’Espresso
Sono tutti gruppi Facebook chiusi, a iscrizione e l’unico modo per introdursi è quello di fingersi uno di loro. Un “vero maschio” che parla come un giornale porno anni ‘70 e per cui la parità tra i sessi è la più grande mistificazione.
Partiamo dall’inizio: i gruppi su FB spesso vengono chiusi per evitare spammer, provocatori, gente che si crea un profilo falso e piomba a rompere i coglioni. Molti gruppi cui partecipo sono chiusi, sia quelli di scazzo dove si perculano i complottari e fuffaroli assortiti, sia quelli “seri” ove si discute di meteorologia o del traffico cittadino. La chiusura di un gruppo non è ipso facto prova di attività illecite all’interno del gruppo.
A inizio anno è stato rimosso il gruppo francofono Babylone 2.0: migliaia di uomini vi condividevano foto delle loro presunte conquiste, corredate da testi oltraggiosi e sessisti. La notizia ha fatto il giro del mondo. Ma di gruppi simili ne esistono a decine soltanto in Italia. Nascono e rinascono in continuazione. Uomini che umiliano le donne sfruttando l’effetto gogna sconfinata dei social network. Uomini che bersagliano le donne con epiteti rancidi e vili. Quando le nostre mogli, figlie, amiche sono al mare o in palestra, in ufficio o alla stazione, un numero considerevole di insospettabili sta lì a fotografarle di nascosto per riversare le immagini sul loro Facebook parallelo. (…)
Comincia il minestrone: il reato maggiore è l’utilizzo di immagini di una persona senza la sua autorizzazione, nel dire stupidate come “me la farei” oppure “ma che belle tette che ha” o raccontare qualche scena da “porno degli anni ’70”, difficilmente penso ci sia qualcosa da codice penale. Chiariamo: il problema qual’è la foto o i commenti? Se la foto fosse quella di una diva o di una pornostar i commenti sarebbero più o meno gravi? Io il grave lo vedo nell’usare foto di persone a loro insaputa più che nello scrivere cojonate.
In un gruppo dal nome tragi-grottesco (Seghe e sborrate su mie amiche) Giovanni S. un ragazzo piemontese dall’aria perbene, posta l’immagine di una ragazza comune in jeans e canotta che commette però l’impudenza di sorridere: “Labbra da pompinara da riempire” è il suo pensiero istantaneo. Come se la sua unica colpa fosse quella di essere una donna: una merce sempre in fregola e sempre in saldo sotto la scorza di fuorviante normalità. Qualche tempo fa lo stesso Giovanni aveva condiviso un articolo sul suo account personale Facebook che sensibilizzava contro la violenza sulle donne. Oppure sono scatti privati, inviati in buona fede ma dati poi in pasto con l’inganno a una marea di sconosciuti. (…)
Non capisco sinceramente questa frase; che cosa c’è di male ad avere fantasie erotiche verso una donna ed esprimerle in maniera volgare. Si parla di gruppi di scazzo in cui commenti immagini non del circolo letterario dei poeti del dolce stil novo. Capisco che la volgarità possa dare fastidio ma di per sè non è mai un reato. Il reato nel caso, lo ripeto, son le molestie, le calunnie, l’uso di foto di persone senza autorizzazione alla loro pubblicazione. Il fare un commento volgare ad una foto ti rende ipso facto uno stupratore? mah. Senza considerare che esistono anche donne cui piace farsi guardare e son loro a pubblicare le loro immagini. Certo questo rompe lo schema “donna angelo vs uomo demone assatanato” propugnato da molti e da molte.
Poi se ampliamo poco poco lo sguardo staccandolo dalle volgarità dei maschietti verso le femminucce si trova che FB è pieno zeppo di volgarità da parte di tutti verso tutti, dai gruppi di paranoici contro le scie chimiche che “sputtanano” malcapitati come lacché del NWO e implicati nel grande gombloddo globale, a gruppi di tifosi dove lo sport è lo sfottò, talvolta anche pesante, verso i tifosi delle altre squadre a gruppi di femministe radicali che, a livello di volgarità rabbia e astio da tastiera, non hanno nulla da invidiare ai gruppi denunciati dall’espresso. Basta leggere alcuni dei messaggi lasciati durante il caso di fortezza da basso a firenze; ove sei ragazzi accusati di stupro vennero assolti perché l’accusatrice venne riconosciuta, dalla corte, consenziente e nella sua deposizione vennero riscontrate troppe incongruenze e troppe contraddizioni per essere ritenuta credibile.
