viva la libertà (con i soldi altrui).

Fatto: google ha rescisso il contratto “AdSense” per la raccolta pubblicitaria con il blog byoblu di Claudio Messora.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/29/google-messora-disattivata-raccolta-pubblicitaria-su-mio-blog-caccia-alle-fake-news-per-spegnere-la-rete/3348762/

“Ieri, dopo essere tornato da Roma per dibattere insieme a centinaia di giornalisti (ironia della sorte) proprio di “fake news”, trovo una email di Google che mi informa di avere disattivato la monetizzazione del mio blog decennale (i banner pubblicitari), con la motivazione che inganno i miei lettori fingendomi una testata giornalistica (una “news organization”)”. Lo racconta Claudio Messora, ex responsabile della comunicazione del M5s al Parlamento Europeo, sul suo blog Byoblu e in un post sul blog di Beppe Grillo. (…)

“Questo provvedimento, che mina seriamente la capacità di produrre informazione libera fuori dal tempio del giornalismo “autorizzato” aggredendone il modello di sostentamento economico – è la denuncia del blogger -, mostra quali siano gli obiettivi reali della campagna scatenata contro le fake-news: spegnere qualunque voce indipendente che possa restituire al termine “democrazia” un significato autenticamente spendibile, nel tentativo disperato di invertire il corso della storia e mantenere saldamente il controllo nelle mani di chi, politicamente, ha una fottuta paura di perderlo”.

Questa ingenuità mi ha fatto ridere; come disse il presidente Mao: la rivoluzione non è un pranzo di gala, e sinceramente chi vuole giocare, con i soldi del sistema all’eroico partigiano in lotta contro il sistema, lo trovo decisamente patetico. Perché non prova altri canali di finanziamento? crowdufunding, contenuti a pagamento? Se i suoi lettori hanno il braccino corto corto o giudicano il suo sito e i suoi contenuti non abbastanza interessanti da metter mano al portafoglio per pagarli che colpa ne ha Google? La libertà è bella ma non è gratis se vuoi essere libero allora metti mano al tuo portafoglio.

Questo è un caso da manuale dove gli alti ideali vengono utilizzati per verniciare basse questioni di bottega: gli è stato impedito di comunicare? il suo sito è stato chiuso d’imperio? No, semplicemente viene costretto a trovare altre fonti di finanziamento diverse da AdSense.  Se non ci si riesce, allora si chiude e si fa altro. Se invece si vuol fare il partigiano rivoluzionario allora si ricordi sempre la richiamata regola di Mao: la rivoluzione non è un pranzo di gala, e si eviti di frignare che, nella rivoluzione di ieri notte, non ci son state le tartine al caviale fra gli antipasti, altrimenti la figura che si fa è quella, patetica, del rivoluzionario da salotto.

Devo anche ammettere, sinceramente, che son contento che si lotti contro il clikbaiting e lo sparare cazzate al solo fine di attrarre click da monetizzare. Preferivo la vecchia rete non commerciale. C’erano pochi contenuti amatoriali ma questi venivano scritti solo da chi aveva il piacere di farlo. Infatti la netiquette nei newsgroup considerava molto scorretto il sollecitare risposte o il pretendere che il proprio messaggio fosse considerato “interessante”. A molti che pretendevano risposte si rispondeva: chiedere è lecito, rispondere è cortesia, leggere prima le faq ed i messaggi precedenti molto gradito. Se non vuoi che commentino i tuoi messaggi, allora non scriverli. Se i messaggi non ti interessano allora non leggerli ma non rompere le OO che le discussioni qui non ti piacciono. Pazzi furiosi, mitomani, antivax etc. etc. c’erano già allora, ma almeno non ci piazzavano businnes con le bufale. Non era più pulita, ma forse un poco più genuina.

Messora inquadra l’episodio nell’ambito del recente annuncio di Scott Spencer, il dirigente Google a capo della piattaforma Adsense, quella che gestisce appunto il servizio di pubblicazione di banner pubblicitari sui siti web, di avere “già rivisto oltre 550 siti web e di avere preso provvedimenti contro 340 di loro, colpevoli di ‘dare una falsa rappresentazione di se stessi e di ingannare i propri lettori fingendosi testate giornalistiche’”. In pratica, sintetizza, “è la morte della rete per come Gianroberto Casaleggio ce l’aveva fatta amare”. Secondo il blogger, infatti “questa è la linea del Piave dell’informazione libera: va tenuta ad ogni costo. Google deve rispondere. Non bisogna arretrare di un centimentro. In gioco non c’è la mia modesta persona (come avrebbe detto Biagi), ma la rete come l’abbiamo conosciuta e amata e che, se lasciamo passare cose come queste, da oggi potrebbe diventare un cimelio da museo”.

