Riguardo al gaypride

Articolo lungo e amaro.

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Per togliere il retrogusto amaro dei GayPride Judenfrei svoltosi ieri, traduco una LETTERA APERTA di Herta Muller, una delle più grandi scrittrici tedesche contemporanee, vincitrice del Premio Nobel 2009 per la letteratura.
“Si sono trasformati in mostri.”Image
Nella maggioranza delle narrazioni sulla guerra a Gaza, la guerra non inizia dove è iniziata. Non è iniziata a Gaza, ma il 7.10, esattamente 50 anni dopo l’invasione di Israele da parte di Egitto e Siria.
I terroristi palestinesi di Hamas hanno commesso un massacro in Israele. 
Si sono filmati come eroi e hanno celebrato il loro bagno di sangue. I festeggiamenti della vittoria sono continuati a Gaza, dove i terroristi hanno trascinato ostaggi gravemente abusati e li hanno presentati come bottino di guerra alla giubilante popolazione palestinese. 
Questo macabro giubilo si estese fino a Berlino. Nel quartiere di Neukölln si è ballato per le vie e l’ente palestinese Samidoun ha distribuito dolciumi. Internet ribolliva dei commenti felici.

Nel massacro sono morti più di 1.200 persone. Dopo torture, mutilazioni e stupri, 

