da dove cacciano soldi i social

I social fanno i soldi grazie agli utenti, nel senso che sono un ottimo sistema per fare indagini statistiche e misurare, ad esempio, l’interesse di un prodotto o capire quanto una campagna pubblicitaria possa essere efficace, o trovare le persone “più sensibili” ad un determinato messaggio pubblicitario.

I social fanno i soldi vendendo tali informazioni. Ma per venderle devono essere un “buon” campione statistico che rappresenta bene la popolazione che voglio analizzare, e questa è una cosa maledettamente difficile da ottenere. Prendiamo ad esempio il caso delle elezioni americane ove aveva vinto trump. Su twitter era la gara a segnalare gli utenti pro Trump e far segare loro gli account. Conseguenza di ciò è stato che il campione di utenti twitter non era più un campione fedele dell’elettore americano quanto un campione fedele dell’elettore motivato della clinton. E cosa succede se prendo l’elettore motivato come esempio dell’elettore medio? Colossali errori di valutazione. Per questo motivo, il dover essere un campione rappresentativo della popolazione e non solo di una parte di essa, devono cercare di essere i più pluralisti possibili. Lottare per eliminare determinate categorie di persone, ad esempio segnalando e bannando chiunque non scriva salvinicaccapupù almeno tre volte al giorno, significa non essere più campioni rappresentativi, ergo le indagini e i dati che i social vendono scadono di valore.

Chi pagherebbe una ricerca demoscopica per sapere chi, fra Salvini e Boldrini, è più gradito agli elettori di LeU? Nessuno. Ecco perché i social sono restii ad accontentare il sogno bagnato di chi sostiene sia giusto bannare chiunque non la pensi come lui. Twitter l’aveva fatto e si era beccato la figuraccia di aver cannato alla grande le previsioni sulle elezioni americane. Eliminare chiunque simpatizzi per una parte politica, legittima e non dichiarata, dalla magistratura non da pesciolina84, fuori legge, significa distruggere la rappresentatività del campione, ergo le indagini e i dati venduti perdono completamente di valore. Alla fine le campagne contro le fake news (solo quelle A->B) e contro l’odio (A->B) si son tradotte nel trasformare il social in uno specchio di B con corrispondente fuga dei potenziali acquirenti dei dati delle indagini.  E le motivazioni “economiche” sono una leva abbastanza potente capace di ridurre i social a più miti consigli.

Se vogliono vendere indagini devono essere un campione fedele e rappresentativo, se non lo sono più, le loro indagini e i loro dati perdono di valore. Accontentare gli idioti della cancel culture (o servi della vorace bestia bugblatta di Traal) e perdere i soldi delle indagini o scontentarli e venire accusati ogni tre per due di nazifasciorazzismo? Per me sarà la seconda, il denaro è una leva troppo forte. Gli applausi in piazza non sono voci nel bilancio,

2 pensieri su “da dove cacciano soldi i social

  1. Ecco, hai fatto un’ottima sintesi della situazione incentrando il post sui problemi derivanti dal bad sampling. E diciamo anche che questo è uno di quei casi in cui il nostro tanto vituperato sistema economico riesce a ridurre fortemente le distorsioni di cui ha parlato.

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