La rete di gianroby era la rete ove qualunque caprone ignorante era convinto di poter discutere, da pari a pari, con l’insigne luminare di argomenti pertinenti la materia del luminare1. Geometri che disquisiscono di fisica dell’atmosfera e di normative sul trasporto aereo, laureati in lettere che spacciano mirabolanti cure con le staminali, inventori di motore a gatto imburrato, signoraggisti etc. etc. La rete di gianroby era la rete che legittimava simile feccia e faceva creder loro, per numero e democrazia, di poter mettere la bocca su qualunque argomento e che delle loro argomentazioni si dovesse tener conto allo stesso modo delle argomentazioni dell’insigne medico o del fisico delle particelle. Mi spiace, l’avere il, giusto, diritto di dire una stronzata non significa che la stronzata diventi una verità. Rimane una stronzata. Il sacro blog era una raccolta di bufale e stronzate, monetizzato poi nel partito politico della gggente contro i professoroni.  La rete delle biowashball e dei motori a gatto imburrato, la rete dove aveva più visibilità chi la sparava più grossa, la rete dove gli antisistema più bravi a spararsi pose da alternativi guadagnavano un sacco dalla pubblicità.

Vuoi lottare per la rete alla gianroby? fatti mantenere dai suoi eredi morali, con i quali condividi gli obiettivi. Ma, cinicamente, penso che molti siano pronti a condividere gli obiettivi, pochi a condividere invece gli euro…


  1. precisiamo meglio: se discuto con il luminare di Fisica della partita di calcio o se sia meglio la pizza ai funghi rispetto alla caprese la mia opinione vale la sua. Se mi metto a discutere della sua materia, la mia opinione, soprattutto se non supportata da fatti scientifici, vale un cazzo. 

la libertà non è gratis…

Stavo leggendo le polemiche riguardo a Zerocalcare ed al suo account facebook cancellato, e sulla rete è tutto un fiorire di lamentele e piangnistei riguardo alla libertà di espressione ed alla censura fascista di FB.

In quello, mi spiace dirlo, ma vedo tante prove di infantilismo acuto oltre che di analfabetismo funzionale. La costituzione, art. 21, dice questo:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

che è una dichiarazione di principio, e, da notare, non impone alcun obbligo a chi che sia di mettere a disposizione le sue risorse per permettere a Tizio o a Caio di esercitare il proprio diritto.

Brevemente: Tizio ha diritto di dire che sostiene $politico_che_mi_sta_sulle_palle e ne condivide le idee? Sì, liberissimo.

Io ho l’obbligo di ascoltare le idee di Tizio, di condividerle o di ospitare Tizio a casa mia o di mettere a disposizione il mio blog affinché possa divulgarle meglio? Per niente; se non voglio sentire cosa ha da dire tizio o se giudico che i commenti di tizio a questo articolo non siano di mio interesse o semplicemente non voglio che abbia visibilità da questo blog io ho tutti i diritti di censurarli e cancellarli.

Non ho il diritto invece di impedire a tizio di aprirsi un suo blog, di fare i comizi nelle sale che lui ha pagato, di pubblicare i suoi articoli nei giornali disposti a farlo.

In casa mia ho il diritto di decidere io, in casa d’altri chi decide è il padrone di casa e io o rispetto le sue decisioni o devo rassegnarmi a cercare un’altra casa più ospitale.

E faccialibro non è un servizio pubblico, è una società privata che mira al profitto, non sono le orsoline della libertà di pensiero; e l’uso di FB, soprattutto se attraverso account gratuiti, permette a FB di segarti l’account ad minchiam se li gira. Può non piacere ma il contratto che, iscrivendosi a FB si stipula, è chiaro, loro possono segarti l’account a loro piacimento.

Prima di frignare sulle clausole vessatorie che permetto la cancellazione repentina dell’account, ci son da fare alcune considerazioni:

Primo, in internet non esiste solo faccialibro, ci son mille possibilità di pubblicare su internet, blog, siti etc. etc. con altre condizioni. Se quelle di FB non piacciono nulla vieta di andare da qualche altra parte. Essere segato da FB non significa affatto finire chiusi in cella di isolamento senza poter comunicare con il mondo.