sono state rapite 239 persone. Il massacro di Hamas è un deragliamento totale dalla civiltà. C’è un orrore arcaico in questa sete di sangue, che non credevo più possibile oggi. Questo massacro ha lo schema dell’annientamento mediante i pogrom, che gli ebrei conoscono da secoli. 
Ed è il motivo per cui l’intero paese è rimasto traumatizzato, perché la fondazione dello Stato di Israele aveva lo scopo di proteggerlo da tali pogrom.
E fino al 7 ottobre si credeva fosse protetto.
Sebbene Hamas sia seduto sul collo di Israele dal 1987, con la carta costitutiva 
che affermava chiaramente che l’obiettivo era la distruzione degli ebrei e che “la morte per Dio è il nostro desiderio più nobile”.
Da allora ci sono state modifiche alla Carta, ma nulla è cambiato: la distruzione degli ebrei e di Israele rimangono l’obiettivo di Hamas. 
Lo stesso vale per l’Iran. Anche nella Repubblica islamica dell’Iran lo sterminio degli ebrei è una dottrina statale fin dalla sua fondazione nel 1979.
E quando si parla del terrorismo di Hamas, l’Iran dovrebbe far parte della discussione, in quanto applica gli stessi principi ed 
è per questo che il grande fratello Iran finanzia, arma e fa del fratellino Hamas il suo scagnozzo. Entrambe sono dittature spietate. Sappiamo che tutti i dittatori diventano più radicali quanto più a lungo governano. Oggi il governo🇮🇷è composto esclusivamente da intransigenti. 
Lo Stato dei mullah, con le sue guardie rivoluzionarie, è una dittatura militare senza scrupoli e in espansione. E la religione non è altro che un camuffamento. Islam politico significa disprezzo per l’umanità, fustigazioni pubbliche, condanne a morte ed esecuzioni in nome di Dio 
L’Iran è ossessionato dalla guerra, ma allo stesso tempo finge di non costruire le armi nucleari. Il fondatore della cosiddetta teocrazia, l’Ayatollah Khomeini, ai tempi emanò un decreto religioso, una fatwa, in cui affermava che le armi nucleari non sono islamiche. 
Ma nel 2002 gli ispettori internazionali avevano scoperto in Iran le prove di un programma clandestino di armi nucleari. E’ stato assunto un russo per sviluppare la bomba. L’esperto della ricerca sovietica sulle armi nucleari lavorò in Iran per anni. 
Sembra che l’Iran stia cercando di ottenere una deterrenza nucleare, seguendo l’esempio della Corea del Nord – e questo è un pensiero spaventoso. Soprattutto per Israele, ma anche per il mondo intero. 
L’ossessione dei mullah e Hamas per la guerra è così dominante che quando si tratta dello sterminio degli ebrei, sparisce persino la divisione religiosa tra sciiti e sunniti.
Tutto il resto è subordinato all’ossessione per la guerra. La popolazione viene mantenuta deliberatamente 
nella miserie, mentre la ricchezza dei leader di Hamas aumenta incommensurabilmente.
E il disprezzo per l’umanità non conosce limiti. Alla popolazione non resta quasi altro che il martirio. Sotto sorveglianza completa militare e religiosa. Non c’è lo spazio per i dissenzienti 
all’interno della politica palestinese a Gaza. Hamas ha cacciato tutte le altre correnti politiche dalla Striscia di Gaza con incredibile brutalità. Come deterrente, dopo il ritiro di Israele dalla Striscia nel 2007, i membri di Fatah furono gettati da un edificio di 15 piani. 
È così che Hamas ha preso il controllo dell’intera Striscia e ha instaurato una dittatura incontrastata. Incontestabile- nessuno che lo mette in dubbio vive a lungo. Invece di una rete sociale per la popolazione, Hamas ha costruito una rete di tunnel sotto i piedi dei palestinesi 
