il fallimento dell’invalsi

Stavo leggendo l’articolo del maestro riguardo a questo opuscolo ove viene spiegato l’invalsi. Devo dire che è abbastanza illuminante, l’articolo, perché mostra abbastanza chiaramente perché l’invalsi venga odiato e, parimenti come ragionino molti italiani, soprattutto quelli della corrente anticontroboicottara.

Ovvero siccome l’invalsi non è un sistema perfettissimo che valuta a tutto tondo lo studente e che riesce a correggere tutte le storture della scuola allora è un fiasco colossale e deve essere abbandonato.

L’opuscolo si limita ad esporre, in maniera alquanto onesta, cosa sia l’invalsi e come possa essere utilizzato, non millanta di essere la panacea di tutti i mali. Da notare comunque come un sistema abbastanza oggettivo per “stimare”1 le conoscenze degli studenti sia avversata dalla parte più pesantemente drogata di ideologia del corpo docente. Finché si discute di aria fritta e di grandezze non misurabili si può sostenere la balla che una scuola disastratissima licenzi supermegageni, quando si va a contare quanti riescono a leggere un grafo o calcolare una percentuale e si scoprono molti altarini…

Facendo un parallelo mi sembra quasi il caso del calcio; non è che non ho vinto lo scudetto perché sono a 22 punti in meno rispetto alla capolista ma sicuramente è stato a causa del grande gombloddo globale (e della mancata espulsione di pjanic…).

 

 


  1. misurare è una parola molto grossa 

Invalsi, la sardegna ultima ma non è un problema, almeno per i sindacati.

Sono usciti i risultati dell’Invalsi e la sardegna risulta essere ultima in italia. Sull’unione sarda è comparso questo articolo, articolo che sinceramente non mi trova d’accordo, mi sembra un tentativo, patetico, di voler sostenere che per dimagrire basti lanciare fuori dalla finestra la bilancia. Certo non ti rendi conto di quanto pesi ma prima o poi il conto arriva…

Fonte: Unione Sarda

Ultimi in Italia.

“Ma non per questo meno preparati”, dice Nicola Giua, Cobas Sardegna.

Punto di vista interessante; sulla base di cosa si motiva il “non per questo meno preparati”? ci son numeri, fatti che lo provano oppure è un semplice ipse dixit?

L’ultimo rapporto sui test Invalsi 2017 descrive una regione in cui gli studenti che frequentano la seconda classe delle scuole superiori (licei e istituti tecnici, quindi) sono i meno bravi del Paese.

Vanno male sia in italiano (comprensione del testo e grammatica) sia in matematica.

“Gli Invalsi sono un’inutile e deleteria pratica, avulsa dalle attività didattiche della scuola”, dice Nicola Giua che, con i Cobas, in Sardegna da anni guida il “boicottaggio” di queste prove.

E di grazia si potrebbe sapere il perché? l’essere capaci di leggere un grafico, di comparare due offerte commerciali per scoprire quale sia la più conveniente perché è avulso dai programmi di matematica? La matematica deve servire solo a scomporre polinomi e stop?

“Da sempre sosteniamo che non hanno nessun valore, quindi leggere adesso che i risultati collocano gli studenti sardi in fondo alla classifica non ha nessun significato scientifico”.

Da notare la frase: “noi sosteniamo che non hanno nessun valore ergo i risultati non hanno nessun valore”. Ottimo ragionamento circolare. Perché non hanno alcun valore scientifico? dove son le prove di ciò? Perché esaminando i dati si nota che dove il risultato medio invalsi è più alto la gente mediamente si laurea prima, trova lavori “da laureato” più facilmente. Dove sono i dati che smentiscono l’incapacità predittiva dell’invalsi?

Gli studenti più bravi in Sardegna sono i bambini delle seconde elementari, ma già in quinta elementare comincia la prima lieve “discesa” rispetto al resto del Paese.

Il divario, però, cresce negli anni successivi e vede gli studenti delle terze classi delle scuole medie con punteggi più bassi, fino ad arrivare ai ragazzi dei licei e istituti superiori per i quali la distanza è enorme rispetto al resto d’Italia.