Secondo: si tratta di un servizio “gratuito”. Si può pretendere solo ciò che si paga, ciò che invece non si paga non si può pretendere. Se voglio che FB tenga in piedi la mia pagina e non me la chiuda “ad minchiam” devo mettere la mano in tasca e stipulare un contratto oneroso con lui, contratto che prevede obblighi precisi e reciproci. Se si vuole il pasto gratis allora bisogna rassegnarsi a ciò che passa il convento. Come aveva scritto Heinlein nell’opera “la luna è una severa maestra”:

TANSTAAFL “There ain’t no such thing as a free lunch” “Non esistono cose come i pasti gratis”

Nessuno offre pasti gratis, se vuoi il pasto gratis di Zuckemberg devi sottostare alle regole di Mark, se paghi invece tu il pasto allora sei tu che detti le regole. Lottare per la libertà significa anche impegnarsi e “pagare di tasca propria” il palco per il comizio, il sito o l’annuncio sul giornale, non significa frignare contro i cattivoni che non ti prestano un microfono, che pretendono di essere pagati per il sito o per pubblicare. Quello non è lottare per la libertà, è solo far capricci infantili, oltre ad apparire “tirchi”.

 

 

reato di negazionismo, una grande stupidaggine

Chi nega la Shoah o i crimini di genocidio, di guerra o contro l’umanità rischia da 2 a 6 anni di carcere. E’ quanto previsto dal ddl approvato al Senato che introduce l’aggravante del negazionismo alla legge Mancino. 134 i voti a favore, 14 i contrari e 36 gli astenuti. Il provvedimento torna ora alla Camera. Forza Italia non ha partecipato al voto e il Carroccio si è astenuto.

fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/03/negazionismo-ok-senato-al-ddl-che-introduce-aggravante-a-legge-mancino-si-rischiano-fino-a-6-anni-di-carcere/2693158/

Sinceramente: mi sembra una colossale cavolata, analoga al reato di “omofobia” previsto dal ddl Scalfarotto, un modo subdolo per introdurre i reati d’opinione. Essere idioti non è reato, credere che hitler non sia mai esistito neppure, che la II guerra mondiale sia stato un complotto di Hollywood per vendere film anche.  I reati per me sono aggressioni, violenze, ingiurie, comportamenti da perseguire sia che l’autore creda alla shoa, sia che l’autore non ci creda.

Senza considerare l’uso strumentale che se ne farà, come già capitato con la legge Mancino, per “chiudere il becco” contro pareri, leciti e legittimi, ma scomodi. Senza andare tanto lontano qualsiasi critica, ben argomentata e ben motivata, non volgare e non infamante, contro la Boldrini era un attacco a tutte le donne, contro la Kyenge invece era  razzismo. Le critiche, lecite e legittime, all’uso, da parte di Vendola e del compagno, dell’utero in affitto son state bollate come omofobia.

Un’altro effetto di questo disegno di legge, se approvato, sarà il poter permettere a tanti imbecilli di frignare: “mi censurano perché temono la mia verità”, cosa già sentita tante volte nel caso di ciarlatani pronti a vendere la cura meravigliosa contro tutto che piangevano di essere derisi e osteggiati dalla scienza ufficiale; vedi ad esempio il caso di Stamina, la commissione ministeriale e il TAR.

Più che il reato di “negazionismo” per me sarebbe meglio iniziare ad educare a “chiedere le prove” ad insegnare alla gente che è chi afferma a dover dimostrare(1), cosa, a mio avviso, molto più utile che il trasformare qualche imbecille in un martire del libero pensiero.

(1) Il classico trucco dialettico di tanti imbonitori è fare una sparata, ad esempio: “gli invisibili unicorni rosa esistono”, e successivamente chiedere chiunque non sia d’accordo la confuti, usando poi l’impossibilità di confutare come prova della verità dell’affermazione. In breve: siccome non si può dimostrare che gli unicorni rosa invisibili non esistono allora ciò prova che esistono.

 

satira del cassero…

Stavo leggendo le polemiche sull’evento organizzato alla discoteca “cassero” e, puntualmente, si sono alzate le polemiche di quelli che “si credono charlie” e che inneggiano alla libertà di satira contro l’oscurantismo.

Sinceramente: sciocche polemiche strumentali fatte tanto per far casino.  Come avevo scritto se lo spettacolo era legale allora è lecito; all’interno dei binari della legge chiunque è libero di fare il cavolo che gli pare, punto.

Una cosa che però molti dimenticano è che il diritto di satira e il diritto alla libertà di espressione significa che, purché non si violi la legge, tu hai il, giusto e sacrosanto, diritto di dire e di esprimerti come pare e piace a te, non che io debba avere il dovere di farmi piacere quello che tu dici o che tu fai. E’ un mio diritto il non farmi piacere il tuo spettacolo, la tua manifestazione. E’ un mio diritto, uguale al tuo di farla, il dire che la manifestazione non mi piace, che la trovo sciocca, che la trovo infantile, che la trovo di pessimo gusto.

