In questo articolo il prof. Massimo Rossi parla della nuova, ennesima, riforma della scuola ed esprime le sue perplessità. Perplessità che in gran parte condivido. Però c’è stato un passaggio che mi ha trovato in disaccordo. Il passaggio è il seguente:
Non mi trova affatto d’accordo la proposizione di un test Invalsi ai maturandi per uniformare la preparazione dei candidati da Nord a Sud, a causa del problema per cui al Sud ci sarebbero voti troppo alti all’esame di Stato. Una soluzione del genere non risolve nulla, perché se i professori del sud vorranno continuare a essere di larga manica e ad attribuire voti alti ai loro studenti, non li sgomenterà certo un test ministeriale: lo svolgeranno loro e lo passeranno ai ragazzi, così come avviene già oggi nelle altre prove d’esame, e non soltanto al Sud.
La tesi è che il test sarebbe inutile in quanto i docenti possono passare tranquillamente il test agli studenti e far fare loro un figurone. Non è così; per quanto riguarda il barare, la statistica mette a disposizione di chi deve verificare se il test sia stato fatto senza “aiutini” da parte dei docenti.
Prima considerazione: in una classe abbiamo una certa variabilità nel rendimento degli studenti; C’è Derossi con la media del 10 e Franti che viaggia con la media del 4. Stardi che raggiunge una buona media dell’8 e Bottini che galleggia sul 6. E’ credibile un test invalsi nel quale gli studenti danno tutti le stesse risposte al test magari senza sbagliarne neppure una? O abbiamo una classe di Einstein o si è copiato alla grande. Nel caso della classe di Einstein mi chiederei come mai Einstein Franti ha 4 e chiederei di vedere qualche suo compito, magari anche d’esame tanto per verificare tale magnifica preparazione. Se ne vedrebbero delle belle.
Quindi per mascherare l’aiuto la commissione dovrebbe far prendere il massimo a Derossi e portare Franti alla sufficienza in modo tale che la forbice fra i rendimenti corrisponda più o meno a quella fra i voti dati dal consiglio di classe.
Esiste anche un secondo controllo che può essere svolto sulle domande; le domande non sono tutte dello stesso livello di difficoltà, ci son quelle molto facili e quelle difficili, se uno risponde a caso al test la percentuale di risposte esatte alle domande facili sarà uguale a quella di risposte esatte alle domande difficili. Io mi aspetterei una percentuale di risposte esatte di circa lo 80% alle domande facili e di circa il 30% a quelle difficili, se la percentuale invece è del 25% alle domande facili e del 25% a quelle difficili (la risposta va scelta fra quattro) il rasoio di Occam fa propendere per “risposte a caso”.
Una commissione buona, buonissima (ma che in realtà vuole penalizzare gli studenti veramente bravi), che volesse aiutare i ragazzi senza farsi scoprire dovrebbe: passare i risultati personalizzati in maniera che Franti non prenda lo stesso voto di Derossi ed inoltre far sì che Franti sbagli di più le risposte alle domande difficili rispetto a quelle facili. Roba abbastanza faticosa da fare nella mezz’ora di preparazione prima della somministrazione del test, soprattutto se il docente di matematica è un esterno ed ha fama di “incorruttibile”.
Quindi è facile prendere i risultati della classe, calcolare un paio di indicatori statistici e verificare se il test rispetta tali indicatori oppure ci son valori anomali, che mostrano l’esigenza di indagare un poco più a fondo sulla regolarità dell’esame. Il vantaggio dei test rispetto ai compiti scritti è che è più facile verificare e controllare i test per verificare che non ci siano stati giochetti.
Detto questo sulla facilità nello scoprire i giochetti con i test parliamo anche dell’altra questione che spesso viene citata nei test invalsi: il test sarebbe inutile perché un ragazzo potrebbe andare bene rispondendo a caso alle domande. Per chi conosce un minimo di calcolo delle probabilità l’erroneità di questa affermazione balza agli occhi immediatamente. Hai il 25% (un caso su quattro) di rispondere esattamente ad una domanda, ma la probabilità di rispondere correttamente a trenta domande su quaranta, ognuna con quattro risposte possibilità, dando risposte a caso è 1 su 21.594.767.825; tanto per avere un termine di paragone la probabilità di fare un sei al superenalotto giocando una sola colonna che è 1 su 622.614.630. Servirebbe una fortuna da Gastone Paperone.
A suo tempo qui parlai delle altre “bufale” sui test invalsi.
E veniamo all’ultima, ma non meno importante, questione: quanto è utile un “metro unico nazionale” per la preparazione degli studenti. A mio avviso se il voto è sconnesso dal rendimento e dalle capacità effettive dello studente, allora il voto non verrà considerato come indicatore della preparazione del ragazzo. Se prendono 100 e lode anche semianalfabeti allora io, selezionatore, non considererò il voto di diploma come voce di “peso” per scegliere un potenziale candidato, mi affiderò ad altre voci come, ad esempio, la fama della scuola. Se una scuola ha fama di essere un diplomificio allora qualsiasi CV da essa proveniente, anche se lo studente ha preso 150 e tre lodi, lo classificherò come di alta priorità per il cestino della carta straccia. Al voto preferirò verificare se il candidato ha esperienze “reali” dimostrabili che mostrino le sue capacità. Questo nell’informatica capita spessissimo, ci son casi in cui buone esperienze di lavoro ma anche la partecipazione a progetti open source “validi”, stage “seri”, vengono valutati di più rispetto ad una laurea. Se il “metro” dello stato non funziona, io uso il mio metro per misurare.
Con il metro unico nazionale (che di straforo oramai esiste qui e qui) io posso confrontare ragazzi, scuole, vedere le situazioni di crisi e intervenire. Quello che terrorizza del metro unico nazionale non è tanto il confrontare il liceo classico bene della città con la professionale del quartiere degradato, risultato scontato e inutile, quanto il confrontare il liceo con lo stesso liceo tre anni fa oppure confrontare il liceo bene con il liceo “un poco meno bene” della stessa città. E posso invitare quello andato peggio a migliorare. D’altronde se il titolo ha lo stesso valore da Como a Ragusa allora un 90/100 dovrebbe avere più o meno le stesse capacità sia che abbia preso il titolo a Como, sia che si sia diplomato a Ragusa.