 

“I nuovi dati Invalsi rappresentano solo un pezzo di un sistema scolastico regionale in sofferenza”, spiega Ivo Vacca, segretario regionale Flc-Cgil, “che si somma al problema della dispersione scolastica, quello dello scarso tasso di laureati ecc. Pur apprezzando lo sforzo della Regione con il progetto Tutti a Iscol@, e ribadendo che anche noi come Cgil siamo sempre stata contrari agli Invalsi, non possiamo nascondere il fatto che occorre una legge regionale che si riappropri della qualità del servizio e che adegui il tipo di istruzione alle necessità del territorio”.

Come si può migliorare la qualità del servizio senza un controllo di qualità del servizio? Purtroppo prendere Gimmi Saponetta, terzo portiere della squadra dell’oratorio,  e pagarlo come Gigi Buffon non trasforma il Saponetta in un portiere da Champions. Che controlli di qualità andrebbero fatti?

BOICOTTAGGIO IN SARDEGNA – In generale, il rapporto scatta la fotografia di un’Italia che tra i banchi di scuola si muove a due velocità, in cui si conferma il divario tra Nord e Sud nell’apprendimento dell’italiano e della matematica.

In questo scenario, la Sardegna è la maglia nera.

“Non è un caso che vadano meglio i bambini”, spiega Nicola Giua.

“Più gli studenti crescono, più acquistano la consapevolezza della totale inutilità di questi test e più è facile per loro boicottarli con prestazioni negative. Ma questi risultati”, ribadisce, “non hanno nessuna attendibilità scientifica”.

E spiega il perché: “La Sardegna è la regione che ogni anno registra la più elevata percentuale di boicottaggio di questi test. Quest’anno, per esempio, ci sono state classi da 25-30 alunni in cui hanno svolto la prova appena due-tre, quattro studenti al massimo. Anche loro stati censiti, ma che valore ha utilizzare il risultato di pochi e mischiarlo con quello di un sistema?”.

I test sono inutili -> vengono boicottati -> non danno risultati attendibili -> sono inutili. Un perfetto ragionamento circolare. In realtà la percentuale di boicottaggi, secondo l’ufficio scolastico regionale, è minore del 30%. Un 70 delle classi quindi ha sostenuto la prova. E considerando che è più probabile che la boicottaggio partecipi un “casinista” più che un “secchione” i dati acquistano una luce ancora più fosca.

Purtroppo i sindacati cercano di curare il problema, la scarsa preparazione degli studenti, negandolo e sostenendo che non esista. Ma ciò non è una cura. E chi paga poi sono i ragazzi che partono convinti di essere dei geni e tornano scornati.

Il prof dei voti bassi? Aveva ragione – Corriere.it

Su twitter Mauro mi aveva segnalato questo articolo, che sinceramente ho trovato agghiacciante. (grassetti miei)

Sorgente: Il prof dei voti bassi? Aveva ragione – Corriere.it

LA STORIA
Il prof dei voti bassi? Aveva ragione
Sospeso per i criteri di valutazione: dopo 5 anni il giudice lo riabilita. «Non sono severo, ma alle superiori sbagliavano test da IV elementare» di Valentina Santarpia

A distanza di cinque anni, ha avuto ragione: una sentenza del giudice del lavoro di Lecce ha annullato la sanzione disciplinare che l’allora preside dell’istituto tecnico commerciale di Casarano, Prof. Bruno Contini, aveva inflitto al professore che dava voti troppo bassi. Il giudice ha anche condannato la scuola a pagare le spese legali, con conseguente danno erariale per l’Amministrazione Pubblica. Eppure lui, un cinquantenne salentino, che preferisce non far pubblicare nome e faccia per evitare un nuovo clamore sul suo caso, non è «soddisfatto», anzi: la sua voce ha il suono amaro della rassegnazione. «È vero, dopo molti anni ho capito che non si possono valutare davvero i ragazzi per quello che valgono, e quindi spingerli a lavorare e studiare di più. Se tutti gli studenti avessero i voti che meritano, non verrebbe promosso più del 20%». (…)

Quando sono entrato per la prima volta nell’istituto di Casarano, quello dove è scoppiato il caso, ho sottoposto i ragazzi di prima superiore ad un test matematico che viene proposto dal Miur per bambini di IV e V elementare, volevo valutare le loro condizioni di partenza. E per evitare polemiche ho usato quesiti riconosciuti, non inventati da me. Ma i risultati sono stati imbarazzanti, i ragazzi non erano in grado di rispondere a domande semplicissime: così ho messo loro voti bassi, come meritavano».