Il frignare della libertà di satira per evitare e silenziare le polemiche è una strumentalizzazione di quel diritto ed un abuso, si usa un diritto per far passare un capriccio: nessuno mi deve giudicare o criticare perché lede la mia libertà di satira. Peccato che a furia di chiamare “diritti” i “capricci” qualcuno cominci a chiamare “capricci” i “diritti”.

Un altra cosa: je suis charlie perché credo che in uno stato civile, se io mi sento leso nei miei diritti debba poter denunciare alla magistratura e chiedere che un terzo, sulla base della legge, decida torti e ragioni e non prendere un kalashinikov e farmi giustizia da solo. Non je suis charlie perché voglio poter dire tutto quello che mi passa per la testa, fossero anche ingiurie, calunnie e diffamazioni, senza dover temere alcuna conseguenza.

my 2 cents sul discorso di bergoglio

da: http://www.corriere.it/esteri/15_gennaio_15/intervista-papa-bergoglio-filippine-sri-lanka-624f6434-9cab-11e4-8bf6-694fc7ea2d25.shtml

Santità, ieri mattina durante la messa ha parlato della libertà religiosa come diritto umano fondamentale. Ma, nel rispetto delle diverse religioni, fino a che punto si può andare nella libertà di espressione, che è anche quella un diritto umano fondamentale?
«Grazie della domanda, intelligente. Credo che tutti e due siano diritti umani fondamentali, la libertà religiosa e la libertà di espressione. Non si può nascondere una verità: ognuno ha il diritto di praticare la propria religione senza offendere, liberamente, e così dobbiamo fare tutti. Non si può offendere o fare la guerra o uccidere in nome della propria religione, cioè in nome di Dio. A noi quello che succede adesso ci stupisce, no?, ma pensiamo alla nostra storia: quante guerre di religione abbiamo avuto!

E quante guerre si dicevano per il dio trino ed invece chi dominava era il dio quattrino. Lo scisma di oriente, la riforma protestante, lo scisma anglicano avevano tutti un minimo comune denominatore: chi doveva cantare il la e chi doveva suonare l’accompagnamento. Lo scisma di oriente era per decidere se comandava nella chiesa. Molti duchi e baroni divennero protestanti per poter sfanculare l’imperatore. Lo scisma anglicano lo fece Enrico di Tudor per sfanculare  il re di spagna e il papa che a quest’ultimo reggeva il bordone. Gratta la religione e vedi sotto la politica.

Lei pensi alla notte di San Bartolomeo. Anche noi siamo stati peccatori su questo. Ma non si può uccidere in nome di Dio. È una aberrazione. (…) Abbiamo l’obbligo di parlare apertamente. Avere questa libertà, ma senza offendere. E vero che non si può reagire violentemente, ma se il dottor Gasbarri, che è un amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, lo aspetta un pugno! Ma è normale! Non si può provocare.Non si può insultare la fede degli altri. Non si può prendere in giro la fede. (…) Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetta la vita e la persona umana, e io non posso prenderla in giro. Questo è un limite. Ho preso questo esempio per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti. Come quello della mia mamma».

No, la battuta di Sua Santità non mi è piaciuta per niente. Se ti danno uno schiaffo porgi l’altra guancia dov’è? Il perdono cristiano, il vogliate il bene dei vostri nemici? Posso capire il punto di vista che è scorretto offendere le credenze religiose ma il “lo aspetta un pugno” mi sembra tanto una giustificazione per la violenza. No, da credente il pugno lo giustifico solo se necessario a difendere se stessi o meglio un altra persona. E’ vero che la libertà di espressione ha dei limiti ma son limiti dati da altre libertà e altri diritti non paletti messi da qualche ente superiore.

Santità, c’è molta preoccupazione nel mondo per la sua incolumità. Secondo i servizi americani e israeliani il Vaticano sarebbe nel mirino dei terroristi islamici, sui siti fondamentalisti è comparsa bandiera dell’Islam che sventola su San Pietro, si teme anche per la sua sicurezza nei viaggi all’estero. Lei non vuole rinunciare al contatto diretto con la gente. Ma a questo punto crede che sia necessario modificare qualcosa nei suoi comportamenti e nei suoi programmi? C’è anche timore per l’incolumità dei fedeli che partecipano alla celebrazioni, in caso di attentati. È preoccupato per questo? E più in generale, secondo lei, qual è il miglior modo di rispondere a queste minacce degli integralisti islamici?
«Il miglior modo di rispondere è sempre la mitezza. Essere mite, umile, come il pane, senza fare aggressioni. Io sono qui, ma c’è gente che non capisce questo. A me preoccupano i fedeli, questo mi preoccupa. Ho parlato con la sicurezza vaticana, con il dottor Giani che è incaricato di questo (Domenico Giani, comandante della Gendarmeria vaticana, ndr) e mi aggiorna su questo problema. Questo mi preoccupa. Ho paura? Lei sa che io ho un difetto, una bella dose di incoscienza. A volte mi sono posto una domanda, ma se a me accadesse qualcosa?, e ho detto al Signore: chiedo una grazia, che non mi faccia male, perché non sono coraggioso davanti al dolore. Sono molto timoroso. Ma so che si prendono cura, le misure di sicurezza sono discrete ma sicure».