O parliamo di Caterina Simonsen e di quanto venne insultata in certi gruppi di animalari. Piaccia o no l’idiozia è una delle cose più equamente distribuite nel mondo, e se scavi poco poco su FB ne trovi tanta quanta ne desideri.
(…) Certe volte la molla scatenante è invece una turpe vendetta da consumare gettando fango su qualche vecchia fiamma. Qui siamo dalle parti del “revenge porn”, come nel drammatico caso di Tiziana Cantone. In La esibisco, foto amatoriali e avvistamenti (un’altra stanza Fb blindata amministrata da Sabatino B, autotrasportatore di Civitavecchia e Pietro M, catanese con tatuaggi e sopracciglia ad ali di gabbiano) si produce, ad esempio, Marco Claudio: “E che ne dite di questa che per otto anni me la sono scopata? Se c’è qualcuno interessato, in privato posso dire dove può trovarla”. La cessione di un diritto feudale.
Ci spostiamo nel gruppo Mogli e fidanzate Napoli esibizioniste e troie, 15 mila fedelissimi. Ralph M. mette all’asta sua sorella e i convenuti intraprendono la consueta geolocalizzazione del tesoro. Perché il fine ultimo è la caccia reale alla preda. Si cerca perciò di carpire le generalità dell’ignara protagonista di turno: le sue abitudini, il suo indirizzo. E dall’abuso verbale alla violenza fisica, il passo può essere breve.
Il revenge porn è un reato. Le molestie sono un reato. Lo “sputtanare” pubblicamente è un reato. Reati che esistono da prima di FB, ricordo tanti casi di vendette con scrittura di numero di telefono nei cessi. Si tratta di reati ed è giusto che vengano perseguiti, nessuno lo nega.
Andrea P. è un habitué del gruppo Giovani fighette per porci bavosi (11 mila membri) e carica il file jpeg di una ragazza castana in costume sul letto: “Altra bella fighetta” è il suo contrassegno da gentleman. Daniele minaccia: “Io la rompo una cosi”. Un altro: “Per i capelli: bocca aperta, pene fino in gola”. E la fantasia di stupro è servita. (…)Tanto basta a fomentare gli animi. E c’è chi vomita oscenità da bagno pubblico all’indirizzo fotografico di ragazzine che paiono minorenni.
Esistono le fantasie di stupro e le fantasie di violenza ma una cosa è l’avere una fantasia di stupro altro è il compiere realmente uno stupro. Come quelli che si sfogano nei FPS oppure giocando a softair, non è detto che un appassionato di doom poi prenda realmente un fucile a canne mozze e vada a fare una strage, anzi spesso son molto meno agitati e più tranquilli della media. Perché allora mescolare le due cose? Voglia di psicopolizia?
L’articolo 167 del codice della privacy prevede la reclusione da uno a sei mesi per chi pubblica foto senza consenso. Ma di fatto viene garantita l’impunità a questi nuovi primitivi che vedono “zoccole e vacche” ovunque. Tante donne soffrono in silenzio, e l’umiliazione del cyberbullismo a sfondo sessuale si mescola alla paura e alla frustrazione. Denunciare alla polizia postale sembra inutile, e su Facebook nessuna grande campagna di pulizia e polizia interna è in corso. L’importante, si sa, è rispettare i suoi “standard specifici”. La dignità femminile non fa parte dell’algoritmo.
Questa è la parte che mi è piaciuta meno; FB dovrebbe trasformarsi in un paladino della buoncostume? chi dovrebbe giudicare se un commento è volgare o meno? Cosa c’entra il cyberbullismo, il revenge porn, che ricordiamo son reati, con lo scrivere coglionate da porno degli anni ’70 su FB? Sinceramente preferisco il porno degli anni ’70 all’ennesima crociata censoria fatta in nome dell’ennesimo babau. I reati è giusto che si perseguano, nel mondo reale come su FB, quello che reato non è non deve essere perseguito, per quanto possa non trovarci d’accordo. FB non è che uno specchio della realtà; le scritte da cesso pubblico e i discorsi da palestra esistevano da prima. Solo che adesso vengono messi “in piazza” visibili da tutti ed è difficile far finta che non esistano, solo questo.