Apriti cielo: «In questo modo si creava una situazione di panico nelle classi che sfociava nelle proteste degli studenti e le preoccupazioni che le famiglie manifestavano al dirigente- racconta il preside nella memoria difensiva presentata in tribunale- al fine di sedare gli animi e far rientrare la situazione nella normalità, veniva convocato il docente, ma nonostante le sollecitazioni ad un dialogo costruttivo con gli studenti non si riscontrava alcuna collaborazione da parte del prof». (…) Eppure la decisione del giudice, che «riabilita» il professore all’epoca criticato per i suoi metodi didattici, rilancia il dibattito su un sistema scolastico contraddittorio, che assiste impotente alla debacle degli studenti pugliesi nelle valutazioni Ocse-Pisa e poi premia quegli stessi studenti con il record di lodi all’esame di maturità.

Com’è possibile? «Perché è molto più semplice accettare il sistema- sostiene il prof- che prevede poche regole chiare e non scritte. Non si possono bocciare più di 6-7 ragazzi all’anno altrimenti non si formano le classi successive: un tempo accadeva e nessuno si scandalizzava, oggi sarebbe impensabile- racconta il prof- Le scuole devono avere un nome solido per potersi permettere di bocciare, altrimenti si fanno terra bruciata intorno. E la stessa cosa vale per i professori: quelli che mettono voti reali, come me, vengono guardati male e costretti a giustificare ogni virgola, per cui quasi tutti si adattano mettendo sufficienze anche a chi non se lo merita. Ed è praticamente impossibile per le famiglie o per la scuola mandare via un docente che non insegna bene: i punteggi in graduatoria dipendono in gran parte dall’anzianità piu’ che dalla capacità di un professore e dalla sua preparazione».

Che dire? oramai si è scambiato il diritto allo studio per il diritto al conseguimento del titolo di studio. La scuola non è più formazione ma un campionato dove magari retrocedono (bocciati) solo le ultime tre e le altre possono vivacchiare, basta che non si avvicinino alla zona retrocessione. La vicenda del professore spiega benissimo anche la guerra ai test invalsi, test di ammissione all’università ed a tutto ciò che “rompa” il quieto vivere della scuola ove si evita di bocciare e di mettere i ragazzi davanti alla loro ignoranza ed impreparazione. Certo il quieto vivere viene ammantato, come al solito, di altissimi ideali: il non lasciare nessuno indietro, la scuola dell’inclusione, i ragazzi in fase di crescita.

Peccato che ciò significhi solo ritardare il momento in cui si dovrà realmente dimostrare di essere capaci e preparati e se non lo si è arriverà la bocciatura. E in quel momento saranno dolori, perché se l’essere bocciato, il non passare una selezione può irritare, lo scoprire di non essere così capace e preparato come ci si credeva di essere può essere devastante. Molta della rabbia dei gggiovani si spiega benissimo con il: hanno scoperto di essere capre e non dei novelli Einstein come li avevano illusi a scuola.

Cambiare il sistema? sarà certamente doloroso; oggi purtroppo non corri solo nella tua città o nella tua provincia ma la gara oramai è europea e mondiale1. Puoi cullarti nell’illusione e frignare cercando di contrabbandare il diritto al titolo di studio come diritto allo studio. Il risveglio, salvo che per pochi fortunati, sarà però tragico.


  1. Due parole sui cervelli in fuga: un caso singolo non può confutare una media. Il fatto che l’1% dei migliori studenti italiani ha successo all’estero non confuta il livello medio del restante 99%. In termini più chiari: il fatto che la Juventus sia arrivata in semifinale di Champions non confuta la, bassa, qualità del corrente campionato di serie A e non confuta certe figuracce fatte, in europa, da squadre italiane. 

Senza i diplomifici, quindicenni italiani migliori di quanto dicano le classifiche – Repubblica.it

Notizia interessante; questo fatto si giustifica considerando che le scuole private, più delle pubbliche, fanno quello che i genitori vogliono. E se i genitori vogliono che Paolino, capra fatta e vestita, venga promosso a tutti i costi, anche se incapace di fare una O con il fondo di un bicchiere, si cercherà in tutti i modi di far promuovere Paolino.