Buona risposta ma il minacciare non è provocare? tirare pugni rimanendo miti? Mah… Mi sembrano risposte ambigue ed ipocrite, vero che se si provoca c’è una reazione ma parimenti è vero che tale reazione non può essere giustificata dalla provocazione. Se Dio è onnipotente saprà farseli gli affaracci suoi e tirare qualche fulmine sulla testa dei miscredenti che gli stanno sulle divine palle?

 

Il pensiero libertario sulle vignette danesi

Riposto un articolo scritto nel 2006, dopo la vicenda delle vignette danesi, perché ritengo che sia ancora attuale e perché mostra un pericolo per la libertà più subdolo delle pallottole dei kalashnikov, il cercare di contrabbandare la censura per contrasto al “hate speech” coprendo, come al solito, con una mano di vernice moralisticheggiante, interessi che di morale hanno poco.

Le prime cose che mi sono venute in mente leggendo l’articolo sottostante sono i dibattiti sul ddl scalfarotto e le chiassate piazzate dalla Boldrini con la frase: “offende tutte le donne”.

Grazie a Raphael per la segnalazione.

Fonte: http://www.movimentolibertario.com/2015/01/il-pensiero-libertario-sulle-vignette-danesi-una-rilettura-utile/

di WALTER BLOCK*
(del 21 febbraio 2006)

In questo periodo sono molti i punti di vista riguardo alle vignette che raffigurano il profeta Maometto, apparse dapprima in Danimarca e poi ristampate ovunque.

Dal punto di vista libertario, in queste caricature non si può ravvisare frode, uso della forza o minaccia proditoria di violenza; dunque nessuna sanzione fisica dovrebbe essere applicata ai vignettisti o a coloro che ristampano i loro lavori. Ciò non significa che questi prodotti artistici fossero belli, morali, appropriati o rispettosi; non lo erano. Hanno ferito la sensibilità di un gran numero di persone, musulmani e non musulmani. Ma, a condizione che i diritti di proprietà privata e di libertà prevalgano, tali iniziative dovrebbero essere legali.

Secondo la posizione islamica (radicale), mostrare l’immagine di Maometto costituisce di per sé un atto di blasfemia e dovrebbe essere punito, presumibilmente con la decapitazione. (…)

L’opinione pubblica occidentale prevalente si divide in due categorie. Da un lato vi sono coloro che si profondono in scuse per queste vignette e suggeriscono di non ristamparle, affermando che questo fomenterebbe ulteriormente le passioni. Costoro prestano un omaggio solo formale al principio della libertà di stampa, dopodichè sostengono che debba andare di pari passo con i “controlli” o “la responsabilità.” Anche questo punto di vista è incompatibile con il libertarismo; la libertà di stampa, la possibilità di scrivere qualunque cosa si voglia (tranne le minacce) fanno parte di un pacchetto di diritti di proprietà privata. Se questa deve essere “temperata” con l’obbligo di non danneggiare la sensibilità di chicchessia, ovvero deve essere “moderata,” allora non si tratta di libertà a nessun titolo. Si tratta piuttosto di selvaggia political correctness.

Ovvero essere liberi di scrivere solo cose gradite al potere o a chiunque abbia la possibilità (o possa prendersela) di gonfiarci di botte se le cose scritte non gli garbano. Libertà di stampa stile germania nazista, URSS, italia fascista… Anche gli schiavi erano liberi di fare tutto quello che voleva il padrone

(…)Ma prima di dichiarare guerra alle nazioni arabe e islamiche, prendiamoci una pausa e facciamo un respiro profondo. Non sono forse costoro fautori ipocriti della libertà di stampa? Se è così, se sono essi stessi colpevoli dei crimini di cui accusano i musulmani, non possono ingaggiare alcuna guerra con le mani pulite. Si può ragionevolmente ipotizzare che il loro appoggio alla libertà di stampa sia selettivo, e dipenda da chi sia la vittima.