Anche nel caso di ospedali, scuole e asili, finanziati dalla comunità internazionale. Gaza è un’unica caserma militare, un profondo stato di antisemitismo sotterraneo, completo e tuttavia invisibile. 
In Iran c’è un detto: “Israele ha bisogno delle sue armi per proteggere il suo popolo. E Hamas ha bisogno del suo popolo per proteggere le sue armi.”
Questo detto è la descrizione più breve del dilemma secondo cui a Gaza non è possibile separare la parte civile da quella militare 
E vale non solo per gli edifici, ma anche per le persone negli edifici. L’esercito israeliano nella sua risposta al 07.10 è stato costretto ad entrare in trappola. Costretto a difendersi e a rendersi colpevole distruggendo le infrastrutture con tutte le vittime civili. 
Ed è proprio questa inevitabilità che Hamas ha voluto e che sta sfruttando. Da allora dirige in esclusiva le notizie che escono per il mondo. La vista della sofferenza ci disturba quotidianamente. Ma nessun reporter di guerra può lavorare in modo indipendente a Gaza. 
Hamas controlla la selezione delle immagini e orchestra i nostri sentimenti. I nostri sentimenti sono la loro arma più potente contro🇮🇱. E selezionando le immagini riesce addirittura a presentarsi come unico difensore dei palestinesi. Questo calcolo cinico ha dato i suoi frutti. 
Dal 7 ottobre penso di continuo a un libro sull’era nazista “Ganz normale Männer” di Christopher R. Browning. Descrive il massacro dei villaggi ebraici in Polonia dai riservisti del battaglione 110, quando le grandi camere a gas e i crematori di Auschwitz ancora non esistevano. 
Fu uguale alla sete di sangue dei terroristi di Hamas al festival musicale e nei kibbutz. A luglio 1942 in un giorno furono trucidati 1.500 abitanti ebrei del villaggio di Józefów. Bambini e neonati furono fucilati davanti alle loro case, gli anziani e malati nei loro letti. 
Tutti gli altri furono portati nella foresta dove dovettero spogliarsi nudi e strisciare per terra. Furono derisi e torturati, poi fucilati e abbandonati in una foresta insanguinata.
Il libro si chiama “Uomini abbastanza normali” perché questo battaglione di riserva non era 
composto dai soldati della Wehrmacht o delle SS, ma dai civili considerati non idonei al servizio militare perché troppo anziani. Erano professionisti del tutto normali che si sono trasformati in mostri. E solo nel 1962 iniziò un processo per questo caso di crimini di guerra. 
Gli atti del processo mostrano che alcuni degli uomini “si sono divertiti molto”. Il sadismo arrivò al punto che un capitano appena sposato portò la moglie ai massacri per celebrare la luna di miele, in quanto la sete di sangue continuava in altri villaggi. E la donna passeggiava 
con l’abito da sposa bianco che aveva portato con sé, tra gli ebrei radunati nella piazza del mercato. E non era l’unica moglie a cui era permesso. Negli atti del processo la moglie di un tenente dice: “Una mattina, ero seduta con il marito nel giardino del suo alloggio, 
mentre facevo colazione, quando un uomo semplice del suo plotone si avvicinò a noi, assunse una postura rigida e dichiarò: ‘Sig. Tenente, non ho ancora fatto colazione! Quando mio marito lo guardò con aria interrogativa, spiegò ulteriormente: “Non ho ancora ucciso un ebreo!” 
Pensando al 7 ottobre è giusto pensare alle stragi naziste? Penso di si, perché la stessa Hamas ha voluto evocare la memoria di Shoah. E voleva dimostrare che lo Stato🇮🇱 non è più una garanzia per la sopravvivenza degli ebrei. Che il loro stato è un miraggio, che non li salverà. 
La logica ci vieta di avvicinarci alla parola Shoah. Ma perché deve vietarlo? Perché il sentimento che si prova non può evitare questa prossimità pulsante.