C’è anche un secondo fatto: l’ocse, certifica il flop delle scuole private in italia, ma lo strumento per tale certificazione altro non sono che i tanto viturperati test invalsi. Sarei curioso di vedere quali acrobazie lessicali adotteranno i docenti della scuola pubblica per sostenere contemporaneamente sia la validità di tale analisi, sia l’inefficacia e la dannosità del sistema utilizzato per la raccolta dati.

Scorporando i dati delle scuole pubbliche e private, si scopre che i nostri studenti valgono molto di più di quanto dica l’analisi dei test Pisa su cui si basa la valutazione Ocse sull’istruzione in 75 Paesi

di SALVO INTRAVAIA

Senza i diplomifici, quindicenni italiani migliori di quanto dicano le classificheROMA – Senza i diplomifici le performance in Lettura e Matematica dei quindicenni italiani non sarebbero così negative. L’Italia scalerebbe la classifica internazionale di una decina di posti e si piazzerebbe sopra la media Ocse.  (…)

Ma l’Italia, rispetto alle prime edizioni, ha fatto sensibili progressi. E con i soli quindicenni delle scuole statali si piazzerebbe una decine di posizioni più in alto in classifica. In Matematica, il nostro Paese figura al 30° posto, ma senza contare i risultati dei quindicenni che frequentano le scuole private figurerebbe al 20° posto. Una piazza che porterebbe l’Italia dal 19° posto al 12° in Europa. Scavalcando i giovani francesi e portoghesi cha la superano nella classica globale. (…)

L’Ocse considera di fondamentale importanza per lo sviluppo economico di una regione le tre competenze su cui indaga ogni tre anni: comprensione del testo e competenze in matematica e scienze. “Dotare i cittadini con le conoscenze e le competenze necessarie per raggiungere il loro pieno potenziale, contribuire a un mondo sempre più interconnesso, e, infine, convertire le migliori competenze in una vita migliore è una preoccupazione centrale dei responsabili politici”, si legge nella prefazione al rapporto 2015. Anche perché i risultati delle indagini Ocse sulle competenze degli adulti “mostrano che quelli altamente qualificati – spiegano da Parigi – non solo hanno una probabilità doppia rispetto agli altri di trovare un’occupazione stabile ma hanno anche una probabilità tre volte superiore di guadagnare di più e di godere di una migliore salute come di agire nella vita sociale e politica come attori piuttosto che come oggetti di processi politici”.

Sorgente: Senza i diplomifici, quindicenni italiani migliori di quanto dicano le classifiche – Repubblica.it

Studenti sardi scarsi in matematica e italiano

fonte: http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2016/11/16/scuola_nell_isola_dispersione_record_studenti_sardi_bocciati_in_i-68-547921.html

Partiamo dai numeri: in Sardegna 24 ragazzi su cento non arrivano al diploma, uno su tre capisce poco o nulla della matematica, uno su quattro zoppica vistosamente in italiano.
Dispersione scolastica da record (record negativo in Italia) e alta difficoltà di apprendimento, spiegano gli esperti, che spingono l’Isola ben lontana dalle medie europee e rischiano di gravarla di una zavorra destinata a durare per anni. (…)
Secondo i test Pisa, che misurano le capacità degli studenti, i quindicenni sardi che non raggiungono le competenze minime in italiano sono 27 su cento (la media nazionale è al 20). Va anche peggio in matematica dove si tocca il 33% (il 25% in Italia).

Articolo crudo ma realistico; in sardegna si stanno vedendo gli effetti cui porta la spirale perversa del “abbassare” l’asticella per permettere a più persone di saltarla. E questo spinge anche l’abbandono scolastico. Perché io devo investire tempo e risorse per conquistare un titolo che non vale la carta cui è stampato? Che “premio” ricevo se mi impegno a scuola?

Formare diplomati di “bassa qualità”, è sbagliato. I diplomati di bassa qualità molto probabilmente finiranno a svolgere lavori di “bassa qualità”, anche se vengono illusi di essere competenti. Se non si inverte la tendenza si arriverà alla situazione in cui chi può, chi sa scappa e rimangono persone scarse che diventeranno ancora più scarse, impoverendo ancora di più il territorio.