Naturalmente, questi paladini della libertà di stampa respingerebbero duramente una tale accusa. Hanno addirittura tollerato The Pissy Christ (un crocefisso in un bicchiere di urina) e anche “La vergine Maria ricoperta di feci” senza invocare o perpetrare violenza. (non dubitate: il problema in quei casi non era se gli autori dovessero essere imprigionati; piuttosto, l’oggetto del contendere era se costoro avrebbero dovuto ricevere le sovvenzioni governative all’arte).

E spesso gli stessi che plaudono a The Pissy Christ son gli stessi che si fanno paladini della sensibilità degli islamici, come dire il solito: i nemici dei miei nemici…

Tuttavia, esiste una pletora di casi in cui tutto questo non vale. Per esempio, immaginiamo che vengano pubblicati fumetti che non descrivono Maometto in una luce poco lusinghiera, ma neri con i labbroni che danzano strisciando i piedi o ballano il tip-tap, ebrei dai nasi adunchi che maneggiano sacchi di denaro, oppure orde di orientali con la didascalia “minaccia gialla”. Una cosa è certa: nella maggior parte dei Paesi occidentali simili caricature sarebbero giudicate “hate speech” e i loro autori sarebbero spediti dritto e filato in prigione. Lo stesso vale per l’uso di parole come “nigger”, “kike”, “spic”, “chink”, “wop”, “greaser,” “cunt,” quando usati allo scopo di denigrare gruppi di persone favoriti. (“honky” non avrebbe probabilmente lo stesso destino). E che dire della negazione dell’Olocausto? In molte nazioni “progressiste”, negare questo evento storico, o fare umorismo su di esso, è reato. David Irving ora langue in una prigione austriaca per aver applicato la sua libertà di parola a questo argomento. Un gruppo islamico in Olanda ha pubblicato un fumetto della con Anna Frank e Hitler che vanno a letto, ma se non fosse per i disordini in corso, probabilmente avrebbe rischiato l’incarceramento.

Imho il reato di negazionismo è una stronzata con i controfiocchi. Non puoi in nessun modo vietare ad uno di pensare che hitler era più puro della madonna o che tutto, compresa la pasta scotta, sia dovuto al gombloddo islamocristiansionista dei buddha krishna confuciani per lo shintoismo ateo mondiale. L’unico paletto è che la diffusione di tali idee metta “realmente” a rischio la vita, la proprietà o gli altri diritti delle persone.

Un’obiezione è stata mossa da Kathleen Parker, che ravvisa qui un’asimmetria. Dice: “I nazisti erano fautori ufficialmente incaricati di ordini sociali immorali, che usavano le caricature per degradare e deumanizzare ulteriormente minoranze che infine hanno sterminato. Non esiste equivalenza fra l’omicidio organizzato in nome di un sistema sociale maligno e una mezza dozzina di artisti di terza categoria che parlano soltanto per se stessi, satireggiando una setta religiosa fanatica…”.

Imho la signora Parker sta facendo da sommelier di merda, le assaggia tutte per trovare la più fragrante.

Ma David Irving non è un nazista. Non ha assassinato nessuno. Si è soltanto avvalso della libertà di stampa o della libertà di parola. (…). Ma è ancora un errore logico sostenere che tutti coloro che adottano le loro insegne, che hanno le stesse manie, che marciano al passo dell’oca, ecc., sono ugualmente colpevoli; persino che sono colpevoli di un qualsivoglia crimine. Per i libertari, proprio come nel caso della prostituzione, della pornografia, delle droghe pesanti, queste non sono certo cose piacevoli; ma sono crimini senza vittime e non dovrebbero essere punite dalla legge o con sanzioni extra-legali.

La sigorina Parker sta dicendo in effetti che dovrebbe essere legale insultare i musulmani raffigurando le fattezze di Maometto, ma non urtare la sensibilità degli occidentali adottando comportamenti che facciano infuriare questi ultimi. Nella visione libertaria, entrambi gli atti sono illegittimi, ma dovrebbero essere legali. Cioè non punibili dalla legge. Si può ben comprendere l’accusa musulmana di ipocrisia.

(…)

Se comprendessimo meglio la sensibilità musulmana, capiremmo che stiamo facendo loro esattamente ciò che i negazionisti e coloro che usano gli epiteti razziali e sessuali fanno ai sostenitori del politically correct.

*Il dott. Block è professore di economia alla Loyola University di New Orleans. Attualmente è lo Steven Berger Visiting Professor al Ludwig von Mises Institute. È autore di Difendere l’indifendibile.