E poi c’è qualcos’altro che mi viene in mente e mi ricorda i nazisti: il triangolo rosso della bandiera palestinese. 

Nei campi di concentramento nazisti era il simbolo dei prigionieri comunisti. E oggi? Oggi lo si vede nei video di Hamas e sulle facciate degli edifici di Berlino. Nei video viene usato come un appello a uccidere. Sulle facciate segnala gli obiettivi da attaccare. 
Un grande triangolo rosso incombe sull’ingresso del club techno “About Blank”. Per anni i rifugiati siriani e gli israeliani gay hanno ballato qui normalmente. Ma ormai nulla è più normale. Ora urla sopra l’ingresso il triangolo rosso. Oggi un raver la cui famiglia ebrea proviene 
dalla Libia e Marocco dice: “Il clima politico risveglia tutti i demoni. Per la destra noi ebrei non siamo abbastanza bianchi; per la sinistra siamo troppo bianchi”. L’odio verso ebrei si è radicato nella vita notturna di Berlino. Dopo il 7.10 la scena dei club si è rannicchiata. 
Anche se 364 giovani, raver come loro, furono massacrati durante un festival techno, l’associazione del club non ha commentato se non giorni dopo. E anche questo è stato solo un esercizio superficiale, perché l’antisemitismo e Hamas non sono stati nemmeno menzionati. 
Ho vissuto in una dittatura per >di 30 anni. E quando sono arrivata in Europa occidentale, non potevo immaginare che la democrazia potesse mai essere messa in discussione in questo modo. Pensavo che nelle dittature le persone subissero sistematicamente il lavaggio del cervello. 
E che nelle democrazie le persone imparano a pensare con la propria testa perché l’individuo conta. A differenza delle dittature, dove il pensiero indipendente è vietato e a formare le persone è il collettivo forzato. E dove l’individuo non è una parte del collettivo ma un nemico 
Sono sconvolta dal fatto che i giovani, studenti occidentali, siano così confusi da non essere più consapevoli della loro libertà. E che pare abbiano perso la capacità di distinzione tra democrazia e dittatura.
È assurdo che omosessuali e le persone queer manifestino per Hamas. 
Non è un segreto che non solo Hamas, ma l’intera cultura palestinese disprezza e punisce le persone LGBTQ. Una semplice bandiera🏳️‍🌈nella Striscia di Gaza è inimmaginabile. Le sanzioni di Hamas nei confronti dei gay vanno da almeno un 100io di frustate fino alla condanna a morte. 
In un sondaggio del 2014 nei territori palestinesi, 99% degli intervistati ha affermato che l’omosessualità era inaccettabile. Usando l’approccio satirico del blogger Leatherwood: una persona queer che manifesta per Palestina, è come pollo che manifesta per Kentucky Fried Chicken 
Mi chiedo se gli studenti di tante università americane sappiano cosa fanno quando gridano alle manifestazioni: “Noi siamo Hamas”, “Amato Hamas, bombarda Tel Aviv!” o “Ritorno al 1948”. È innocenza o idiozia? Anche se in queste occasioni non si parla più della strage del 7.10. 
Ed è scandaloso che il 7 ottobre venga interpretato addirittura come una messa in scena di Israele. O quando non viene detta una sola parola sulla liberazione degli ostaggi. E quando, invece, la guerra di Israele a Gaza viene dipinta come una guerra arbitraria di conquista e 
di annientamento da parte di una potenza coloniale.
I giovani guardano solo clip su Tiktok? Intanto i termini follower, influencer, attivista non mi sembrano più innocui. Queste eleganti parole sono serie. Esistevano tutte prima di Internet. E all’improvviso diventano rigide come 
lamiere e trasparenti. Perché al di fuori di Internet significano follower, agenti di influenza. Come se fossero stati prelevati dal campo di addestramento di una dittatura fascista o comunista. La loro flessibilità è un’illusione. Perché so che le parole fanno quello che dicono. 
Promuovono l’opportunismo e l’obbedienza collettiva e risparmiano alle persone di assumersi la responsabilità di ciò che fa il gruppo.
Non mi sorprenderei se tra manifestanti ci fossero quelli che solo poco fa protestavano contro l’oppressione🇮🇷 con lo slogan “Donne,Vita,Libertà” 
Mi sconcerta quando gli stessi manifestanti oggi mostrano solidarietà ad Hamas. Mi sembra che non comprendano più l’abissale contraddizione del contenuto. E mi chiedo perché a loro non importa che Hamas non consenta nemmeno la più piccola manifestazione per i diritti delle donne. 
E che il 7 ottobre le donne violentate furono fatte sfilare come bottino di guerra.