L’analfabetismo funzionale è una piaga, e la soluzione non è di certo stampare altra carta e dare pomposi diplomi. Purtroppo in molti casi il mondo della scuola, invece di prendere atto dell’esistenza del problema e di iniziare a cercare soluzioni, soluzioni che implicano anche il mettersi in gioco e iniziare a riflettere anche sulla didattica e non solo sulle risorse, si preferisce bestemmiare contro i test pisa ed invalsi. Come quelli che danno la colpa dell’obesità non all’ingozzarsi ma alla lobby dei fabbricanti di bilance in combutta con quella del cibo dietetico.

Che sia facile barare nei test invalsi, e altre bufale.

In questo articolo il prof. Massimo Rossi parla della nuova, ennesima, riforma della scuola ed esprime le sue perplessità. Perplessità che in gran parte condivido. Però c’è stato un passaggio che mi ha trovato in disaccordo. Il passaggio è il seguente:

Non mi trova affatto d’accordo la proposizione di un test Invalsi ai maturandi per uniformare la preparazione dei candidati da Nord a Sud, a causa del problema per cui al Sud ci sarebbero voti troppo alti all’esame di Stato. Una soluzione del genere non risolve nulla, perché se i professori del sud vorranno continuare a essere di larga manica e ad attribuire voti alti ai loro studenti, non li sgomenterà certo un test ministeriale: lo svolgeranno loro e lo passeranno ai ragazzi, così come avviene già oggi nelle altre prove d’esame, e non soltanto al Sud.

La tesi è che il test sarebbe inutile in quanto i docenti possono passare tranquillamente il test agli studenti e far fare loro un figurone. Non è così; per quanto riguarda il barare, la statistica mette a disposizione di chi deve verificare se il test sia stato fatto senza “aiutini” da parte dei docenti.

Prima considerazione: in una classe abbiamo una certa variabilità nel rendimento degli studenti; C’è Derossi con la media del 10 e Franti che viaggia con la media del 4. Stardi che raggiunge una buona media dell’8 e Bottini che galleggia sul 6. E’ credibile un test invalsi nel quale gli studenti danno tutti le stesse risposte al test magari senza sbagliarne neppure una? O abbiamo una classe di Einstein o si è copiato alla grande. Nel caso della classe di Einstein mi chiederei come mai Einstein Franti ha 4 e chiederei di vedere qualche suo compito, magari anche d’esame tanto per verificare tale magnifica preparazione. Se ne vedrebbero delle belle.

Quindi per mascherare l’aiuto la commissione dovrebbe far prendere il massimo a Derossi e portare Franti alla sufficienza in modo tale che la forbice fra i rendimenti corrisponda più o meno a quella fra i voti dati dal consiglio di classe.

Esiste anche un secondo controllo che può essere svolto sulle domande; le domande non sono tutte dello stesso livello di difficoltà, ci son quelle molto facili e quelle difficili, se uno risponde a caso al test la percentuale di risposte esatte alle domande facili sarà uguale a quella di risposte esatte alle domande difficili. Io mi aspetterei una percentuale di risposte esatte di circa lo 80% alle domande facili e di circa il 30% a quelle difficili, se la percentuale invece è del 25% alle domande facili e del 25% a quelle difficili (la risposta va scelta fra quattro) il rasoio di Occam fa propendere per “risposte a caso”.

Una commissione buona, buonissima (ma che in realtà vuole penalizzare gli studenti veramente bravi), che volesse aiutare i ragazzi senza farsi scoprire dovrebbe: passare i risultati personalizzati in maniera che Franti non prenda lo stesso voto di Derossi ed inoltre far sì che Franti sbagli di più le risposte alle domande difficili rispetto a quelle facili. Roba abbastanza faticosa da fare nella mezz’ora di preparazione prima della somministrazione del test, soprattutto se il docente di matematica è un esterno ed ha fama di “incorruttibile”.

Quindi è facile prendere i risultati della classe, calcolare un paio di indicatori statistici e verificare se il test rispetta tali indicatori oppure ci son valori anomali, che mostrano l’esigenza di indagare un poco più a fondo sulla regolarità dell’esame. Il vantaggio dei test rispetto ai compiti scritti è che è più facile verificare e controllare i test per verificare che non ci siano stati giochetti.