(Traduzione di Giorgio Bianco) – TRATTO DA LIBRERIA DEL PONTE

La rabbia e l’orgoglio

Avevo letto il libro della Fallaci, quello pubblicato dopo gli attacchi dell’11 settembre e, al momento, l’avevo condiviso. Non diceva che tutti gli islamici fossero rozzi terroristi puzzolenti, come invece la vulgata fintobuonista di quelli che sputano nel piatto cui si mangia, ha iniziato subito ad affermare, parlava di un occidente che, soffocato dai sensi di colpa alcuni reali altri indotti, aveva abdicato a se stesso ed alla sua storia. Storia piena sì di tremende cazzate ma anche piena di lumi, come d’altra parte la storia di qualsiasi popolo(1).  Al Kwarizmi,  Avicenna ed Averroe sono stati grandi del pensiero, nessuno lo nega, ma parimenti è stupido negare o ignorare che per i loro lavori si son basati su lavori di filosofi e scienziati greci e latini precedenti come Diofanto di Alessandria, Aristotele, e che le loro opere poi sono state ulteriormente sviluppate dall’occidente e da altri pensatori occidentali come Fibonacci e Tommaso D’Acquino.

Sensi di colpa che invece di rendere le persone orgogliose di quello che si è riusciti a compiere, uno su tutte l’andare sulla luna, il debellare gravi malattie che affliggevano il passato o la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ci si vergogna dei risultati e si esalta la vita dei pastori nomadi. Gente che, siccome l’occidente non è perfetto, allora qualsiasi altro sistema è meglio e quindi è giusto esaltarlo come migliore(2). Gente che però se ne guarda bene dal prendere armi e bagagli per andare nei paesi dove alla donna non viene imposta la minigonna o raccogliendo la frutta della foresta si campa 100 anni.(3)

Era questo l’orgoglio, l’orgoglio di un occidente che, pagando tragici prezzi di sangue in guerre(4), scontri fra fazioni, lampi di luce e ritorno all’oscurità, ha posto al centro l’uomo e i suoi diritti naturali(5), e la rabbia, rabbia verso un occidente che ha rinnegato quanto di buono fatto e, sputando nel proprio piatto si avvia all’autodistruzione.

(1) Misurare gli eventi del passato con il metro di oggi e senza tener conto degli eventi coevi è stupido ed autolesionista. Il sacco di Gerusalemme da parte dei Crociati può far gridare alla barbarie ed essere condannato con il metro morale di oggi. Però parlare solo di quello come se fosse un caso unico ed omettere casi analoghi capitati sia in periodi immediatamente successivi che in periodi immediatamente precedenti.

(2) Ricordo una discussione in facoltà avvenuta dopo l’undici settembre con una collega, di forti simpatie verso la sinistra anticontroboicottara, che riteneva il burqa un segno del rispetto verso la donna e il non considerarla come bambola sessuale. Le afghane stavano meglio perché non tormentate dall’obbligo della minigonna(?) e della bellezza a tutti i costi (??). Discussione troncata da un collega immediatamente con una sola domanda: “ma perché vieni in facoltà in pantaloni e non in burqa?” Se ne andò dandoci dei razzisti e dei maschilisti misogini.

(3) Tanto per dirne un altra: il segretario del partito animalista, che sputa veleno sulla ricerca e sulla SA quando è finito in ospedale è stato curato con farmaci sperimentati su animali. O il boss di una grande casa produttrice di prodotti omeopatici che si è curato con il cortisone vero e non con rimedi omeopatici. Coerenti non c’è che dire.

(4) Non esistono guerre di religione, esistono invece guerre cui la religione (o culti pseudoreligiosi come quello dell’arianicità nel caso dei nazisti) vengono presi come pretesto per giustificare la guerra. Morire per Cristo suona meglio di morire per dare un feudo al cadetto del duca Testadicavolo.

(5) Una cosa che molti ignorano è che esiste la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e, visto che alcuni paesi non vi si riconoscevano completamente, venne creata anche al dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo. Le principali differenze fra le due sono, nella seconda, la preminenza della legge islamica rispetto alla legge civile del paese cui l’individuo si trova. La differenza maggiore è comunque riguardo alla libertà di pensiero e di espressione.

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

mentre nella Dichiarazione islamica (versione del 1990 emanata a Il Cairo) troviamo:

Art. 10
L’Islam è una religione intrinsicamente connaturata all’essere umano. E’ proibito esercitare qualsiasi forma di violenza sull’uomo o di sfruttare la sua povertà o ignoranza al fine di convertirlo a un’altra religione o all’ateismo.