Nel campus dell’Università di Washington, i manifestanti giocano al gioco di gruppo “Tribunale popolare” per intrattenimento. I rappresentanti dell’università vengono processati per divertimento. 

Poi seguono i verdetti e tutti ruggiscono in coro: “Fuori dal patibolo” o “Ghigliottina”. Applausi, risate. Battezzano il loro campeggio “Luogo del martirio”. In questa forma celebrano la propria stupidità collettiva con la coscienza pulita. Cosa viene insegnato nelle università? 
Mi sembra che dal 7.10 l’antisemitismo si sia diffuso come uno schiocco di dita, come se Hamas fosse l’influencer e gli studenti i suoi follower. Nel mondo mediatico di oggi contano solo i clic rapidi sui video. Il battito delle emozioni vivaci.
Lo stesso trucco della pubblicità. 
La suscettibilità delle masse, causa del disastro del XX secolo, sta prendendo una nuova svolta? I contenuti complicati, le sfumature, i contesti, le contraddizioni, i compromessi sono estranei al mondo dei media odierni
Lo dimostra anche lo stupido appello degli attivisti social 
contro il Festival del cortometraggio di Oberhausen che festeggiava il 70° anniversario. Molti grandi registi iniziarono qui la loro carriera:Forman, Polański, Scorsese, Szabó, Varda.
2 settimane dopo i festeggiamenti di Hamas a Berlino, il direttore del festival Lars Henrik Gass 
ha scritto: “500000 persone sono scese in 03.2022 per protestare contro l’invasione🇷🇺dell’Ucraina. Era importante. Per favore, lanciamo un segnale altrettanto forte. Dimostriamo al mondo che gli amici di Neukölln, Hamas, odiatori degli ebrei sono in minoranza. Venite per favore!” 
Ciò ha provocato una bufera social. Un gruppo anonimo l’ha accusato di demonizzare la solidarietà con la causa palestinese e ha promesso di incoraggiare la comunità cinematografica internazionale a riconsiderare la propria partecipazione al festival. Un appello al boicottaggio, 
seguito da molti cineasti che hanno annullato i loro impegni. Gass afferma che viviamo un regresso nel dibattito dove invece del pensiero politico prevale l’esoterica. Non è più possibile distinguere tra difendere il diritto🇮🇱ad esistere e criticare allo stesso tempo il governo🇮🇱 
Per questo motivo non viene considerata l’opzione che l’indignazione mondiale per i tanti morti e le sofferenze a Gaza non possa far parte della strategia di Hamas, che è sordo verso sofferenza dei🇵🇸
Altrimenti perché dovrebbe sparare al valico di frontiera di Kerem Shalom, 
dove arrivano la maggior parte degli aiuti? Oppure perché altrimenti dovrebbe sparare sul cantiere di un porto temporaneo, dove presto arriveranno gli aiuti?
Non abbiamo sentito una sola parola di simpatia per il popolo di Gaza da parte del signor Sinwar e del signor Haniye. 
E invece delle proposte di pace, solo le massime richieste che sanno che Israele non può soddisfare. Hamas scommette su una guerra permanente con Israele. Sarebbe la migliore garanzia della sua continua esistenza e spera anche di isolare 🇮🇱a livello internazionale, ad ogni costo. 
Nel romanzo “Doktor Faustus” Thomas Mann dice che il nazionalsocialismo abbia reso tutto ciò che è tedesco insopportabile
al mondo. Ho l’impressione che la strategia di Hamas & sostenitori sia quella di rendere insopportabile al mondo tutto ciò che è🇮🇱 e tutto ciò che è ebraico. 
Hamas vuole mantenere l’antisemitismo come uno stato d’animo globale permanente. Ecco perché vuole anche reinterpretare la Shoah. Vengono messe in discussione anche la persecuzione nazista e la fuga di salvataggio in Palestina. E, in definitiva, il diritto di Israele ad esistere. 
La manipolazione arriva al punto di affermare che il ricordo dell’Olocausto serve solo come l’arma culturale per legittimare il “progetto di insediamento” bianco-occidentale di Israele. Tali inversioni astoriche e ciniche del rapporto carnefice-vittima hanno lo scopo di impedire 
ogni differenziazione tra Shoah e colonialismo.
Con questi presupposti, Israele non è più visto come l’unica democrazia del Medio Oriente, ma come uno Stato colonialista e un eterno aggressore, contro il quale è giustificato l’odio cieco e anche il desiderio della sua distruzione 
Il poeta ebreo Jehuda Amichai dice, che una poesia d’amore in ebraico è sempre una poesia sulla guerra. Spesso è la poesia sulla guerra nel mezzo di una guerra.
La sua poesia “Jerusalem 1973” ricorda la guerra dello Yom Kippur: 
“Gli uomini tristi portano il ricordo dei
loro cari nello zaino, nelle tasche laterali
delle cinture delle munizioni, nelle borse della loro anima,
nei pesanti bolle dei sogni sotto i loro occhi.” 
Quando il poeta Paul Celan visitò Israele nel 1969, Amichai tradusse le sue poesie e le lesse a lui in ebraico. …Si erano incontrati due sopravvissuti alla Shoah, Jehuda Amichai si chiamava Ludwig Pfeuffer quando i suoi genitori fuggirono da Würzburg… 
La visita in Israele scosse Celan. Incontrò compagni di scuola di Czernowitz, Romania [ora Černivci, Ucraina] che, a differenza dei suoi genitori assassinati, erano riusciti a fuggire in Palestina, e scrisse a Amichai una lettera poco prima della morte [annegandosi] nella Senna: 
“Caro Jehuda Amichai, permettimi di ripetere le parole che mi erano venute spontanee alle labbra durante la nostra conversazione: non riesco a immaginare il mondo senza Israele; né voglio immaginarlo senza Israele”. 

Un pensiero su “Riguardo al gaypride

  1. OK, questa fa il paio con quanto successo a uno dei miei soci e amici due settimane fa: in un forum (cui io non sono iscritto) aveva concluso con il saluto “Visto che è sabato: Shabbat Shalom“. L’admin gli ha editato il post levando il saluto perchè sembrava istigazione alla violenza. Solo perchè era un saluto tradizionale ebraico? L’amico non è ebreo.

    No, questa devo dirla: mercoledì eravamo tutti e tre della nostra aziendina a Trieste per dei lavori ad alcuni condomìni per conto di un’amministrazione stabili. Se conoscete Trieste o se cercate su google maps, per raggiungere la statale e tornare a Monfalcone avevamo due strade, la “costiera”, intasatissima in questo periodo, e la 202 (detta anche “la camionale”), per raggiungere quest’ultima siamo passati davanti all’Università proprio mentre c’era una manifestazione propal. Il mio socio che guidava il furgone non ha resistito, quando ha visto un tizio con la bandiera palestinese a mo’ di mantello di Superman, ha tirato giù un sonoro “Pagliaccio!”. C’erano più auto, non penso abbia capito da quale arrivava… la verità!

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