Detto questo sulla facilità nello scoprire i giochetti con i test parliamo anche dell’altra questione che spesso viene citata nei test invalsi: il test sarebbe inutile perché un ragazzo potrebbe andare bene rispondendo a caso alle domande. Per chi conosce un minimo di calcolo delle probabilità l’erroneità di questa affermazione balza agli  occhi immediatamente. Hai il 25% (un caso su quattro) di rispondere esattamente ad una domanda, ma la probabilità di rispondere correttamente a trenta domande su quaranta, ognuna con quattro risposte possibilità, dando risposte a caso è  1 su 21.594.767.825; tanto per avere un termine di paragone la probabilità di fare un sei al superenalotto giocando una sola colonna che è 1 su 622.614.630. Servirebbe una fortuna da Gastone Paperone.

A suo tempo qui parlai delle altre “bufale” sui test invalsi.

E veniamo all’ultima, ma non meno importante, questione: quanto è utile un “metro unico nazionale” per la preparazione degli studenti. A mio avviso se il voto è sconnesso dal rendimento e dalle capacità effettive dello studente, allora il voto non verrà considerato come indicatore della preparazione del ragazzo. Se prendono 100 e lode anche semianalfabeti allora io, selezionatore, non considererò il voto di diploma come voce di “peso” per scegliere un potenziale candidato, mi affiderò ad altre voci come, ad esempio, la fama della scuola. Se una scuola ha fama di essere un diplomificio allora qualsiasi CV da essa proveniente, anche se lo studente ha preso 150 e tre lodi, lo classificherò come di alta priorità per il cestino della carta straccia. Al voto preferirò verificare se il candidato ha esperienze “reali” dimostrabili che mostrino le sue capacità. Questo nell’informatica capita spessissimo, ci son casi in cui buone esperienze di lavoro ma anche la partecipazione a progetti open source “validi”, stage “seri”, vengono valutati di più rispetto ad una laurea. Se il “metro” dello stato non funziona, io uso il mio metro per misurare.

Con il metro unico nazionale (che di straforo oramai esiste qui e qui) io posso confrontare ragazzi, scuole, vedere le situazioni di crisi e intervenire.  Quello che terrorizza del metro unico nazionale non è tanto il confrontare il liceo classico bene della città con la professionale del quartiere degradato, risultato scontato e inutile, quanto il confrontare il liceo con lo stesso liceo tre anni fa oppure confrontare il liceo bene con il liceo “un poco meno bene” della stessa città. E posso invitare quello andato peggio a migliorare. D’altronde se il titolo ha lo stesso valore da Como a Ragusa allora un 90/100 dovrebbe avere più o meno le stesse capacità sia che abbia preso il titolo a Como, sia che si sia diplomato a Ragusa.

Invalsi, noi siamo numeri invece/2.

Ho discusso dei test invalsi con un docente di matematica, sconvolto, per come sono andati i test nella sua classe. Quello che del discorso mi ha colpito è stato: “non son capaci di leggere e capire un grafico, non hanno il concetto di modello e non sono capaci di usare la matematica nella vita pratica”.

E questo credo che spieghi benissimo perché molti docenti temano e vogliano boicottare le prove invalsi, perché mostrano l’inconsistenza della preparazione fornita e la falsità di certe valutazioni.

Un’altra riflessione a margine: saper leggere un grafico, saper filtrare l’informazione, saper capire un modello, saper impostare una proporzione, saper leggere e capire una statistica sono competenze che servono, senza le quali sei “lavorativamente” morto. E troverai difficoltà anche nella vita di tutti i giorni; quanti si son trovati impiccati dalle rate a causa di prestiti “un epsilon piccolo a piacere sotto il tasso di usura ovvero le carte revolving” son stati pubblicizzati con slogan accattivanti? Gente incapace di comprendere un piano di rimborso o farsi due conti su interessi e tempi di restituzione.

Purtroppo da parte di molti genitori non c’è la consapevolezza dell’utilità di tali compentenze, la scuola talvolta tenta di spiegarne l’utilità ma tali spiegazioni vengono inficiate a causa dell’atteggiamento schizofrenico sulle prove che dovrebbero verificarne e quantificarne il possesso, ovvero l’invalsi.