Articolo 22
a) Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non contravvenga ai principi della Shari’ah.
b) Ognuno ha il diritto di sostenere ciò che è giusto e propagandare ciò che è buono e mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con le norme della Shari’ah Islamica.
c) L’informazione è una necessità vitale per la società. Essa non può essere sfruttata o distorta in modo tale da violare la sanità e la dignità dei Profeti, minare i valori morali e etici o disintegrare, corrompere o inquinare la società o indebolirne la fede.
d) Non è consentitto suscitare odio nazionalistico o ideologico o comunque incitare a qualsiasi forma di discriminazione razziale.

Interessante anche la conclusione delle due dichiarazioni.

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

Articolo 29
a) Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
b) Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
c) Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Dichiarazione islamica

Articolo 24
Tutti i diritti e le libertà enunciate nelle presente Dichiarazione sono soggette alla Shari’ah Islamica.

Articolo 25
La Shari’ah Islamica è la sola fonte di riferimento per l’interpretazione di qualsiasi articolo della presente Dichiarazione.

 

Bellissimo comento di Pierluigi Battista

Bellissimo e condivisibile commento di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera.

Tutti dicono: non cederemo. Purtroppo abbiamo già ceduto quando, impauriti e indossando buoni sentimenti ecumenici, lasciammo solo Charlie Hebdo che pubblicava le vignette danesi che satireggiavano sull’Islam.

Al settimanale non condividevano quelle vignette e ne detestavano il cattivo gusto. Ma, libertari e anticonformisti, irriverenti e lontanissimi dall’ideologismo militaresco della satira nostrana, le pubblicarono lo stesso. Non ci siamo accorti che, lasciando soli i giornalisti e i vignettisti di Charlie Hebdo, li esponevamo alla vendetta del fanatismo islamista. Non c’eravamo accorti dell’assassinio rituale del regista Theo van Gogh in Olanda. Non c’eravamo accorti che il vignettista Kurt Westergaard era stato costretto a rifugiarsi in una stanza blindata mentre due energumeni tentavano di trucidarlo a colpi d’ascia. Non c’eravamo accorti della persecuzione dell’«infedele» Ayaan Hirsi Ali, in fuga da fondamentalisti che vogliono azzannarla per farle pagare con la vita la sua «apostasia». Non c’eravamo accorti che non solo Salman Rushdie era costretto a fuggire per sottrarsi a una fatwa planetaria, ma che il suo traduttore giapponese, Hitoshi Igarashi, era stato sgozzato e quello italiano, Ettore Capriolo, lasciato in una pozza di sangue, vivo per miracolo, mentre intellettuali prestigiosi in tutto il mondo accusavano l’autore dei Versi satanici (neanche letto, peraltro) di essersi meritata la condanna a morte per aver offeso Maometto.

Ce ne siamo accorti ora, che con la strage di Charlie Hebdo abbiamo vissuto ieri l’11 settembre dell’Europa. Non è un paragone esagerato, anche se il numero delle vittime è di molto inferiore. Il paragone consiste nell’alto valore simbolico delle due carneficine. Nel 2011 si volle colpire con le Torri Gemelle il simbolo della ricchezza, del potere, dell’Amerika, dell’Impero, dell’Occidente opulento e «infedele». Ieri, massacrando la redazione di un giornale satirico, si è voluto colpire il simbolo della libertà, dell’opinione eterodossa, del dissenso sarcastico .

Nella guerra culturale che il fondamentalismo jihadista ha scatenato contro il nostro «stile di vita», la libertà la critica, l’ironia, l’irriverenza, il rifiuto del dottrinarismo autoritario, la pluralità dei valori sono il Male da sradicare, il peccato da estirpare, la depravazione da colpire. In Pakistan e in Nigeria colpiscono le scuole, i libri, le ragazze che vogliono frequentare le aule scolastiche. In Europa vedono l’antitesi di ciò che vorrebbero imporre con la forza delle armi: la sottomissione (come recita il titolo del romanzo di Michel Houellebecq), l’obbedienza assoluta, la censura universale, la liturgia della subalternità, la cancellazione di ogni tentazione critica.

(…)

Sarebbe il caso di capire bene, nell’Europa un po’ stordita e un po’ esausta, chi sono i nemici, senza edulcorazioni dettate dall’opportunismo. Senza isterismi di reazione, ma con la calma della ragione, con la forza di valori che non vorremmo veder scomparire. E per dire «non cederemo»: ma stavolta sul serio.

da: http://www.corriere.it/editoriali/15_gennaio_08/quelle-voci-lasciate-sole-anche-noi-ebd699e2-96fd-11e4-b51b-464ae47f8535.shtml