Il modo migliore per tenere una persona nell’ignoranza è illuderla di essere un grande dottore; per far ciò ovviamente bisogna fare in modo che non prenda coscienza della propria ignoranza. E boicottare il test serve proprio a questo, a non farti prendere coscienza dell’esistenza di lacune nella tua preparazione, a farti scoprire dopo le lacune, magari ai test di ingresso all’università o all’impatto con il mondo del lavoro, quando sarà troppo tardi per te, ma permette a chi avrebbe dovuto insegnarti e non l’ha fatto di lavarsene le mani.

Invalsi, noi siamo numeri invece.

Stavo leggendo del boicottaggio dell’invalsi; a quanto pare il numero di classi che hanno sostenuto la prova è stata di poco superiore al 90% (fonte invalsi). A quanto pare molti stanno iniziando a rendersi conto che il boicottare la bilancia per dimagrire è solo una azione stupida e senza senso. Buon segno di maturità della scuola.

Quello che, puntualmente, invece mi ha fatto divertire son le puntuali dichiarazioni dei sindacalisti, studenteschi e non, che come nella migliore tradizione italiana dicono di aver vinto.  Non spiegano in cosa hanno vinto, come hanno vinto o perché si debba riconoscere loro la vittoria, ma hanno vinto, punto.

La dichiarazione che comunque ho trovato più “umoristica” è stata questa (grassetti miei):

“Noi crediamo – dichiara Danilo Lampis, coordinatore dell’Unione degli Studenti – che i test Invalsi siano dannosi e che creino discriminazioni. Valutare non può significare schedare, mettere in classifica, favorire la competizione tra scuole e studenti, indirizzare e svilire la didattica rendendola un semplice bagaglio di nozioni da digerire per affrontare i test. La valutazione è parte integrante del percorso formativo, non è il fine. Per questo proponiamo modelli di valutazione narrativa, ossia una descrizione che motivi il voto per aiutarci a comprendere cosa migliorare nelle singole materie, ed una nuova valutazione di sistema campionaria, indipendente e partecipata”. [fonte: il fatto quotidiano]

La valutazione narrativa l’ho conosciuta alle medie con i famigerati giudizi, paragrafi “politically correct” sulla falsariga del: “il risultato è inferiore a quello ottenibile mediante l’attuazione completa delle potenzialità del ragazzo”, “il mostrare un impegno discontinuo, tende a mascherare le potenzialità e penalizzare il rendimento scolastico”. Tante parole per non dire niente e per non offendere i genitori convinti di allevare baby Einstein.  Per il resto la dichiarazione è la solita sequenza di uomini di paglia sull’invalsi tutti, tranne il “non siamo numeri”, già ampiamente confutati.

Quello di cui vorrei parlare quindi è il “non siamo numeri”.

E’ giusto che il voto venga spiegato e che i docenti illustrino dove uno studente sbaglia e quali siano le sue lacune affinché le possa colmare, cosa che si dovrebbe fare ad ogni interrogazione e ad ogni compito in classe (e l’invalsi non è un compito in classe); però se devo confrontare la valutazione di Tizio con quella di Caio alla fine devo avere qualcosa che posso facilmente confrontare, e questo qualcosa è “il numero”.  Tizio a risposto giusto a 40 domande su 60, Caio a 20 su 60. Chi è stato il più capace di rispondere? la risposta è facile e immediata. Invece se dobbiamo confrontare due “romanzi” sulla valutazione magari riusciamo a stabilire che Tizio sia migliore di Caio ma di certo non si riuscirà a capire quanto o cosa debba fare Caio per arrivare al livello di Tizio.

L’aveva intuito Galileo, se vuoi descrivere un fenomeno in maniera rigorosa devi cercare di trasformarlo in numeri. La legge di gravitazione universale tiene conto del colore delle masse? del loro stato fisico? No, tiene conto solo del valore numerico della massa.

Allo stesso modo se voglio analizzare la scuola e capire come funziona ho bisogno di numeri che riassumono, non di romanzi sulla vita di ogni singolo studente. A livello di ministero sono inutili. Il guardare le cose da un punto di vista elevato ovviamente, e questo la scuola dovrebbe insegnarlo nelle scienze, maschera i dettagli irrilevanti per quel livello di analisi. Per intenderci parlo del concetto di “punto materiale” utilizzatissimo in fisica.
Nella mappa catastale della mia casa c’è la mia cucina. Nella carta stradale del comune c’è la mia strada e la mia casa, non c’è più la cucina. Nella carta della provincia ci sono alcune strade del mio comune non tutte. In una carta stradale nazionale il mio comune è un punto. Man mano che si sale si eliminano le informazioni non rilevanti per la scala cui si vuole svolgere l’analisi. Gli studenti stanno chiedendo che l’invalsi (la cartina stradale nazionale) abbia le stesse informazioni della mappa catastale di casa loro, cosa assurda.

Ribadisco: i problemi di Carlo o perché Alice vada male a scuola interessano ai loro docenti, sono loro che devono indagare e nel caso provvedere non l’invalsi. L’invalsi è una indagine statistica usata per ricavare indicazioni numeriche su come funziona la scuola; sì anche quella di come la scuola riesca a colmare il gap culturale di partenza fra uno studente proveniente da una famiglia povera e ignorante e uno studente proveniente da una famiglia colta e ricca. A cosa pensate che serva il questionario, a compilazione opzionale, che affianca i test? Ma per far ciò servono i numeri, i dannati numeri.

4 ore di sciopero della fame…

fonte: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/06/08/buona-scuola-a-bologna-insegnanti-in-sciopero-della-fame-affamati-di-diritti-e-risorse/380984/

A Bologna è iniziato uno sciopero della fame contro la riforma della ‘Buona scuola’voluta dal governo di Matteo Renzi. Questo nel giorno d’inizio dei lavori in commissione al Senato e che dovrebbe portare la legge in Aula a metà mese, un gruppo di insegnanti, studenti e genitori hanno iniziato un digiuno a staffetta che coinvolgerà decine di persone.  (…) “Ci alterneremo con turni di 4-6 ore in cui potremo soltanto bere. Sa chiaro, è solo una cosa simbolica” (…)

Sinceramente non so se si rendano conto di quanto son patetici a fare quella pagliacciata. 4 ore di digiuno caspita… Io mi chiedo seriamente cosa pensano di ottenere in quel modo e quanto possa essere proficuo quel modo di protestare. Fossi un gombloddista direi che son sul libro paga di Renzi per denigrare chi protesta…

Commenti che smentiscono gli articoli…

L’articolo del fatto quotidiano:

Ocse, in Italia abbandono scolastico oltre 17%. Siamo ultimi per capacità di lettura

L’Italia è “al di sotto della media per le competenze dei giovani, i metodi di sviluppo di queste competenze negli studenti e la promozione del loro utilizzo sul posto di lavoro”

Italia ultima tra i Paesi Ocse in quanto a capacità di lettura. I giovani in età lavorativa (16-29 anni) con scarse competenze in questo campo infatti, sono il 19,7%, mentre gli adulti (30-54 anni) con la stessa difficoltà toccano il 26,36%. Le percentuali sono contenute nell’ultimo rapporto Ocse su giovani e occupazione, basato su dati 2012-2013.

Se guardiamo alle competenze matematiche, l’Italia non è messa meglio. Il nostro Paese ha infatti la percentuale più elevata di adulti con scarse abilità in matematica, sono il 29,76%. Mentre i giovani italiani si piazzano al secondo posto per basse capacità con i numeri. Sono dietro solo agli Stati Uniti, con una percentale del 25,91%. La conclusione generale dell’Ocse non fa ben sperare: l’Italia è al di sotto della media per le competenze dei giovani, i metodi di sviluppo di queste competenze negli studenti e la promozione del loro utilizzo sul posto di lavoro.

(…) L’abbandono scolastico ha un impatto significativo rilevante sul livello di competenze: se si considera per esempio la matematica, la percentuale di persone con competenze insufficienti è del 58,5% tra chi non ha terminato le superiori, e scende al 27,7% per chi ha ottenuto un diploma.

e un commento all’articolo

Valentina • 2 ore fa
Ora qualcuno mi spiega sulla base di cosa l’Ocse fa queste valutazioni?
Cioè siccome i giovani lasciano la scuola intorno ai 17 anni, non sanno leggere?
No perchè io ho imparato a 6, loro non so.
E le capacità in matematica? Hanno spiato negli uffici quanta gente usa le calcolatrici?

(tono tristemente ironico) Sorprendente come bastino poche righe per demolire un articolo…